16 Maggio 2021

Viaggio dell’anima e viaggio della vita. “Piedi di cerva sulle alte vette” di Hannah Hurnard

di Giada Di Pino

Timorosa è una fanciulla storpia e brutta che vive nella valle al servizio del Buon Pastore. La sua vita trascorre ripetitiva e piatta, finché un giorno i suoi parenti decidono di darla in sposa a suo cugino, Codardo, un uomo volgare e rozzo. Disperata, Timorosa chiede aiuto al Pastore, il quale le dice che può aiutarla in un solo modo: piantando dentro di lei il Seme dell’Amore e portandola con sé sulle Alte Vette.

Piantare il seme è facile, è necessario solo un piccolo dolore al cuore ed è tutto finito;  per raggiungere le Alte Vette dell’Amore, invece, è necessario affrontare un viaggio lungo e pericoloso, un percorso in cui dovrà attraversare paesaggi inospitali e scoscesi, dal Mare della Solitudine allo Strapiombo dell’Ingiuria, dalle Foreste del Pericolo alla Valle della Perdita, ma che le consentirà di sviluppare quei piedi di cerva con cui poter vivere nelle Alte Vette. Alla fine del viaggio, poi, il Pastore ha promesso che le darà un nuovo nome e la farà sua

Timorosa, impaurita ma obbediente, si mette in cammino, affiancata da due guide, Tristezza e Sofferenza, e inseguita dai suoi parenti, Codardo in primis, e poi da Orgoglio, Autocommiserazione, Rancore e altri, per raggiungere quella desiderata meta promessagli dal Pastore e lasciandosi plasmare dalle prove e dagli ostacoli che incontrerà sul suo cammino.

Quello di Timorosa è, come si può facilmente immaginare, un viaggio fortemente metaforico e spirituale: è il viaggio dell’anima a Dio

Il sottotitolo di questo romanzo difatti è: Viaggio a Dio attraverso il Cantico, ove per «Cantico» si intende proprio il Cantico dei Cantici

Di quest’ultimo viene qui data l’interpretazione canonica della chiesa anglicana, dove viene visto come una metafora della storia d’amore tra l’anima e Dio, motivo per cui si riscontrano alcune diversità di lezione rispetto a quella presente correntemente nella Bibbia cattolica. 

La visione del cattolicesimo di questo bellissimo poemetto lirico, infatti, è doppia: se da un lato esso rappresenta sì il rapporto dell’anima a Dio, dall’altro è anche esemplificativo dell’amore tra due persone, quell’amore totale e incatenante che unisce due amanti in matrimonio, quell’universale e bellissimo «mettimi come sigillo sul tuo braccio, come sigillo sul tuo cuore»

Hannah Hurnard, probabilmente per via delle sue origini quacchere e anglicane, non fa questa differenza e le due diverse tipologie di amore nel suo racconto si uniscono: Timorosa ama il Pastore come amante e come padre, ed è da lui amata come sposa e come figlia, con l’aggiunta di quella tenerezza che è propria solo di Dio verso le sue creature

Il viaggio della Timorosa del Pastore è il cammino che l’anima compie quando, dopo aver incontrato il Signore, decide di seguirlo, di appartenergli, ma per giungere a questa appartenenza a Dio essa deve affrontare sé stessa, la sua fragilità umana, le sue paure e le sue debolezze, con accettazione e fiducia in quella ricompensa che non è oltremondana, ma è tutta terrena, e la conclusione del libro è sorprendente in tal senso. 

Tuttavia, libri con un così grande apparato metaforico hanno la facoltà di godere di molteplici letture, e se il significato spirituale è sicuramente preponderante, certo non manca anche una lettura esistenzialista

Il viaggio di Timorosa è anche il viaggio che ognuno di noi compie nella vita e che intraprende ogni volta che si pone un obiettivo da raggiungere e su cui basare la propria esistenza. 

Quante volte nel nostro cammino abbiamo attraversato il deserto e il Mare della Solitudine? Quante volte abbiamo scalato lo strapiombo dell’Ingiuria, o quello dell’Offesa, o della Persecuzione o dell’Odio? E in quante Valli della Perdita siamo caduti nel corso della nostra vita? 

Tristezza e Sofferenza sono parte integrante della vita di ciascuno di noi, anche se le ignoriamo e le respingiamo, e sempre siamo assillati dalle nostre paure, dalla rabbia, da tutte le negatività che ci portiamo dentro. 

Eppure, nel corso del viaggio, troviamo anche radure erbose, villaggi pieni gioia e piccoli fiori che ci danno la forza di andare avanti e ci insegnano quali sono le cose importanti nella vita; e come Timorosa a volte ci viene anche voglia di cantare e di ballare, da soli e senza un motivo, e di lodare la vita, la nostra esistenza, perché gli affetti, la bellezza del vivere sono affinate e rese più lucide e splendenti dalle prove che affrontiamo. E alla fine, se siamo bravi, se impariamo, possiamo tutti sviluppare quei piedi di cerva che ci permetteranno non di non trovare più ostacoli, di abbandonare le nostre compagne di viaggio e di vivere felici e spensierati, ma di balzare oltre gli strapiombi, le rupi, i deserti e i mari con leggerezza, con libertà e con gioia persino, come l’acqua, che «non ha paura né momenti di esitazione né cerca di ritirarsi […] perché questo è il suo movimento naturale. Il donarsi è la sua vita. E […] solo obbedendo a quello stupendo impulso, gli ostacoli che sembrano tremendi non causano nessun danno e anzi aggiungono gioia al suo movimento». 

Non tutti scelgono di uscire dalla valle dell’Umiliazione, di accogliere Tristezza e Sofferenza e di affrontare il viaggio; allora, al di là della spiritualità di cui è imbevuto, che questo piccolo libro, edito dalla delicatissima Gribaudo editore, per chi sceglie di leggerlo sia questo: un invito a intraprendere il cammino, a lasciare crescere dentro di sé il Seme dell’Amore e a desiderare con tutte le proprie forze di sviluppare quei piedi di cerva con cui balzare sulle Alte Vette.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Giada Di Pino

Ha lavorato presso la Leonida Edizioni, ha frequentato il Master in Editoria della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori e ha svolto uno stage presso Il Saggiatore. Oggi lavora come editor freelance e come insegnante. 

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