8 Giugno 2023

Da Fulciniti all’integrazione. Intervista a Vitaliano Fulciniti

di Umberto Vitali

Intervista a cura di Umberto Vitali.

Equilibri Precari ospita il suo quinto autore, Vitaliano Fulciniti, ex direttore del Regional Hub Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto.

Ex direttore del Regional Hub Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, Fulciniti è autore di diverse pubblicazioni edite da Rubbettino, tra cui Dall’accoglienza all’integrazione (2019) e Frammenti di vita (2020). Le sue ultime opere, sempre per i tipi di Rubbettino, sono Ovunque e qualcuno. Storie di condivisione e di accoglienza (2022) e Un fantastico viaggio attraverso frammenti e bozzetti (2023), in collaborazione con Monica Arabia.

Umberto Vitali: Dott. Fulciniti, in Dall’accoglienza all’integrazione Lei sembra teorizzare un nuovo approccio alla gestione dei centri CARA, che vede qualità tradizionalmente non “manageriali” quali la disponibilità, la gentilezza e l’attenzione verso il prossimo come centrali per l’amministrazione di tali strutture. Possiamo quindi dire che, anche in un ambito “burocratico”, le qualità umane non sono meno importanti delle competenze tecniche?

Vitaliano Fulciniti: La gestione di un centro di prima accoglienza per migranti non è assolutamente paragonabile alla gestione di una qualunque azienda. Nella gestione di una normale azienda spesso è sufficiente essere un ottimo manager perché l’azienda progredisca e si affermi nello specifico settore di attività. Per dirigere un centro di prima accoglienza ritengo sia assolutamente necessario possedere non solo le caratteristiche tipiche del manager ma, anche, grandissime doti umane oltre alla capacità di porsi all’ascolto dell’altro senza preconcetti.Il successo ottenuto in quattordici mesi di direzione del CARA, del quale ne sono ampia testimonianza le numerose attività svolte, costantemente pubblicizzate dalla stampa, è stato originato proprio dall’aver reso estremamente umana una gestione che non può essere esclusivamente burocratica. Proprio per questo quanto fatto in quattordici mesi al CARA, potrebbe, anzi, dovrebbe essere replicato in qualunque luogo ove c’è sofferenza.


titolo: Dall’accoglienza all’integrazione
autore: Vitaliano Fulciniti
editore: Rubbettino
anno: 2019
prezzo: € 15,00


U.V.: Una delle scene del libro già citato che restano più impresse è quella relativa al Suo primo giorno da direttore del CARA, quando descrive il fuggi-fuggi generale dei dipendenti e degli ospiti del centro al Suo arrivo. Quanto è rappresentativo questo episodio delle attuali tendenze di gestione dei centri di accoglienza? 

V.F.: Quel primo giorno resterà per sempre scolpito non solo nella mia mente ma anche in quella di tutti quei soggetti che dopo una prima fase di smarrimento e paura per quello che sarebbe potuto loro accadere con il mio arrivo hanno condiviso la mia “folle visione”, aiutandomi a realizzare quello che è stato per quattordici mesi il Regional Hub Sant’Anna, o CARA, come più comunemente viene denominato, ovvero una “grande famiglia”. Ovviamente, per ottenere tutto questo io ho dovuto fare il primo passo verso collaboratori e ospiti del Centro, se mi fossi arroccato nella mia posizione di direttore tutto questo non sarebbe potuto accadere. Da buon comandante ho condiviso la quotidianità con tutti loro, donando e ricevendo amore.

U.V.: La descrizione del CARA prima del Suo arrivo rende evidente i risultati prodotti da una cultura manageriale che non dà attenzione alle qualità umane necessarie per svolgere una professione delicata come quella di direttore di un centro di prima accoglienza. Come si potrebbe, a Suo avviso, ovviare a questo tutto questo? Si tratta di un problema formativo?

V.F.: Sono fermamente convinto che sia assolutamente necessario aver maturato determinate esperienze lavorative in diversificati ambiti per poter poi dirigere un Centro di accoglienza per migranti. Le attuali normative indicano quali soggetti idonei alla direzione di queste strutture figure professionali in possesso di determinati titoli, ma il possesso di titoli accademici non sempre, purtroppo, garantisce anche il possesso di grandi doti umane. Durante la mia direzione ho avuto l’onore di avere al mio fianco collaboratori che sono sempre andati ben oltre quanto previsto dal loro ruolo, che hanno sacrificato tanti momenti da dedicare al meritato riposo pur di risolvere un problema di uno degli ospiti presenti all’interno del Centro. 

U.V.: Lei riserva parole di grande stima e affetto per i lavoratori del CARA, di cui fa una galleria di ritratti in Frammenti di vita. Sappiamo però che si tratta di lavoratori spesso precari, o che comunque operano in condizioni assai difficili. Quali misure proporrebbe per far sì che la loro professionalità venga riconosciuta anche a livello materiale?

V.F.: I collaboratori che ho avuto l’onore di dirigere al CARA, tutti veri e propri professionisti nel complesso mondo dell’immigrazione, erano dei precari, tant’è che il nuovo ente gestore, subentrato l’1 marzo 2019, non ha ritenuto utile mantenerli nella loro posizione lavorativa e li ha sostituiti con altri soggetti. Premesso che non mi permetterei mai di valutare del personale che non ha lavorato con me, devo comunque evidenziare quanto questa metodologia, sicuramente valida per chi l’ha applicata, appare poco valida anche per il manager che assume la direzione di una piccolissima azienda di provincia, figuriamoci per una struttura di prima accoglienza. Sostituire figure professionali che da anni operano brillantemente con altre che avranno necessariamente bisogno di tempo per acquisire determinate metodologie è un vero e proprio suicidio. L’applicazione di questo scellerato turnover non può che causare una immancabile interruzione nella virtuosa catena delle attività con conseguenti disservizi per gli ospiti del Centro. Una valida soluzione potrebbe essere l’impiego stabile di queste figure professionali, con la previsione di costante aggiornamento.


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L’intervista arricchita con ulteriori domande all’autore.


U.V.: Veniamo agli ospiti del Centro. Se dovesse scegliere un episodio che mostri quanto sia importante la loro partecipazione alle attività del Centro, quale sceglierebbe?

V.F.: Non è facile scegliere un solo episodio perché in quattordici mesi numerosi sono stati i progetti ai quali gli ospiti hanno volontariamente partecipato apportando quotidianamente il proprio contributo alla crescita della grande famiglia all’interno della quale ciascuno aveva un ruolo ben definito. Se però devo proprio indicarne uno, sicuramente è il progetto Cara Pigotta, che io ho definito come una “perla di raro valore”. All’interno di due laboratori appositamente attivati, un numero giornalmente crescente di ospiti in sinergia con i miei collaboratori ha realizzato le famose bamboline di pezza per l’UNICEF di Crotone. È stato emozionante vedere con quanto amore tanti ospiti del Centro, che erano riusciti a giungere sani e salvi sulle nostre coste, hanno lavorato per realizzare le Pigotte, ben consapevoli che il ricavato della loro vendita sarebbe servito per l’acquisto di kit salvavita da inviare in molti dei loro paesi di origine.

U.V.: Lei descrive molte iniziative dedicate a favorire l’integrazione degli ospiti del Centro, molte delle quali realizzate in collaborazione con realtà del territorio: pensa che questo sia diventato più ricettivo nel corso del tempo?

V.F.: Durante il periodo della mia direzione è stata creata una grandissima sinergia con il territorio, grazie alla quale abbiamo ricevuto un grande e reale sostegno che ci ha permesso di alimentare i tanti progetti attivati. Fra i tanti penso alle piante che hanno permesso la creazione dell’area verde giornalmente curata da una squadra di ospiti, le macchine da cucire necessarie per i lavori di sartoria realizzati nei nostri laboratori, gli scacchi per permettere ai nostri ragazzi di potersi allenare e partecipare al Torneo Internazionale di Cutro, senza poi dimenticare il meraviglioso circuito della solidarietà grazie al quale abbiamo potuto consegnare agli ospiti che ne avevano bisogno occhiali da vista e apparecchi acustici. Con la conclusione del mio periodo di direzione, tutti i laboratori sono stati chiusi (motivo per il quale ho deciso di scrivere il libro Dall’accoglienza all’integrazione) e, con essi, anche i rapporti con il territorio.

U.V.: Partendo dalla Sua esperienza, quali metodi suggerirebbe per facilitare il processo di integrazione dei migranti nel periodo successivo a quello passato al CARA?

V.F.: Chi arriva sulle nostre spiagge deve essere amorevolmente accolto e costantemente assistito, affinché capisca immediatamente e senza alcun dubbio in quale paese è arrivato e quali sono le regole vigenti. Al termine della permanenza nel centro di prima accoglienza verrà inserito in una struttura cosiddetta di seconda accoglienza, i cui responsabili saranno chiamati a un lavoro estremamente delicato e importante, ovvero l’inserimento nel circuito lavorativo. Sicuramente non è un’attività semplice, però ci sono esempi di molti che sono riusciti a integrarsi alla perfezione. È di pochi giorni fa la meravigliosa notizia di tre giovani stranieri, giunti quattro anni fa a bordo di un barcone, che in provincia di Cosenza hanno avviato un’azienda per la produzione di pasta fresca.

U.V.: A Suo giudizio, esiste uno sforzo, da parte delle istituzioni, per gestire il processo di integrazione o questo è un fenomeno che ricade ancora in massima parte sui singoli e sulla loro buona volontà?

V.F.: Sin da bambino ho sempre sentito parlare del fenomeno della globalizzazione. Crescendo ho potuto verificare quanto questo fenomeno sia applicato solo in parte e ai settori che di volta in volta ci convengono. L’evoluzione di determinati fenomeni, spesso non positiva, quali desertificazione, guerre, fame, malattie, obbligherà un numero sempre maggiore di esseri umani ad abbandonare quel poco di certezza che hanno verso l’incertezza assoluta, ma con la speranza di una vita migliore per se stessi e i propri figli. Al cospetto di tutto ciò, l’unica cosa che si può e si deve auspicare è una rapida e concreta crescita culturale che ci faccia comprendere quanto questo fenomeno, in quanto inarrestabile, debba essere solamente ben governato.

foto Caritas Italiana

U.V.: La società calabrese che Lei descrive è generosa, attenta e disponibile nei confronti degli “ultimi”, di queste persone sofferenti che chiedono loro aiuto. Lei crede che l’incontro e il contatto con i migranti possano servire a eliminare i pregiudizi e a costituire una società più aperta e inclusiva?

V.F.: Spesso e volentieri si è portati ad avere paura dello straniero solamente perché non lo si conosce. Durante il mio periodo di direzione del CARA ho dato massimo risalto alle attività che venivano svolte all’interno in quanto, trattandosi di una struttura non aperta al pubblico per ovvi motivi di sicurezza, chi viveva all’esterno non poteva sapere cosa realmente avveniva all’interno. Grazie al costante supporto della carta stampata, che ha pubblicato gli articoli che descrivevano le attività svolte corredate da immagini, ho avuto la possibilità di mostrare all’esterno la quotidiana vita del Centro. Questa metodologia ha favorito la demolizione di molti pregiudizi. Ci sono stati anche altri momenti e luoghi dove è stato favorito l’incontro tra le due realtà quali, ad esempio, l’iscrizione dei bambini presenti al centro alle Scuole Paritarie Parrocchiali di Isola Capo Rizzuto.

U.V.: I Suoi due libri tracciano un panorama piuttosto dettagliato della gestione dell’immigrazione nel nostro Paese, ma siamo sicuri che dalla Sua esperienza si potrebbero trarre numerosi altri spunti: Dall’accoglienza all’integrazione e Frammenti di vita fanno parte di un progetto più ampio? Come continuerà a raccontare il fenomeno dell’accoglienza?

V.F.: L’immigrazione è un mondo vasto e complesso che per essere compreso deve essere vissuto intensamente. L’esperienza che ho maturato in soli quattordici mesi non è assolutamente esaustiva ma mi ha fornito gli strumenti idonei per continuare a studiare il fenomeno e analizzarlo nelle miriadi di sfaccettature che presenta. Approcciarmi a questo mondo ha per me significato iniziare un meraviglioso viaggio che ho denominato Frammenti di Umanità. So bene che tale viaggio sarà lungo e complesso ma, come tutte le cose fatte con amore, mi offrirà l’opportunità di continuare a raccontare il mio cammino, che, sebbene si dovrà inerpicare lungo sentieri scoscesi, sarà sempre teso alla scoperta di un mondo nel quale a prescindere del colore della pelle, del luogo di nascita, della religione professata, vivono meravigliosi esseri appartenenti all’unica razza esistente, la razza umana.

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titolo: Dall’accoglienza all’integrazione
autore: Vitaliano Fulciniti
editore: Rubbettino
anno: 2019
prezzo: € 15,00


Umberto Vitali

Nativo di Bergamo, si diploma nel 2016 presso il liceo classico Paolo Sarpi. All’università decide di continuare gli studi antichistici, e così si laurea in lettere nel 2019 alla Statale di Milano […]

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