13 Dicembre 2023

Conoscere il passato, comprendere il presente, salvare il futuro. “1914” di Luciano Canfora

di Daniele Di Martino

«Chi non conosce la Storia è condannato a ripeterla», diceva il politico e filosofo britannico Edmund Burke, già nella seconda metà del ‘700. Ed è sempre curioso per me, oggi che sono un grande appassionato di Storia contemporanea, pensare a quanto ne fossi ignorante ai tempi della scuola. Una scuola che, sia per l’indirizzo tecnico da me scelto, sia per l’organizzazione dei programmi ministeriali, spesso relegava lo studio della Storia a un mero apprendimento nozionistico di fatti e date, dedicandole solo poche ore settimanali che, non di rado, venivano fagocitate da quelle di lettere gestite dallo stesso professore. Le conseguenze erano uno studio svogliato, poco incoraggiato e meno che mai curioso degli eventi storici che ci avevano preceduto, soprattutto di quelli degli ultimi due secoli. Ancora oggi sono fermamente convinto che la “Storia contemporanea” dovrebbe essere una materia a sé stante, meritevole di approfondimenti minuziosi che possano suscitare l’interesse dello studente.

Edmund Burke

Recentemente, durante un mio viaggio a Vienna, ho avuto il piacere di visitare lo straordinario Museo di Storia Militare. Un viaggio terribile e allo stesso tempo affascinante attraverso secoli di storia, dalla fondazione della città alla Seconda guerra mondiale. Ogni sala mi ha lasciato a bocca aperta per il carico emotivo che i cimeli, i dipinti e i pannelli riassuntivi sono riusciti a trasmettermi. Ma è stato solo quando sono entrato nella sala dedicata alla Prima guerra mondiale che il respiro è rallentato, fino a fermarsi quasi del tutto quando mi sono trovato al cospetto dell’auto sulla quale l’arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia trovarono la morte per mano dello studente serbo bosniaco Gavrilo Princip, il 28 giugno 1914, lungo le strade di Sarajevo.
Ricordo di essermi rivolto a uno degli addetti del museo e aver chiesto sottovoce, quasi incredulo, se fosse davvero “quella macchina” e non una riproduzione. Ma era una domanda quasi inutile, il peso di quegli avvenimenti era palpabile e denso in ognuno dei fori praticati dai proiettili e nell’aura che circondava la vettura.
Sono rimasto diversi minuti fermo a contemplarla, quasi scioccato nel trovarmi davanti a uno dei luoghi dove la Storia aveva preso una piega sostanziale e inaspettata, e chiedendomi come sarebbe cambiato il mondo se quel giorno Gavrilo Princip non fosse riuscito a portare a termine il proprio intento.
Ho domandato a me stesso: «Possibile che un solo momento possa essere stato così fatale?». Lì, davanti a quell’auto, l’ho davvero pensato. E chissà, magari se l’erede al trono dell’Impero austro-ungarico quel giorno non fosse stato ucciso, tanti delicati equilibri che erano tesi già da tempo non sarebbero precipitati.

Attentato di Sarajevo, illustrazione di Achille Beltrami sulla Domenica del Corriere

Ma un solo evento raramente cambia la Storia da solo, perché esso è figlio e frutto di tutto ciò che l’ha preceduto. Può essere, tutt’al più, uno dei casus belli presi a pretesto per dar fuoco a un arsenale già accuratamente preparato per anni, e che attendeva solo il momento giusto.
Per comprendere come quel dato momento possa essere stata la miccia, bisogna fare diversi passi a ritroso e addentrarsi nelle realtà dei protagonisti che, di lì a breve, avrebbero messo in moto la macchina bellica che ha portato a ben due catastrofici conflitti mondiali.

Francesco Ferdinando D’Austria D’Este

Ed è proprio l’intento che si pone questo breve, ma densissimo, saggio di storia contemporanea intitolato 1914, anno considerato simbolicamente fatale, e in cui gli eventi precipitarono trascinando l’Europa intera nella Grande Guerra.
Autore ne è Luciano Canfora, filologo classico, grecista, oltre che esperto storico e politologo tanto dell’età classica che di quella contemporanea. Nato a Bari nel 1942, si può considerare un figlio d’arte, potendo vantare come genitori lo storico della filosofia Federico Canfora e la latinista e grecista Rosa Cifarelli, entrambi docenti al ginnasio e antifascisti protagonisti della vita culturale e civile nella loro città nel secondo dopoguerra. 

Il libro nasce come trasposizione cartacea di alcune puntate del programma radiofonico di Radio2 Alle 8 della sera durante il quale, diversi anni fa, Canfora tentava di spiegare in poche parole, accessibili ai più, alcuni episodi chiave della Storia contemporanea. Questa iniziativa ha poi dato vita non solo al libro di cui vi parlo oggi, ma a un’intera collana.

L’autore tenta di scardinare le radicate convinzioni circa i motivi dello scoppio del conflitto, spesso identificate quasi unicamente nell’attentato di Sarajevo e in una vocazione espansionistica dell’Impero tedesco.
Si tratta di un lavoro che, per certi versi, mi ha ricordato quello investigativo con il quale l’FBI tenta di ricostruire i fatti che hanno preceduto un crimine. Sembra quasi di vedere il classico pannello con le foto dei protagonisti e degli eventi cruciali, fissati con delle puntine da disegno dalle quali si dipanano i fili rossi che collegano, vicende sia recenti che remote, salvo poi vedere, dalla debita distanza, un quadro completo e molto più variegato di quanto si sia comunemente portati a credere.
Canfora ci offre un’analisi concisa ma esaustiva delle realtà sociali, economiche, politiche e storiche delle potenze dell’epoca, con un focus particolare sugli imperi germanico e asburgico e sulle loro intenzioni iniziali circa la possibilità dello scoppio di una guerra. 

Scopriamo così che il famoso ultimatum che l’ambasciatore austro-ungarico consegnò al governo serbo fu formulato con l’intenzione di essere irricevibile e di dare il pretesto per dichiarare guerra alla Serbia. L’accettazione di quasi tutti i punti, infatti, venne ignorata, come pure furono ignorate le considerazioni che il Kaiser Guglielmo II trasse nel leggere la risposta di Belgrado. Egli infatti riteneva che, accolte dai serbi gran parte delle richieste asburgiche, i motivi per l’inizio delle ostilità venissero meno.

Guglielmo II di Germania

Vengono inoltre sviscerati i rapporti perennemente tesi tra i tedeschi e i francesi, che sfociarono in contese anche extra europee nelle colonie africane e asiatiche. Pretese di spartizione che furono anch’esse tra i motivi scatenanti del primo conflitto mondiale. A questi si aggiunse anche la mancata unione e solidarietà delle realtà politiche socialiste dell’epoca, soprattutto quella tedesca, unica ad avere una rappresentanza abbastanza forte da far sentire la propria voce, la quale, anziché opporsi a una guerra che avrebbe posto operai contro altri operai, si lasciò ubriacare da quel militarismo e dall’illusione di una guerra lampo che in breve avrebbe portato l’Impero tedesco a espandersi territorialmente ed economicamente.
Non manca, infine, un’analisi di quelle alleanze che rapidamente, quasi come tessere di un enorme domino, portarono tutti i protagonisti in guerra. Alcune siglate decenni prima, altre più recenti e frettolose dettate da contingenze impreviste, alcune dichiarate e altre mai ufficializzate. Non ultimo, si parla anche di alleanze disattese e ribaltate, come nel caso dell’Italia, che ignorò la Triplice Alleanza dichiarandosi neutrale, salvo poi l’anno seguente allinearsi con gli Stati dell’Intesa.

Proprio all’Italia viene dedicato un approfondimento particolare tra le concause del conflitto: l’invasione della Libia nel 1912, con la quale di fatto si appropriava di regioni formalmente parte del morente Impero ottomano. Fu proprio questo evento a dare impulso e coraggio alle popolazioni delle regioni di etnia slava (alle quali si unirono i popoli di Grecia, Romania e Bulgaria), spingendole a cercare l’indipendenza da Instanbul, con rivendicazioni nazionaliste che sfociarono nelle due Guerre balcaniche. Primi conflitti, sebbene ancora circoscritti, di una crisi che ben presto sarebbe diventata continentale e poi mondiale.

fonte: novecento.org

Fondamentalmente, il pensiero che esprime Canfora è volto a confutare quella sorta di inevitabilità del conflitto che oggi si dà per fatto storico assodato. Elemento che è stato utilizzato per anni come assoluzione dei protagonisti dell’epoca, quasi a sostenere che non fu per loro possibile evitare che gli eventi precipitassero. Canfora evidenzia invece come, ogni qualvolta ci fu l’occasione per impedire che quella palla di neve divenisse una valanga, fu mancata. Da tutti.
Inoltre, l’autore fa notare (riprendendo le considerazioni dello storico tedesco Ernst Nolte) che in un’ottica storica più ampia, che solo oggi possiamo apprezzare, il periodo dal 1914 al 1945 può essere considerato a tutti gli effetti come un unico grande e catastrofico conflitto mondiale. E, in un certo senso, anche la Guerra Fredda può rientrare in questo ragionamento. Un intero secolo di guerra, quindi. Tirando le somme, infine, appare evidente come le responsabilità di chi ebbe la possibilità di evitare tutto questo siano ancora più grandi e gravi. 

Per concludere, propongo una riflessione. Guardando ai primi anni del ‘900 troviamo un continente che, dopo le guerre napoleoniche, vive decenni di relativa stabilità politica e pace (almeno apparente); un periodo che favorisce scoperte scientifiche e una vita spensierata (la Belle époque). Tutto farebbe pensare e sperare al secolo appena iniziato come a un periodo illuminato e pacifico. Secolo nuovo che invece inizia con dei “piccoli conflitti regionali”, subito sottovalutati e ai quali viene dato poco peso su scala mondiale, nella speranza che restino confinati a quelle zone e che non tocchino e non minaccino la tranquilla vita quotidiana di chi non vi è invischiato direttamente.
Mi è impossibile non notare una sorta di parallelismo tra questa situazione e quella che stiamo vivendo proprio in questi giorni. Rimane la speranza che questa volta si riesca a far prevalere la voglia di pace anziché gli interessi nazionali e personali dei diversi conflitti regionali che hanno già caratterizzato l’inizio del XXI secolo.

A chi consiglio questo libro? A tutti, soprattutto a coloro che hanno sempre ritenuto noioso e inutile studiare fatti avvenuti molto tempo prima di noi. Affinché, stavolta, si riesca a conoscerla, la Storia, a farne tesoro e a impedire che ripeta tragicamente sé stessa.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Daniele Di Martino

In antitesi con la natura tecnica dei suoi studi e del lavoro svolto, si appassiona alla lettura di romanzi thriller, spionaggio e azione. Nel tempo amplia le proprie letture a molti altri generi, sviluppando in particolare una forte passione per saggi e romanzi di storia contemporanea, distopici e ucronici.

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