16 Marzo 2021

Nella poesia «Un uomo fioriva». “Le Ceneri di Gramsci” di Pier Paolo Pasolini

di Giada Di Pino

«Su tutto puoi scavare, tempo: speranze//passioni. Ma non su queste forme/pure della vita… […]», non sulla Poesia. 

Non sulla poesia di Foscolo, non sulla poesia di Leopardi, o di Pascoli. E neanche sulla poesia di Pasolini

Perché non è poesia solo ciò che viene scritto in versi, solo ciò che formalmente, visivamente, somiglia alla poesia: la poesia, la vera Poesia, trabocca di vita.

La senti palpitare, la vita, nei versi, nelle parole, nei fonemi perfino. Senti che stai vivendo lì, in quell’istante, in quelle immagini e in quei suoni. 

In questo volume sono raccolti undici poemetti che Pasolini scrisse tra il 1951 e il 1956, perlopiù strutturati in terzine di endecasillabi. È il metro di Dante, il metro della narrazione poetica. 

E Pasolini racconta; racconta l’Italia, racconta di Roma e di sé stesso. 

Passando da un poemetto all’altro il focus si restringe, e l’autore ci costringe ad osservare l’Italia, la nostra Italia, a distanza sempre più ravvicinata: nel suo paesaggio, nella sua storia, nelle sue ideologie, nel suo popolo

Un popolo che non è vincitore, che non ha un futuro radioso davanti a sé, ma che lotta per la sopravvivenza, che soffre, che sta nel fango del lavoro e del sudore. 

Immagini forti, crude, che non hanno niente di bello o poetico. Eppure Pasolini riesce a trarne la poesia. 

Non c’è più l’Arcadia, il panismo dannunziano, non c’è la delicatezza paesaggistica di Pascoli, la melanconia intrisa di meraviglia di Leopardi, il lirismo di Foscolo. 

C’è la realtà, vera e terribile come in un infinito Inferno dantesco. 

La realtà delle cose, la realtà della fatica e del dolore. La realtà della vita

Una realtà frammentata e ostica, come lo è anche la poesia di Pasolini: singhiozzante, difficile, con bruschi salti di immagini. Una realtà composita, piena di contraddizioni, resa con tutto il repertorio terminologico della lingua; e al centro di tutto c’è il poeta

La personalità forte e controversa di Pasolini emerge continuamente: l’io lirico dialoga con ciò che lo circonda, con il popolo, con il paesaggio, con i suoi fantasmi, con i resti di Gramsci e con la sua eredità, con una scavatrice che urla la sofferenza del vivere

Una sofferenza a cui la risposta, per ogni poeta, per ogni anima superiore, è sempre la stessa: «Solo l’amare conta, solo il conoscere/conta, non l’aver amato, /non l’aver conosciuto. […]». 

Bisognerebbe leggere Pasolini. E rileggerlo continuamente. Nella sua personalità ambigua, nella sua vita piena di ombre, c’è una passione smisurata per la vita, che anche nelle tenebre della sofferenza è sempre degna di essere vissuta: «mite, violento rivoluzionario // nel cuore e nella lingua. Un uomo fioriva».

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Giada Di Pino

Ha lavorato presso la Leonida Edizioni, ha frequentato il Master in Editoria della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori e ha svolto uno stage presso Il Saggiatore. Oggi lavora come editor freelance e come insegnante. 

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