3 Ottobre 2022

L’impegno civile della memoria storica: “Il sorriso dell’ignoto marinaio” di Vincenzo Consolo

di Andrea Rapisarda

Marc Bloch ha definito la storia come “la scienza degli uomini nel tempo” e lo storico come “l’orco della fiaba”, capace di fiutare nel corso della sua indagine la carne umana, bussola e linea di forza della ricerca storica. 

La storia, in quanto scienza, deve anche servirsi di un linguaggio proprio, veicolato da un testo espositivo, privo di moralismi, scientifico insomma. 

Ma lo strumento forse più adoperato per ricostruire la storia, proprio perché fatto umano, è il racconto. 

La dimensione narrativa rimane elemento imprescindibile nella veicolazione della ricostruzione storica. Con il grande rischio di raccontare la storia come fosse un romanzo. 

C’è poi chi, come Vincenzo Consolo, ha saputo raccontare la storia con un romanzo.

Il 25 maggio 1976 esce nelle librerie Il sorriso dell’ignoto marinaio, secondo romanzo dell’autore di Sant’Agata di Militello, sin da subito accolto positivamente da pubblico e critica.

È il testo che assicura a Vincenzo Consolo un posto nel gotha della letteratura contemporanea, dove storia e finzione, memoria storica e memoria linguistica s’intrecciano in un abbraccio indissolubile. 

Romanzo storico, risorgimentale, meridionalista. 

Romanzo della memoria, della rivoluzione tradita o mancata, testimone di un chiaro impegno civile. Romanzo in cui viene data voce ai senza nome e senza voce, scopo unico e vero della più alta forma di letteratura civile.

Il romanzo copre un arco temporale fra i più caldi di tutta la Storia. 

È ambientato fra il 1852, il 1856, anno dei moti di Cefalù, e il 1860, l’anno dell’impresa dei Mille, lo stesso in cui scoppia ad Alcara Li Fusi una rivolta simile a quella di Bronte riportata dalla novella Libertà di Verga. 

Consolo si inserisce in quel solco tracciato da Verga e dai meridionalisti, raccontando del mondo contadino e della povertà di quegli anni, accusando il risorgimento politico del fallimento del risorgimento sociale, conseguenza del trasformismo e dell’immobilismo siciliano (come ben traspare nel Quarantotto di Sciascia contenuto nella raccolta Gli zii di Sicilia, oltre che nei più noti Vicerè e Gattopardo, seppur da prospettive differenti) e causa principale della questione meridionale. 

Storici sono i protagonisti di questo romanzo. 

Enrico Pirajno, barone di Mandralisca, realmente vissuto nella prima metà dell’Ottocento, è un aristocratico ed esperto malacologo, appassionato d’arte, politica e molluschi, lumache in particolare. 

Aristocratico anomalo, di fede liberale, il Mandralisca è l’opposto del principe di Salina. Uno di quelli che non ha ritrattato dopo la riconquista borbonica nel ’49, non un calacausi come la maggior parte dei nobili siciliani.

È un uomo immerso nelle vicende che coinvolgono la società del suo tempo e la sua condizione sociale non lo rende avulso da ciò che lo circonda; non si arrocca esclusivamente sugli elitari studi di malacologia. 

E come uomo sensibile vive un profondo senso di smarrimento: messo in crisi dall’aver assistito ai fatti di Alcara Li Fusi, durante i quali si compie il massacro e l’arresto dei contadini insorti nel nome di Garibaldi

Mandralisca si interroga e indaga sulle ragioni della storia, ritrovandosi dalla parte di quegli stessi contadini che hanno massacrato baroni come lui.

Il patriota liberale Giovanni Interdonato, falso mercatante, giovane rivoluzionario finito esule in Francia, che si era battuto, durante la parentesi quarantottina del parlamento siciliano, per l’abolizione della tassa sul macinato, in quanto costituiva «una delicata e altissima questione sociale: la questione del povero e del ricco». 

Seguace delle idee di Hugo e Proudhon, è elemento di raccordo fra i vari comitati rivoluzionari europei. Dopo l’Unità d’Italia, nominato magistrato, si ritrova a scegliere se graziare o meno i contadini della rivolta di Alcara, i senza nome, le vittime di una tragica beffa della storia. 

La memoria storica è anche memoria linguistica e viceversa, in una corrispondenza biunivoca

Non a caso Massimo Onofri, parlando del registro stilistico di Consolo, ha parlato di “metrica della memoria”: la memoria del linguaggio come scelta espressiva e volutamente ideologica assurge automaticamente a linguaggio della memoria. 

Consolo, indiscusso orafo della parola, con il suo stile umido, con i suoi giochi fosforescenti della parola, sceglie di re-inventare la lingua secondo un registro espressivo sperimentale. 

Non si tratta di superare la lingua centrale azzerando la tradizione letteraria e stilistica del nostro paese, ma al contrario di riportare alla luce le radici dei giacimenti linguistici della tradizione siciliana, e di farlo in senso ritmico e poetico. 

Consolo stesso ha definito questa scelta stilistica progressiva, contrapponendola a quella regressiva di Verga. 

Nel pensiero e nell’agire del Mandralisca è possibile rintracciare alcune considerazioni sul processo storico dello stesso Consolo. 

L’autore e il personaggio sono entrambi testimoni disincantati del mondo. «E cos’è stata la Storia sin qui, egregio amico? 

Una scrittura continua di privilegiati», un’iterata successione di eventi volti alla conservazione del potere da parte delle classi dominanti. 

Ed è la più umile di tutte le creature a offrire al Mandralisca la prospettiva degli ultimi: la lumaca, oggetto di studio privilegiato del barone, diviene elemento rappresentativo della storia. 

L’andamento ciclico della conchiglia che la riveste diventa sostanza materiale della spirale della storia che inghiotte e imprigiona inesorabilmente. 

Scardinare le catene di questa spirale distruttrice è possibile a una sola condizione:

«Agire, dunque, Interdonato? Non io, non io! L’unica azione degna che m’accinga a fare è quella di lasciare la mia casa, i miei beni e destinarli a scuola, insegnamento pei figli dei popolani di questa mia città di Cefalú. Sí che, com’io spero, la storia loro, la storia, la scriveran da sé, non io, o voi, Interdonato, o uno scriba assoldato, tutti per forza di nascita, per rango o disposizione pronti a vergar su le carte fregi, svolazzi, aeree spirali, labirinti…»

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Andrea Rapisarda


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