8 Marzo 2023

Lessico di una donna. “Lessico familiare” di Natalia Ginzburg

di Serena Costa

Mia madre ha le mani grandi. È seduta vicino a me, sul piccolo divano rosso, e poggia una sua grande mano sulla mia, tanto sottile che sembra possa disintegrarsi. Le sue mani per me sono la sineddoche dell’amore materno, abbasso lo sguardo sulle mie che, intimidite, si stringono in un abbraccio. 

Mia madre ha le occhiaie profonde, le ha ereditate da mia nonna Giulietta, ed era la nona di nove figli, tutti con le occhiaie profonde, tutti alti, tutti slancianti, tutti con lo sguardo urlante e disarmante. Era la nona e avevano finito i nomi dei parenti da poter appioppare ai figli; il calendario però diceva: santa Giulia, Rita, Brigida, e così ebbe i suoi nomi. 

Mia madre ha il naso perfettamente dritto, come lo aveva mia nonna. Un naso che garantisce un’innata eleganza, che taglia l’aria e trasmette rispetto e determinazione. Ma soprattutto coraggio. 

Mia madre ha le labbra rosse e non mette mai il rossetto e non sa cos’è un eyeliner, ascolta e non giudica; ha l’esperienza di una donna che ha dovuto sopportare e superare troppo, eppure ha un candore inflessibile. 

Balliamo sulla spiaggia in una notte d’agosto, facciamo il bagno e ci abbracciamo. Mia madre, come mia nonna, non chiede mai aiuto e ha un grande pudore, e si imbarazza perfino della mia nudità.

Nel 1963 Natalia Ginzburg pubblica, ovviamente con Einaudi,  Lessico famigliare, romanzo che la porta a vincere nello stesso anno il Premio Strega

Natalia, l’affetto forte e sincero mi spinge a chiamarla per nome, racconta la sua famiglia, gli amici che si muovono attorno ad essa, i suoi amici, suo marito, le persone che ha amato talmente tanto da concedergli tutte le sue accuratissime parole, eclissandosi nella narrazione. 

Racconta la sua infanzia, la sua giovinezza, il suo diventare donna senza mai essere protagonista, solo un fortuito interlocutore di tanto in tanto. La sua scrittura è apparentemente semplice, una straordinaria leggerezza, nel senso più nobile del termine, avvolge anche gli eventi più sconvolgenti e drammatici. 

Natalia Ginzburg

La sua famiglia, la famiglia Segre, si trova coinvolta in prima persona negli eventi cruciali dell’Italia fascista, nell’antifascismo della prima ora e dopo nelle tragiche vicende della Seconda guerra mondiale. È un romanzo affollato, e altrettanto affollata immaginiamo la casa di Natalia , nonostante le lamentele di suo padre, tanto burbero quanto spontaneamente controcorrente, e così la casa di Felice Balbo, nonostante lo strido d’uccello dell’amatissima Lola. 

La scrittura di Natalia cresce, a mano a mano che lei cresce, mentre il romanzo si dispiega davanti agli occhi incantati del lettore. Tutti coloro che conosce sin dalla nascita, sin da bambina, sono descritti solo fisicamente: è attraverso la forma degli occhi, delle labbra, del viso, attraverso il modo di camminare, di vestire e di mangiare, attraverso frasi ridondanti e filastrocche, canzoni storpiate e rimproveri ricorrenti che possiamo chiaramente intuire la personalità, il carattere, l’indole di chi è descritto. La penetrazione psicologica viene introdotta, pian piano, col suo farsi donna, senza mai abbandonare la straordinaria capacità di farci cogliere l’animo delle persone che ama semplicemente attraverso il colore della sciarpa che indossano ogni giorno o del pasto sempre uguale che pretendono a pranzo.

Oriana Fallaci, in un’intervista a Natalia, le confesserà che sin da bambina preferiva comprare i suoi romanzi, coi pochi spicci che aveva, invece di comprare i libri di matematica. E in matematica fu addirittura rimandata! Oriana le confesserà che il motivo della sua predilezione è che Natalia non «scrive come una donna»

Quel che sottintende è che la sua scrittura è priva di quell’inutile sentimentalismo da imputare senza appello alle donne. A parte trovare estremamente discriminatoria questa affermazione, semmai si potesse parlare di scrittura femminile, credo che Natalia possa rientrarvi a pieno titolo. Ci fu chi disse che le donne scrivono a causa di contrazioni del basso ventre, e da un certo punto di vista potrebbe essere più lusinghiero di quanto non sembri. 

Sembra che Natalia utilizzi entrambi gli emisferi del cervello, se così si può dire, prima di immergersi nella storia con tutta se stessa, senza tuffarsi, e facendo immergere anche noi in essa. Gradualmente, ci sentiamo abbracciati, e le lacrime che il suo romanzo provoca si confondono con un’atmosfera tanto artefatta quanto tangibile

Il lettore vive la Storia dall’interno, si meraviglia del quotidiano nello straordinario, e del quotidiano di persone straordinarie, talvolta persino di eroi di una Storia neanche tanto lontana, di un coraggio vissuto con disinvoltura, con naturalezza, senza vanagloria. 

Potrei fare i nomi importanti che quietamente si avvicendano di pagina in pagina, ma è meglio che chi non ha mai letto Lessico famigliare rimanga sorpreso nello scoprirli inaspettatamente: è un’emozione che non mi permetterei mai di guastare!

In una domenica di tardo inverno, con il sole che entra già dolce dalle persiane, potreste prendere in mano questo romanzo e, chissà, magari finirlo in due giorni! E alla fine potreste aver voglia di abbracciare il volume o di chiedervi come sarebbe descrivere la fisionomia della vostra famiglia e quali dettagli psicologici essa potrebbe mai rivelare.

Mia nonna faceva le raccolte punti e potevi trovare biscotti anche in bagno. 

Mia nonna collezionava ogni anno tazze di porcellana boema dipinte di blu e Barbie magia delle feste.

Fumava MS bionde sotto l’albero di mandarini e io seguivo il fumo e immaginavo storie mentre cercavo di catturarlo con le mani. 

Mia madre fuma Chesterfield rosse, prende il caffè al bar, poi si alza e va a fumare su una panchina lontana dalla gente…

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Serena Costa

Nata ad Avola il 3 settembre 1994 si è diplomata al liceo scientifico Ettore Majorana nel 2013. Si è iscritta in giurisprudenza e ha studiato per tre anni con abnegazione e ottimi risultati prima di affrontare una crisi definibile identitaria che l’ha riportata alla passione più profonda che ritiene coincidere con la sua natura: la letteratura.

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