4 Aprile 2022

“La custode dei peccati” di Megan Campisi

di Antonio Messina

In un tempo non ben precisato, nel regno di Angliterra, una ragazza sta scappando inseguita da un fornaio: ha rubato un pezzo di pane e sa benissimo che la pena per il furto può essere anche troppo variabile, e quasi non varrebbe la pena mettersi in un guaio del genere. Ma quando viene finalmente catturata e portata al cospetto del Pretore, a dispetto di tutte le altre prigioniere, ciò che si aspetta non arriva: non verrà fustigata, non verrà imprigionata o impiccata. Molto peggio: viene relegata al ruolo di Mangiapeccati. May Howe, dopo che la sua lingua è stata marchiata a fuoco con la S di “Sin” e il suo collo cinto da un pesante collare che indica il suo ruolo all’interno della società, è costretta a recarsi da un’altra Mangiapeccati, con la quale comincerà un apprendistato molto singolare. Queste donne, infatti, hanno il compito di espiare i peccati e le colpe dei morenti: ogni peccato confessato corrisponde a un cibo specifico che le donne dovranno mangiare durante la veglia funebre, affinché il morto possa essere graziato nell’Aldilà. I problemi si presentano nel momento in cui una dama di compagnia della regina Bethany, Lady Corliss, morente, confessa i propri peccati. Tuttavia, nonostante sia stata fatta una lista di cibi, alla veglia funebre le due donne si ritrovano sulla bara anche il cuore di un cervo, corrispondente a un peccato che la defunta non ha mai menzionato. Perché? Cosa indica il cuore di cervo per le Mangiapeccati? E perché qualcuno dovrebbe fare un gesto del genere, macchiando l’anima del defunto?

Megan Campisi, insegnante e drammaturga, sfonda la scena della letteratura contemporanea straniera con un romanzo dalla prosa sorprendentemente semplice: “La Custode dei Peccati” ci narra una storia molto violenta, cruda e realistica senza, però, perdersi in inutili giri di parole o arzigogolate introduzioni a personaggi o luoghi. La scrittrice avrebbe potuto spendere fiumi di righe sulla società in cui è immersa la giovane May: gli intrighi di coorte, le origini di alcuni personaggi molto rilevanti per l’economia della trama… avrebbe potuto, per esempio, perdersi nella descrizione della città in cui la protagonista si muove, che ricorda molto la Londra del 1500. Ma non lo fa: alla scrittrice basta dare al lettore i dettagli necessari per far sì che si concentri sulla situazione principale, senza lasciarsi distrarre da inutili sottotrame, affinché l’immedesimazione con il malessere di May sia quanto più profonda possibile. Ogni giorno May si ritrova a camminare per le strade sotto gli sguardi sconcertati e impauriti delle persone che la vedono. Quando passa, tutti sono pronti a farsi il segno del Creatore e voltare lo sguardo dall’altro lato, come se la ragazza fosse una maledizione, capace di infettare e corrompere la loro anima con una sola occhiata. Il più delle volte, la ragazza dovrà farsi coraggio e tentare di sostenere il peso di un compito così imponente: in un mondo in cui la caccia alle streghe è cosa di ogni giorno, mangiare cibi che indicano dei peccati significa accollarsi le colpe degli altri, macchiare la propria anima e, quindi, diventare automaticamente un reietto della società, un eretico, un animale da evitare a tutti i costi, una creatura di cui diffidare, da condannare e lapidare, qualora dovesse essere necessario.

Ma May, risoluta nel venire a capo del mistero che cade sul castello come un’ombra che si allarga sempre di più, diventerà il pericolo che tutti temono: se inizialmente ella subisce il destino a cui il pretore la condanna, a un certo punto lo userà a proprio vantaggio perché sia fatta giustizia. La maturazione di May è graduale e procede di pari passo non solo con l’aggravarsi degli eventi, ma anche con la sempre più ampia capacità della ragazza di comprendere la realtà che la circonda, riuscendo a leggerne (letteralmente) i dettagli più nascosti. In questo, Megan Campisi riesce a muoversi in maniera poco comune per un’esordiente, donando alla ragazza un percorso di crescita credibile, insieme ad una sfilza di dettagli fisici e comportamentali che le permettono di contraddistinguersi da tutti gli altri personaggi, non solo per il suo ruolo di Mangiapeccati.

Un dettaglio più tecnico del romanzo di Megan Campisi riguarda il libro stesso: ogni capitolo ha il nome di una pietanza e la scrittrice, nelle primissime pagine – oltre a informarci che le Mangiapeccati sono esistite davvero – ci fornisce una lista parziale dei peccati e dei cibi a essi collegati. In tal modo, il lettore di volta in volta può consultarla per avere un assaggio di ciò di cui si parlerà in un capitolo specifico. Assistiamo da questo punto di vista a un’interattività interessante, che permette di trasformare il rapporto tra libro e lettore in modo che non si limiti a una semplice lettura passiva in cui l’unico sforzo fisico richiesto è quello di voltare la pagina.

“La Custode dei Peccati”, dunque, è un ottimo romanzo d’esordio, che si lascia divorare e che tiene incollati fino all’ultima pagina, facendo ben sperare sul futuro della scrittrice. Non escludiamo che uno dei suoi prossimi romanzi possa perfino vincere il Premio Strega, tra qualche anno, mantenendo questo stile semplice e dettagliato al contempo.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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