3 Marzo 2021

“Nelle terre estreme” di Jon Krakauer

di Dacia Di Pino

La felicità è reale solo se condivisa

Tutti noi abbiamo letto o sentito almeno una volta questa frase nella nostra vita, divenuta celebre grazie al bellissimo film diretto da Sean Penn da cui è tratta, Into the Wild. Prima di essere adattata per il grande schermo, la storia di Chris McCandless, il giovane che decise di abbandonare tutto, rifiutando ogni norma e costrutto sociale per partire in un viaggio alla ricerca della bellezza attraverso l’America, era stata raccontata da Jon Krakauer nel suo libro Nelle terre selvagge.

Il giornalista statunitense scrisse inizialmente un articolo su Outside Magazine in cui ripercorreva il viaggio del ragazzo e indagava le ragioni della sua tragica morte in Alaska. Successivamente però, la curiosità per la vita di questo giovane lo portò a condurre altre ricerche, intervistando le persone che lo avevano incontrato e indagandone la vita privata e familiare. Mentre ripercorreva la storia di McCandless, trovava sempre più affinità con storie di altri giovani che si erano messi in viaggio da soli e senza mezzi, sfidando la Natura, e con la sua stessa storia. Il romanzo a cui alla fine Krakauer dà vita si colloca a metà fra il reportage giornalistico, il romanzo e la biografia; egli traccia parallelamente la storia di Chris McCandless e la sua esperienza nelle inospitali terre ghiacciate dell’Alaska. Entrambi sono viaggi alla ricerca di sé stessi, della bellezza che solo la natura incontaminata può offrire, ma soprattutto alla ricerca di una vita altra, lontana dai vincoli e dalle norme della società. Proprio in virtù dell’impossibilità a rientrare in una categoria, questo libro spinge il lettore a porsi prima di tutto una domanda: perché Chris McCandless, e come lui Everett Ruess, Krakauer e tanti altri, abbandonano tutto per trovarsi faccia a faccia con l’abisso che si spalanca fra l’uomo e la Natura, in una lotta a tu per tu? Le spiegazioni sarebbero molte: disagio affettivo familiare,

spirito di avventura, manie di grandezza, estremismo ideologico, pazzia… oppure si può andare al di là dell’individuo e del dato fattuale e cercare le risposte nella nostra società e nel modo di vivere di ciascuno di noi. Quanto infatti noi viviamo a contatto con la natura, con la terra, con il mare, con il cielo? Quanto siamo in armonia con questo nostro pianeta meraviglioso, in questa nostra vita così frenetica? Siamo così presi dalla nostra quotidianità, che la bellezza del nostro pianeta non la viviamo, non più. E questo contatto, questa armonia ci manca. Ci manca da morire. Perché ne facciamo parte, nostro malgrado. E forse accade che individui più sensibili degli altri sentono forte questa mancanza e si perdono nel cercarla.

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