12 Marzo 2024

Milano: indolenza e disillusione. “Stiamo abbastanza bene” di Francesco Spiedo

di Sofia Sercia

La città mi restituisce un senso di assoluto straniamento: non ci conosciamo e non ci capiamo. 

«Chi parte sa da cosa fugge, ma non sa che cosa cerca», diceva Massimo Troisi in Ricomincio da tre. E quale migliore posto in cui fuggire se non Milano, la città del progresso e delle mille opportunità, la metropoli che sempre accoglie tutti, dagli studenti fuorisede ai giovani che vogliono far carriera, da chi approda dal meridione agli immigrati da ogni parte del mondo. Eppure la città sa essere crudele e intransigente con chi non è capace o non vuole adattarsi. Come tanti altri, è proprio nel capoluogo lombardo che Andrea Lanzetta decide di rifugiarsi, in fuga dalla sua cara Napoli, per allontanarsi il più possibile dai suoi problemi. Queste le premesse del romanzo di esordio di Francesco Spiedo, Stiamo abbastanza bene, edito da Fandango edizioni.

© Carlo Stanga, Anastasia | www.carlostanga.com

Una storia come tante quella di Andrea, venticinquenne che abbandona la sua città per “cercare fortuna”, con l’intento di gettarsi alle spalle una storia d’amore finita male e per mettere chilometri di distanza fra sé e il peso delle pressioni famigliari, le aspettative di amici e conoscenti. Tuttavia, una volta approdato a Milano, non abbiamo di certo l’impressione che Andrea abbia una particolare voglia di dare una svolta alla sua esistenza: la sua vita sembra trascinarsi in maniera passiva e solitaria. Mentre le sue giornate si consumano in una serie di lavori poco gratificanti (portiere in via Bixio, guardia notturna di un supermercato, cameriere al Confine), le sue serate si esauriscono in un susseguirsi di birre al bancone del solito bar, La Belle Aurore. Una vita che da molti punti di vista sembra ripiegarsi su se stessa, senza nessuna eccitante prospettiva all’orizzonte. Amici e famigliari si chiedono cosa sia andato a fare a Milano, e sembra chiederselo anche lui

© Carlo Stanga, I am Milan (Moleskine: Princeton Architectural Press) | www.carlostanga.com

Andrea è certamente un personaggio che assomiglia a tanti giovani della sua tribolata generazione: davanti ai suoi occhi non sembra distendersi nessun futuro. Nessun progetto concreto sembra poter prendere forma. La linea dell’intreccio si dipana con una certa accidentalità, esaminati sempre dallo sguardo cinico e disincantato del protagonista, che sembra essere andato fino al capoluogo lombardo solo per intristirsi e incaponirsi nella sua solitudine. Andrea si affida al caso, al malinconico ricordo del suo passato da cui non riesce a tirarsi fuori. Qualsiasi cosa faccia non sembra avere grandi sogni e nessuna convinzione. Il ragazzo sa che cosa vuole rigettare tenendosi lontano dalla sua terra d’origine, ma la città non sembra nemmeno offrire qualcosa di nuovo in cui sperare.

© Carlo Stanga, Milano | www.carlostanga.com

Nello sfondo dell’intera vicenda sempre lei, L’El Dorado italiana, Milano, la grande metropoli in cui tutto può succedere, nella quale si intrecciano stradine e ampi viali, negozi di grandi firme, modernissimi uffici, uomini in giacca e cravatta e scippatori, dove la fortuna può girare dalla parte di chiunque. La città, però, aiuta solo chi vuol essere aiutato, e Andrea sembra vivere una vita molto lontana dagli scintillanti palazzi di Citylife, Gae Aulenti, dal Palazzo della Regione. Quasi come una creatura che si adatta ai sentimenti e ai pensieri di chi la abita, qui Milano si presenta solo come una città triste e smunta: lo specchio della disperazione del protagonista. Lui stesso lo dice: «Sarei voluto andare a Rimini oppure a Genova, ma non era il caso. A Rimini ci si diverte troppo e io volevo soffrire bene. A Genova c’è il mare, altro che sofferenza, sarebbe stata una vacanza, e io invece volevo una punizione. Milano è stata la prima città che mi è venuta in mente.». 

Milano è quindi la città della condanna, ma qual è esattamente la colpa da espiare?

© Carlo Stanga, Marseille | www.carlostanga.com

E Milano, la città dell’approdo, viene ovviamente paragonata di continuo a Napoli. La sua Napoli, ricordo nostalgico e al contempo amaro, simbolo di una vita che gli stava ormai troppo stretta. Ma non si possono scordare le proprie origini, le radici. Una delle più grandi differenze, dice Andrea, è che a Milano non ci sono manifesti funebri: Napoli è una città che teme la morte e che di essa ha voluto fare un culto; Milano invece è viva, guarda sempre alla vita e al futuro, l’idea che tutto possa finire, schiantarsi, non deve essere presa in considerazione. E in mezzo a tutta questa vita a questa dinamicità dovrebbe essere più facile andare avanti, abbandonare i fantasmi del passato. A volte, però, bisogna ritornare alle origini per liberarsi di ciò che ci opprime. 

© Carlo Stanga, Miracoli a Milano | www.carlostanga.com

Incompreso nella sua città d’origine, incompreso nella città d‘arrivo. Andrea sembra sguazzare nella sua solitudine e pare sguazzarci bene. Il giovane si interroga su quale sia il suo posto nel mondo, e anche se nessun luogo sembra avere dentro di sé quello che lui cerca, forse non tutto è perduto. Vediamo, pagina dopo pagina, l’ostinazione del protagonista, che non smette di rimuginare, tormentarsi. Attorno a lui, una serie di personaggi cercheranno in un modo o nell‘altro di stabilire un punto di contatto, ma Andrea, un po‘ come Massimo Troisi, sembra che voglia solo “essere lasciato soffrire tranquillo”. 

© Carlo Stanga, Luce in galleria | www.carlostanga.com

Stiamo abbastanza bene è senza dubbio un buon romanzo di esordio, con un personaggio principale credibile in cui è facile immedesimarsi e tematiche che sono care a tanti giovani di oggi. La voce narrante in prima persona è sicuramente il punto forte del libro, che conferisce ai fatti un tono ironico, suggerendo atmosfere da commedia nera, con un linguaggio vivo e arricchito da espressioni gergali. La prima parte risulta forse più “lenta”: come Andrea, infatti, il lettore non vede prospettive e non capisce a cosa tenda il susseguirsi delle vicende, ma la narrazione poi si dipanerà verso una direzione più precisa. Andrea Lanzetta è un protagonista a cui ci si affeziona, nonostante la sua esagerata tendenza ad autocommiserarsi, ma proprio per questo il lettore vorrebbe scuoterlo e si chiede se il protagonista riuscirà a trovare quel coraggio che serve per scrollarsi di dosso quella sua aura malinconica e afflitta.

© Carlo Stanga, I am Milan | www.carlostanga.com

Fra queste pagine, il lettore si corruccerà e sorriderà con Andrea, lasciandosi trascinare con lui dalle varie e imprevedibili circostanze della vita, nel tentativo però di non lasciarsi sopraffare per riuscire a stare “abbastanza bene”.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Sofia Sercia

Nata a Milano il 14 giugno 1998. Dopo aver frequentato il liceo linguistico Alessandro Manzoni, si laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università Statale di Milano. Nel 2022 ha conseguito un master in editoria presso la Villaggio Maori Edizioni. Attualmente collabora con San Paolo Edizioni alla redazione di testi per la rivista PagineAperte.

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