18 Aprile 2022

Anche l’Italia ha la sua apocalisse. “Troppo facile amarti in vacanza” di Giacomo Keison Bevilacqua

di Giada Di Pino

Un giorno come tanti altri, un giorno che sembra non avere nulla di speciale, Linda prepara uno zaino con una buona scorta di provviste, un sacco a pelo e l’attrezzatura da campeggio, mette il collare al suo cane, Follia, ed esce di casa, lasciando appeso alla porta un cartello: sta andando via. Sta andando via per sempre dal luogo in cui è cresciuta. Cosa cerca forse non lo sa neanche lei. Forse cerca solo uno sprazzo di umanità ancorata in qualche angolo di mondo. Perché l’umanità, di fatto, nel mondo di Linda, non esiste più, non nel modo in cui la conosciamo noi. 

E neanche l’Italia che Linda attraversa è quella che noi conosciamo: distrutta da un’apocalisse al lettore sconosciuta, Bevilacqua ritrae il nostro Paese attraverso i luoghi storici e i monumenti simbolo, attraverso i paesaggi mediterranei e gli elementi caratteristici come un luogo appartenente a un futuro distopico che tuttavia sembra fin troppo imminente e reale. 

In essa si muovono personaggi con cui Linda non ha incontri, ma solo scontri, poiché ostinati ad attuare leggi e valori che non possono più esistere, ma che sono talmente radicati nella società da non poterne essere estirpati neanche davanti alla distruzione, anzi, che sembrano in essa incancrenirsi: dal vecchio bigotto al cuoco avido, dal giovane emaciato che vuole affermare la sua proprietà alla donna ricca e snob, fino al politico violento e razzista, non vediamo altro che un’umanità decaduta, disumanizzata in ogni sua parte, che si aggrappa disperatamente alla parte peggiore di se stessa.

Un’umanità con cui Linda strenuamente lotta, mentre il suo viaggio si inframezza di immagini di un ultimo barlume di amore: Aman, la tranquillità desiderata e assente, che inizia e chiude la sua ricerca.

È terribile la verità che Bevilacqua ci mostra in questa graphic novel. Terribile perché vicina, perché tangibile. Perché vera. Con una finezza e con una delicatezza che si mostra già nelle sue tavole, nei colori delicati e tenui, nei paesaggi maestosi e coinvolgenti, che avvolgono il lettore e che traspirano al tempo stesso la desolazione di un mondo alla deriva, Bevilacqua ci mostra dove stiamo andando, dove rischiamo di andare. 

Non è una distopia lontana, fantastica, impossibile: è una distopia troppo poco distopica e troppo realistica. Una distopia chiaramente realizzata dall’uomo. E l’umanità che vi è descritta è un’umanità esacerbata, al di fuori di ogni morale, un’umanità che non ha più società, non ha più leggi, tranne quella del più forte

È l’umanità in cui hanno prevalso il capitalismo, il consumismo, il razzismo, l’odio per l’alterità e la diversità, il maschilismo; un’umanità retrograda e arrabbiata, inerte e sola. 

Questo è il vero paesaggio in cui si muove Linda: la solitudine. Una solitudine incurabile, profonda, che si muove al suo fianco fin dalle prime pagine, dalle prime tavole, una solitudine da cui scappa ma che non riesce a lasciarsi alle spalle, una solitudine di cui forse neanche Aman sembra essere la cura. 

Lui, infatti, come ci svela l’autore fin dalle prime pagine, è un altro dei desideri di Linda, è la tranquillità, chiave del suo nome. 

Lo stesso Bevilacqua ci svela, ci mette in mano quasi, la chiave con cui leggere la sua opera: se Aman è la cifra della meta desiderata da Linda, ovvero quella insperata e forse mai davvero coscientemente cercata tranquillità, lei è incapace di vivere in questo mondo post apocalittico perché è pura, come il suo nome ci suggerisce, e mantiene la sua purezza attraverso la crudeltà di una società alla deriva. 

Ed è pura la sua rabbia. È pura la sua paura. È pura la sua tristezza. E al suo fianco non poteva stare nient’altro che la Follia: la follia dell’aver intrapreso un viaggio senza meta, la follia che i personaggi che incontrano le vedono come tatuata addosso, la follia di quella sua purezza, ma che forse è la follia del mondo in cui vive, la follia di ostinarsi a vivere chiusi nel proprio egoismo e nella sopraffazione in una realtà in cui l’unica salvezza potrebbe essere la cooperazione.

Bevilacqua, tuttavia, sembra volerci concedere ancora un altro indizio, un altro piccolo tassello da aggiungere per leggere questa sua graphic novel: sebbene distrutta, sebbene desolata e vuota, l’Italia è ancora una terra amata. Linda scappa, cerca il suo futuro altrove, un po’ come fanno tanti giovani oggi, ma a piedi, attraversando il Paese da Roma a Trento, passo dopo passo, con lentezza e con fatica, perché «quando si fugge da ciò che si amava, si fugge sempre lentamente».

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Giada Di Pino

Ha lavorato presso la Leonida Edizioni, ha frequentato il Master in Editoria della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori e ha svolto uno stage presso Il Saggiatore. Oggi lavora come editor freelance e come insegnante. 

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