Intervista a cura di Elisabetta Siotto.
Il dodicesimo autore di Equilibri Precari è Mattia Corrente, giovane autore che ha esordito con il romanzo La fuga di Anna, edito da Sellerio.
Mattia Corrente è un giovane scrittore siciliano della provincia di Messina. La fuga di Anna è il suo primo romanzo, con cui ha vinto il Premio letterario Città di Erice 2023 e il Premio Parco Majella Narrativa 2023.
Elisabetta Siotto: Il tuo romanzo è un viaggio vero e proprio per chi conosce i luoghi nominati, una visione precisa della costa nord e orientale della Sicilia: come hai scelto l’itinerario di viaggio dei tuoi personaggi e che significato hanno per te questi luoghi?
Mattia Corrente: Sono i miei luoghi, li abito da che sto al mondo. Ho recintato pezzi di mare come fossero appezzamenti di terre che mi appartengono per eredità. C’è una geografia della mia voce e credo abbia delle coordinate precise: le tappe di Severino. In ogni luogo ho lasciato una versione di me, una identità che ho seppellito e poi riesumato in quest’opera. La realtà è la via d’accesso all’invenzione. Attraverso le storie – credo – indaghiamo parti di noi che prima non conoscevamo. La letteratura ci scopre e poi ci rivela attraverso la prosa. Rivela noi e anche gli altri, nel suo sguardo universale.
E.S.: La fuga di Anna presenta una struttura tripartita in cui si possono individuare tre voci narranti: due sono interne e riconoscibili, quella di Severino, che poi diviene Seve, e quella di Peppe; perché per Anna hai scelto un narratore esterno, per quanto ravvicinato?
M.C.: Nel romanzo Anna vive non vista. Una vita senza mai essere se stessa, una versione inautentica di sé che imprigiona gli altri quanto lei. La scelta di una terza in soggettiva mi è parsa azzeccata. A parlare per lei è una voce narrante sconosciuta, che la guarda e la racconta senza concederle la libertà che cerca. È una voce onesta, ma non è Anna. Lei è incastratata persino dalla voce narrante. Nome omen, giusto? E Anna è palindromo.
E.S.: Anna e Nina sono gemelle e rappresentano il tema del doppio; l’atteggiamento della protagonista verso la sorella, però, sembra incarnare il rifiuto del proprio riflesso allo specchio che ritorna attraverso tutto il romanzo; perché hai scelto di polarizzare e, allo stesso tempo, fondere queste due vite e personalità? Come mai hai scelto di mettere davanti ad Anna un doppio da cui non riesce a distaccarsi del tutto fino alla fine?
M.C.: Il tema del doppio, fortemente pirandelliano, mi ha sempre affascinato. Gli specchi ci restituiscono un’immagine di noi riflessa che ci permette di vederci come siamo là fuori (per gli altri). Ma non abbiamo uno specchio interno. Non siamo capaci di specchiarci in un vetro che ci restituisca l’immagine fedele della nostra identità. Perché noi non ne abbiamo una soltanto. Ne indossiamo tante quante le interazioni forzate e/o volute con gli altri, la società, il mondo insomma. Nina è la copia fatta bene di Anna, uno specchio bugiardo nel quale Anna non vuole riconoscersi, eppure Nina le somiglia. Nina è una versione alternativa di Anna, una Anna che poteva essere, la figlia che Serafina vorrebbe che Anna fosse.
E.S.: Ci sono tanti romanzi che parlano di abbandono e di perdita. Nel tuo caso, il motore narrativo ruota attorno ai motivi di fuga e inseguimento; un meccanismo che abbiamo visto spesso in letteratura, ma che non sempre coinvolge protagonisti della terza età. Perché hai deciso di costruire la trama attorno a due persone anziane e ai loro ricordi? E quanto è stato difficile operare una mimesis nella voce narrante di un uomo di ottant’anni?
M.C.: Lo sguardo retrospettivo della vecchiaia (terribile e implacabile) ci permette di vedere chiaramente il nostro disegno per intero. Per intenderci: è come riuscire a vedere una stanza per intero prima di uscire e non tornare più indietro. In questa chiave cosa accade alla libertà? Voglio dire: come possiamo parlare di libertà se prima di uscire da una stanza abbiamo lasciato qualcosa dentro ma non possiamo più rientrare a prenderla? Succede che in quella stanza lasciamo qualcosa di noi che ci apparterrà sempre, ma non è più nostra. Nel romanzo i rimorsi sono mosche che sbattono contro un vetro. Dall’altra parte del vetro Severino, Peppe, Anna.
E.S.: Nel tuo romanzo vediamo tantissimo del Fu Mattia Pascal e di Uno, Nessuno, Centomila, e vediamo anche molto degli ideali verghiani, ma i tuoi personaggi non possono essere ricondotti unicamente a queste matrici. Infatti, in La fuga di Anna i protagonisti trovano una buona ragione per andare oltre l’immobilismo e ben oltre l’ostrica dell’abitudine e dell’inevitabilità. Quanto è voluto questo superamento e come hai scelto le svolte e i punti di rottura, sia rispetto alla tradizione che nelle vicende di ogni singolo personaggio?
M.C.: È una domanda di sostanza alla quale risponderò in maniera crudelmente breve: voglio un bene dell’anima a Pirandello e Verga. Chi scrive oggi sceglie vecchi amici di penna di ieri, persone fidate alle quali chiede aiuto per una nuova storia. Il superamento dei canoni è avvenuto per mano della storia. «Scrivi una storia che ti comandi e sarà lei a dirti cosa e come raccontarla», mi disse una volta una cara persona.
E.S.: Serafina, la donna che spesso Anna chiama per nome, la donna che è “La madre” per eccellenza e il cui amore può essere zucchero e veleno, incarna una mentalità retrograda e antiquata, profondamente sessista in certi casi. Peppe, al contrario, chiede ad Anna e Nina di fare solo quello che desiderano fare e di essere libere, ché «la libertà non guarda in faccia nessuno». La forza di questo messaggio è piena di emancipazione dai costrutti di genere; Peppe è quello che dice ad Anna di montare in moto e guidare, di trasgredire rispetto ai ruoli imposti dal suo periodo storico: non è comune trovare un padre di questo tipo in letteratura, che ribalta totalmente la concezione del padre-padrone. Come mai hai operato questa scelta?
M.C.: Peppe sarà anche un padre moderno, ma la libertà che insegna alla figlia è un pretesto per prepararla alla sua scomparsa. In un certo senso Peppe Mazzone è un padre padrone. Pensateci: camuffa la sua colpa sotto la necessità di libertà e con la sua fuga codarda condanna una famiglia intera per tutta la vita. «La libertà non guarda in faccia nessuno» è un insegnamento terribile, una forma di anarchia che ferisce gli altri con la giustificazione di un’indipendenza che uccide l’empatia. Anna cresce ribelle, certo, ma la libertà delle persone che ha vicino? Qual è il peso della regola di Anna e Peppe nella vite degli altri? Su Serafina: è figlia del suo tempo, semplicemente. Un contesto in cui una donna senza un uomo a fianco non aveva futuro. È una madre che non sa come altro esercitare il bene perché l’unico bene per le sue figlie è quello: un destino di moglie e madre.
E.S.: Ancora Serafina: hai dedicato questo romanzo alle madri e hai regalato a questo personaggio una personalità piena, ferrea e ferma, alleggerendone le spigolosità solo alla fine, tanto da lasciare nei lettori un conflitto interiore su questa donna, perché è dura e irragionevole, ma è impossibile non amarla. È costruita su tante madri, su tante nonne, o avevi in mente in particolare una madre e una nonna, siano esse letterarie o reali?
M.C.: Serafina è tante madri, di ieri ma anche di oggi. La questione dei ruoli come pretesa sociale (Serafina incarna dei costrutti che purtroppo ancora sono imperanti) è assolutamente moderna. Serafina è un comandamento di cui ancora non siamo capaci di liberarci: una donna nasce per essere madre di un figlio e moglie di un marito. Di questo destino ineluttabile siamo stufi. Non più ruoli ma esperienze libere. Un figlio lo è. Un matrimonio lo è.
E.S.: Nell’arco narrativo i personaggi mutano, si moltiplicano, tanto da rincorrere i propri sé del passato, del futuro e di un non meglio identificato presente parcellizzato; non sono mai uguali a loro stessi e il movimento stilistico è in questo magistrale. Ci racconteresti la tua concezione del mutamento e come hai scelto le caratteristiche dei personaggi?
M.C.: Più che i personaggi, io credo esistano le relazioni tra di loro. È dalle relazioni che i personaggi si costruiscono. Quando metto al mondo un personaggio, lo immagino come una galassia a cui aggiungo man mano delle costellazioni. Più la storia emerge più loro prendono vita. Poi c’è la parte della riscrittura: più stesure più ricostruzioni dei conflitti interiori e delle dinamiche interne che riguardano l’invenzione di una personalità verosimile e funzionale alla storia. E poi c’è la questione della voce. Ogni personaggio deve averne una tutta sua. Una voce sua e perciò una prosa sua.
E.S.: Quali sono i tuoi referenti letterari?
M.C.: Li avete già indovinati sopra. Dopo Pirandello e Verga, aggiungo: Carver, Hemingway, Pavese, Calvino e Buzzati. (Ne ho citati solo alcuni).
E.S.: Come porti avanti il processo di scrittura? Ti lasci trasportare da un flusso creativo impulsivo o usi degli schemi e riempi la casa di post-it?
M.C.: Per me la scrittura è un mestiere premeditato. Troppo romantica l’idea di una ispirazione travolgente che s’impadronisce di me e via verso il capolavoro. Un romanzo è un corpo organico e perciò va costruito come argilla da modellare, disfare e rimodellare. Scrivere è un lavoro artigiano di precisione, responsabilità e ripensamento.
E.S.: Che consiglio daresti a qualcuno che aspira a diventare scrittore?
M.C.: Prima mira all’eccellenza poi pensa alla pubblicazione. Se servi la scrittura funziona. Se te ne servi per pomparti l’ego lascia perdere. O si scrive per scrivere o si scrive per dimostrare di saperlo fare. La seconda è una aspirazione da dilettanti.
E.S.: Com’è stata la tua collaborazione con una casa editrice storica come Sellerio e come sei arrivato a pubblicare con loro?
M.C.: Sellerio è una casa editrice vecchio tipo, una famiglia allargata che ai libri vuol bene come figli. Il blu è il colore che avrei sempre voluto indossare. Come si arriva? Prima sudore, ostinazione e fallimento. Poi, se va bene, con un bravo agente e con un libro giusto.
E.S.: Hai altri romanzi in lavorazione o qualche progetto particolare per il futuro?
M.C.: Due progetti. Uno lo vedrete presto in libreria. L’altro: armatevi di pazienza.
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titolo: La fuga di Anna
autore: Mattia Corrente
editore: Sellerio
anno: 2022
prezzo: € 16,00
Nata il 25 dicembre 1995, è cresciuta a Nuoro, nel cuore della Barbagia. Dopo aver frequentato il liceo classico Giorgio Asproni e dopo aver maturato una piccola esperienza giornalistica con la testata online Globalist, è partita per il Sud alla scoperta della Sicilia.
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