29 Settembre 2021

La versione di Manara. “Caravaggio” di Milo Manara

di Antonio Messina

È il 1592 quando Caravaggio mette piede a Roma, alla ricerca di fortuna. La Città Eterna ha in serbo per Michelangelo Merisi da Caravaggio – detto semplicemente Caravaggio, per il luogo di provenienza – una realtà che forse l’uomo e l’artista non avevano mai avuto davvero modo di sperimentare prima: l’uomo si muove nei sobborghi, si scontra con personaggi poco raccomandabili e, tra una bettola e una prigione, ma è l’Artista ad uscire fuori dall’Uomo, come se fossero due entità distinte e separate, per trasformare il marciume in un’opera d’arte

Il giorno dopo il suo arrivo a Roma verrà assunto nella bottega di un piccolo maestro, Antiveduto Gramatica; l’Artista, però, è a livelli superiori e lì non c’è posto per una mano come quella di Caravaggio. Merita più spazio, più visibilità, più importanza. Passato, dunque, in un altro studio, Caravaggio la mattina esegue opere di poco conto e la sera, privato totalmente del sonno dalla sua ispirazione, realizza quadri che gli permetteranno di essere conosciuto ovunque a Roma, fino ad attirare l’attenzione della Curia.

Come dicevamo, però, non c’è solo l’Artista: a fare – malamente – da scudo a questa parte di Caravaggio, c’è l’Uomo. L’aspetto più terreno di Caravaggio è infatti ricco di caratteristiche che non corrispondono a quelle dell’Artista. Egli è irascibile, violento, dalla voce tonante, che sembra non perdere un’occasione per iniziare una rissa, un uomo che potrebbe benissimo essere capace di uccidere se con lui non ci fosse sempre qualcuno a fermarlo e a tentare di calmarlo. Cosa lega, dunque, l’Uomo all’Artista? Principalmente la percezione differente, più elevata, del mondo che lo circonda: laddove gli altri non vedono altro che un corpo nudo da ritrarre o di cui approfittare, l’Artista vede qualcosa che sta più in profondità, quasi una santità nascosta. Laddove il sole batte sulle superfici di un corpo o di un luogo, Caravaggio vede dei giochi di luce da cogliere sul momento. Troppo buio non va bene e troppa luce rischia di far distrarre chi osserva il quadro. Così le prostitute diventano Madonne, i bambini dei Gesù in fasce, i criminali e i manigoldi uomini che possono ancora riscattarsi in un’umanità inedita, davanti alla morte o a un crocefisso.

Caravaggio si espone nei confronti soprattutto del popolo, delle persone che hanno sacrificato tutto per un pezzo di pane, che vendono il loro corpo per arrivare vive al giorno dopo, disdegnando il mondo dei nobili e dei ricchi a meno che egli da essi non possa ricavarne qualcosa. Sarà proprio questo aspetto a metterlo nei guai, costringendolo a cercare una Grazia, che non arriverà mai perché il suo tempo è crudele e malvagio con chi non si inginocchia al volere dei potenti. Una ricerca che lo porterà a Napoli, dove troverà una pace insperata, in Sicilia e infine a Malta.

È questo il Caravaggio che Manara immagina e ritrae nei suoi due volumi editi per Panini 9L, La Tavolozza e la Spada e La Grazia. Certo, Manara non immagina e basta; aiutandosi con documenti del periodo, con la storia che raccontano gli stessi quadri, il Maestro ci propone una versione se non del tutto fedele dell’Artista, quanto meno realistica e credibile, in cui il contesto storico ha un ruolo di grande rilievo. Caravaggio, infatti, è contemporaneo di Giordano Bruno e, quando questi viene condannato al rogo, l’Artista ne risentirà particolarmente, diventando ancora più violento e schivo nei confronti di un mondo dalle idee troppo arretrate che non accetta il cambiamento. 

Milo Manara non ci parla solo di Caravaggio, quindi, ma di tutto quello che lo circonda: la religione, la filosofia, la storia e i cambiamenti di quel periodo che hanno reso il mondo quello che è oggi, a cinquecento anni di distanza; Caravaggio non si trova semplicemente all’interno di una storia a fumetti, ma nella Storia vera e propria, contestualizzando il linguaggio, la violenza, la morte e, soprattutto, tutto il nudo presente nelle tavole. Manara è, infatti, conosciuto soprattutto per la sua grandissima capacità di rappresentare corpi nudi, donne e uomini dalla forte carica erotica palpabile anche attraverso la carta, senza mai scadere nel porno o nella volgarità.

Grazie a questa capacità, Manara si rivela capace, come un novello Caravaggio, di rappresentare i sentimenti e le emozioni che si celano in profondità.

Milo Manara, con la sua bravura, ci mostra i retroscena non solo della vita di Caravaggio, ma dei più importanti quadri dell’artista, dalla Cena in Emmaus alla Vocazione di San Matteo, da Giuditta e Oloferne fino alla Maria Maddalena in Estasi

Di quest’ultimo, realizzato appena quattro anni prima della prematura morte dell’Artista in cui questi si fonde con l’Uomo, Manara ci regala un aneddoto divertente che, anche se potrebbe non essere reale, ci dà un’idea di chi era davvero Caravaggio.

Di certo non parliamo di due volumi che possono raccontare per filo e per segno la vita dell’artista, ma Manara ci dà il giusto punto di partenza per approfondire Caravaggio e tutta l’arte del suo tempo.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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