20 Settembre 2023

Disseppellire, analizzare, sviscerare. “Scavare” di Giovanni Bitetto

di Giada Di Pino

Scavare. Andare in profondità. Penetrare. Scendere. Calarsi verso il basso, per tirare fuori qualcosa. Per estrarre, disseppellire, portare alla luce. Con fatica, con sudore, spaccandosi le braccia, la schiena. Guadagnare un centimetro di terra dopo l’altro. Sempre più in basso. Sempre più in fondo. Scavare.  

Scavare la terra, Scavare nella propria anima. Frugare in se stessi, nel proprio passato, nelle proprie memorie, nelle proprie emozioni. Per trovare cosa? Un tesoro, si potrebbe pensare. Un sentimento. Un ricordo. Oppure, il marcio, il dolore. Ma anche l’amore.

Scavare è sviscerare. Portare alla luce per capire. Per analizzare. Per comprendersi.

particolare di copertina; fonte: il Riformista

Scavare, nel caso del primo romanzo di Giovanni Bitetto, edizioni Italo Svevo, è tutto questo insieme: disseppellire, sviscerare e portare alla luce una storia. Un’amicizia

«Sai, amico, quando ho saputo della tua dipartita non sono rimasto sorpreso.»

Un uomo, uno scrittore, protagonista e voce narrante, si ritrova nella camera ardente di un noto (ma a noi sconosciuto) filosofo e a lui si rivolge, in una seconda persona che attinge a piene mani al genio di Calvino. Parla alla sua salma, riannodando i fili della loro amicizia e ripercorrendone la storia nell’arco di una notte. E seguendo il suo resoconto, anche noi scopriamo la loro storia, dal primo incontro di due ragazzini nel bagno della scuola media, alleati per caso contro un gruppetto di bulli, ai banchi delle superiori, dalla comune passione per la letteratura e la filosofia, fino alle aule universitarie, per poi diramarsi in due diverse vie che corrono parallele, una sempre più luminosa dal punto di vista del successo, ma segnata dalla malattia e dalla sofferenza, l’altra che procede nel buio, segnata da un male forse più grande e più incurabile: l’infelicità.

particolare di copertina; fonte: L’eco del nulla

«Non ti stupire, non corrugare la fronte: in quanto codardo sono sempre stato un bravo attore. Sapevo mistificare le intenzioni, sfoggiare un sorriso a mezz’asta, l’espressione indolente della mia generazione. Ingrossavo le schiere delle vittime? Oppure ero un carnefice?»

Dire che si tratti di un’amicizia che si trasforma in rivalità, per quanto è vero dal punto di vista della trama, dei fatti narrati, è anche riduttivo per la profondità della narrazione. Il protagonista, lo scrittore che è rimasto nell’ombra tanti anni, che si è sentito un fallito, schiacciato dall’imponenza intellettuale e internazionale dell’amico, di cui conosceva l’animo e i segreti più intimi, mette su carta una confessione. Un flusso di coscienza controllato, il suo, in cui esprime, mostra, porta alla luce, appunto, tutti i suoi sentimenti, soprattutto i più beceri, i più malati e oscuri. Prima fra tutti, la sua invidia

Incapace di svincolarsi da un Meridione odiato e amato, da una famiglia odiata e amata, da un lavoro e da una carriera universitaria amati e odiati, il protagonista proietta sull’amico, inizialmente oggetto d’amore, il suo contrasto di sentimenti, instaurando anche con lui un rapporto di odio e amore. E, sovrastato infine dal sentimento più orrido, è incapace di vedere l’umanità di un uomo a cui la vita ha dato, ma ha anche tolto tanto; incapace di riconoscere la realtà per quella che è, lo scrittore di cui non conosciamo il nome si è posto un ideale forse inesistente, un metro di calcolo con cui ha misurato tutta la sua vita, un obiettivo da raggiungere e da disprezzare insieme, che ha avvelenato la sua intera esistenza. 

Premio POP 2020; fonte: Metropolitan Magazine

Non ne conosciamo il nome perché forse, nei fatti, potrebbe essere ciascuno di noi. Perché ciascuno di noi sente, almeno una volta nella vita, l’amaro sapore dell’invidia, senza capire che l’altro da noi corre semplicemente un’altra gara; che per ciascuno di noi la vita è dolore e gioia insieme, che da un lato dà e dall’altro toglie. E così il narratore, che vede tutto attraverso l’immagine distorta che si è costruito del suo rivale, si scava da solo la fossa della sua infelicità, della sua rabbia, del suo rancore, scavato egli stesso dall’ambizione, dal desiderio morboso di eguagliare e superare l’altro, e al tempo stesso dal rimpianto:

«I nostri biografi si confronteranno, uniranno le forze per sbrogliare la matassa, venire a capo della nostra relazione».

Tutte le relazioni, in fondo, non sono altro che una matassa di sentimenti, di odio e amore. Alla base di ogni amicizia, forse, c’è una punta di rivalità. D’altronde, ce lo ricorda anche Dumas: Edmond Dantès non viene forse tradito dal suo migliore amico?

Il conte di Montecristo, una scena del film

L’amicizia di cui ci parla Bitetto ricorda molto quella tra un inetto che conosciamo bene, la cui ombra sembra proiettarsi su moltissimi personaggi letterari contemporanei, e il suo contraltare: Zeno Cosini e il suo amico non desiderato, cognato imposto, acerrimo nemico, proiezione dei suoi fallimenti, Guido. Una mente brillante (o che sembra tale agli occhi del suo rivale) e un inetto sveviano, un fallito non tanto nella carriera, quanto nella vita, nei sentimenti e nelle relazioni. Con le dovute differenze, sentire la confessione del protagonista di Scavare, seguire i suoi pensieri nello svolgersi della narrazione, a tratti sembra come sentir parlare Zeno dell’odiato Guido. Una differenza surclassa le altre: l’interlocutore del protagonista di Bitetto non ha voce, è morto. Perché solo nella morte sembra si possa giungere alla verità. Solo di fronte all’ultima ancella si può scavare per tirare fuori il marcio nascosto. «In quanto codardo sono sempre stato un bravo attore»: in vita è sempre più facile fingere

La verità che giunge con la morte è anche la tematica principale dell’ultimo libro dell’autore, Sacro niente, e ne parleremo più diffusamente nella recensione dedicata a questo romanzo. 

In Scavare invece, ci troviamo di fronte a una storia di amicizia cruda, realistica, e intima, comune nella nostra quotidianità e insolita come oggetto di indagine letteraria così approfondita. Con una prosa pulita, limpida e chiara, in contrasto con i sentimenti aspri di cui narra, Giovanni Bitetto ci ha regalato un romanzo che racconta di un uomo qualsiasi, una persona qualsiasi, specchio dell’uomo comune, su cui possiamo rifletterci per scavare dentro di noi

© Riproduzione riservata.

Giada Di Pino

Ha lavorato presso la Leonida Edizioni, ha frequentato il Master in Editoria della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori e ha svolto uno stage presso Il Saggiatore. Oggi lavora come editor freelance e come insegnante. 

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