13 Gennaio 2024

Danzare sospesi tra ideale e realtà. “La danza immobile” di Manuel Scorza

di Michelangelo Caponetto

«Mi sorrise di nuovo con quello sguardo intrecciato di azzurro e di audacia, di sicurezza e di inquietudine, di festa e di pericolo con cui, in certi momenti, una donna invita un uomo a trasformare entrambi in un solo cammino. Ne fui turbato. Il mio sogno era reale. Era reale il mio sogno? L’uomo è una metafora provvisoriamente vestita di carne o una carne che si nutre di metafore? Ma Marie Claire non era una metafora: era un’ammirevole creatura viva.»

Sono queste le parole che tratteggiano nei capitoli conclusivi l’ambiguità della figura di Marie Claire e riassumono così la continua sospensione tra realtà e immaginazione letteraria, tipica del “realismo magico” della letteratura sudamericana, che percorre l’intero romanzo, fin già dall’ossimoro presente nel titolo: La danza immobile, l’ultima opera dello scrittore peruviano Manuel Scorza (1928-83), pubblicata poco prima della sua improvvisa scomparsa per un incidente aereo avvenuto in circostanze mai del tutto chiarite.

Manuel Scorza

La vicenda si apre in un esclusivo ristorante parigino, La Coupole, nel quale uno scrittore presenta il proprio romanzo a un editore e al direttore della collana editoriale che dovranno deciderne le sorti. Il narratore descrive la propria opera con queste parole: «Il romanzo è un contrappunto fra un guerrigliero e un ex guerrigliero. Sotto un altro punto di vista, un conflitto fra due uomini che devono scegliere fra l’Amore e la Rivoluzione. L’uno sceglie la Rivoluzione. L’altro l’Amore. Al termine della loro vita entrambi credono che l’altro abbia scelto il meglio. In un gioco di specchi si invidiano le rispettive vite». 

Travelling musicians. Doppio ritratto di Aleksandr Rodčenko e Varvara Stepanova, 1921.
(Fotografo sconosciuto, A. Rodčenko e V.Stepanova archiv)

Veniamo quindi immediatamente trascinati all’interno delle storie parallele di Santiago, l’ex guerrigliero che abbandonerà i compagni di lotta per rimanere a Parigi con Marie Claire, e di Nicolás, che compie la scelta opposta, separandosi da Francesca, la donna della quale è innamorato, per ritornare alla militanza rivoluzionaria nella foresta peruviana. Ma Santiago è solo il personaggio dell’immaginazione letteraria o è in realtà il narratore stesso, costretto a interrompere il racconto (come recita il titolo del terzo capitolo del libro) per l’apparire di una donna «dai miracolosi occhi azzurri» e di una «bellezza definitiva», per l’appunto Marie Claire? L’ambiguità rimane irrisolta e i diversi livelli metaletterari si confondono, si intrecciano, si rincorrono in un continuo scambio reciproco. 

La struttura narrativa che scardina la sequenzialità lineare del racconto, con il continuo alternarsi nei diversi capitoli delle vicende di Santiago e Nicolás, di Parigi e della guerriglia in Sudamerica, è uno degli elementi di maggior fascino del libro, con una sperimentalità che risulta pienamente funzionale all’espressione dei contenuti del testo. Il lettore è sfidato a districarsi nel flusso di coscienza con il quale Nicolás mescola i ricordi della fuga dalla prigionia, lungo il fiume che attraversa la foresta peruviana, ai momenti vissuti a Parigi con Francesca, la donna che aveva fatto vacillare la sua fermezza rivoluzionaria e aveva messo in crisi la scelta di votarsi interamente alla lotta. Persino i titoli dei capitoli rendono mirabilmente il mescolarsi dei ricordi e delle immagini nella coscienza di Nicolás, il flusso interiore della sua esistenza che nell’ora della morte scorre inarrestabile, come il fiume che ha inutilmente cercato di attraversare per scampare alla condanna. E allora il tredicesimo capitolo ha per titolo «Nicolás varca a nuoto Boulevard Saint Germain», o, il ventiquattresimo, «Francesca tra i caimani».

La complessa struttura narrativa, che culminerà in una conclusione circolare, già nella tecnica di scrittura rende uno dei temi centrali del libro: il rapporto tra letteratura e vita, tra sogno e realtà. D’altronde il romanzo è impregnato della biografia del suo autore, Manuel Scorza, che, come i personaggi della sua finzione letteraria, fu costretto all’esilio a Parigi per il suo impegno a fianco delle lotte dei contadini e delle comunità indigene peruviane. Una dialettica costante tra la vita e la sua trasfigurazione nella letteratura percorre quindi il libro intero: la forma letteraria, in quanto narrazione compiuta, si assume il compito di illuminare l’essenza dei valori che danno senso alla vita, dischiuderne la verità, riscattandoli dalla dispersione frammentaria in cui rimangono immersi nella quotidianità dell’esistenza.

Tra sogno e realtà, Serenella Costa, acrilico su tela, 2019

In questa incessante opposizione di contrasti irrisolvibili si colloca anche la scelta tra Amore e Rivoluzione, indicate con la maiuscola già nella presentazione che il narratore fa inizialmente della trama del suo romanzo, per indicare che si tratta delle passioni assolute per cui vale la pena di vivere. Dell’Amore Scorza tratteggia una sorta di fenomenologia, in cui la delicatezza del rapporto tra Nicolás e Francesca, che rimane al livello di una possibilità inespressa, si affianca alla passione travolgente che investe, invece, Santiago e Marie Claire. Il loro amore è un tutto organico e inscindibile di carnalità e sentimento, che si fonde con la Rivoluzione nella metafora militare della «battaglia in cui i vinti finiscono i vincitori». Ma i loro primi amplessi sono descritti anche come l’esplorazione di una terra straniera, di una contrada ancora incognita in cui i corpi si intrecciano, si rincorrono e si riconoscono, fino a ritrovarsi ciascuno presso di sé nell’altro, a giungere a essere due in uno. Una fusione totale che viene resa anche attraverso la sperimentazione linguistica: «E compresi che lei era io, che io ero lei, che lui era io e lei era lei. La guardai. Mi guardò. La ci guardai. Mi ci guardò».

Allegoria di Eros e Psiche,  François Gérard, olio su tela, 1798

L’altro polo del dilemma dialettico – la Rivoluzione – non è meno centrale: rimane sempre presente, come un basso continuo, non solo per l’incombere dei doveri imperativi della militanza che a ogni momento offuscano la possibilità futura degli amori di Santiago e Nicolás, quanto perché il discorso di Manuel Scorza sembra allargarsi a una più ampia dicotomia tra dimensione individuale e sociale, come a volerci ricordare che nessuna felicità personale può darsi veramente senza emancipazione collettiva. È proprio questo nodo che infine determina il fallimento della scelta di Santiago, abbandonare la lotta a fianco dei suoi compagni per restare a Parigi e vivere fino in fondo l’amore con Marie Claire. Nessuno dei due poli, l’individuale e il collettivo, può, infatti, tenersi in piedi senza l’altro: è imprescindibile fare politica e poesia insieme, dice Santiago nel loro primo incontro, ed è poi Marie Claire, dopo la fine del loro amore, a rammentargli che nel momento stesso in cui ha scelto per lei di abbandonare la lotta ha smesso di essere il Santiago di cui si era innamorata. A perdere Santiago è l’illusione di recidere il nodo del dilemma, astraendolo dalla realtà in cui il loro amore è immerso, tramutando così la loro relazione in una diade che taglia via ed esclude il mondo oltre loro due, ma che, in tal modo, sbalza entrambi al di fuori dalla storia collettiva in cui ciascun essere umano ritrova radicata la propria identità. E ciò li perde definitivamente. 

Edizione del 1986.

Tuttavia, sebbene a prima vista entrambe le opposte scelte di Santiago e Nicolás appaiano fatali, in realtà il libro trasmette al lettore un messaggio di una vitalità che nulla può scalfire, di passioni totali che resistono anche alla loro stessa fine e continuano a illuminare in eterno il valore di una vita; allo stesso modo della bellezza, incarnata dalle descrizioni dei personaggi femminili – Francesca e soprattutto Marie Claire – che pare acquisire una dimensione quasi platonica: il Bello in sé come immagine visibile della più profonda essenza dei valori eterni. La bellezza di Marie Claire non è data dall’aderenza al modello patinato di un canone prestabilito; rivela, al contrario, il trasparire della propria sostanza umana interiore che si rende percepibile attraverso le forme esteriori: l’autentica bellezza non è pertanto un dato puramente fisico, si svela piuttosto nel modo con cui le forme biologiche si trasformano lungo la storia della vita di un essere umano e giungono, attraverso i gesti e le espressioni, a plasmare dall’interno le nostre fattezze e il nostro corpo, fino a raccontare nell’aspetto esteriore il nostro modo di abitare il mondo, la grazia del nostro attraversarlo.

Anche nel tema della bellezza si delinea, pertanto, in ultima istanza, una dialettica tra reale e ideale, tra sogno e realtà: un rapporto che non si può sciogliere in un senso o nell’altro, in quanto entrambi i termini si riempiono vicendevolmente di senso. Allora la letteratura non può essere intesa come disimpegno e semplice evasione dalla realtà, deve sempre fare i conti con questa: in ciò consiste la polemica del narratore, che orgogliosamente rivendica la “politicità” della grande letteratura di fronte alla vacuità dell’industria culturale, rappresentata dal direttore della collana editoriale, fissato nell’epiteto di Vacca Sacra, a dipingerne l’immagine del critico letterario, tronfio e petulante, capace unicamente di pontificare con sentenze prive di consistenza. Si manifesta qui una chiara dichiarazione della poetica di Manuel Scorza, secondo il quale la letteratura è in grado di analizzare il reale e agire su di esso, in opposizione all’approccio postmoderno, per cui la scrittura letteraria può soltanto perdersi in quel labirinto inestricabile che la realtà risulta essere.

Tra sogno e realtà, Carmine Galià

Sarà alla fine Marie Claire, congedandosi dal suo amore per Santiago, a rivelare la verità ultima che Manuel Scorza ha voluto consegnarci: «Santiago, le ricchezze del sogno non sostituiranno mai la realtà. Il più povero affetto, il più piccolo sentimento, il più infimo filo d’erba di un amore reale, sono migliori del più dirompente amore inventato». Queste parole di Marie Claire non rappresentano la resa disarmata al disincanto; al contrario, esprimono l’assunzione coraggiosa del più intimo nesso tra vita e poesia: la realtà, la nostra vita, il mondo sono i campi di battaglia nei quali ci spetta l’infinita fatica di dare consistenza ai sogni capaci di conferire senso a quella «metafora provvisoriamente vestita di carne» che è l’esistenza di ogni uomo

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Michelangelo Caponetto

Dal 2007 insegna Filosofia e Storia nei licei e dopo un lungo periodo di insegnamento in Piemonte è di recente ritornato a vivere a Catania.
Si interessa in particolare di marxismo e di filosofia politica, affiancando agli studi filosofici la passione per la letteratura e per il cinema.

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