14 Febbraio 2022

Amare, cambiare, fiorire. “Cambiare l’acqua ai fiori” di Valerie Perrin

di Giada Di Pino

Cambiare l’acqua ai fiori parla d’amore. Amore declinato in tutte le sue forme. Amore vero, che supera spazio e tempo, che oltrepassa la morte. Un amore che non ha paura, o meglio, che supera ogni tipo di paura.

Valerie Perrin

Violette vive in un cimitero, di cui fa la guardiana. Vive da sola, eppure non è mai da sola: i tre necrofori, Nono, Elvis e Gaston, i fratelli Lucchini, il sacerdote di Brancion-en-Chalon, padre Cedric, il sindaco, i gatti, il cane Eliane e i visitatori del cimitero riempiono le sue giornate e la sua casa è sempre piena di gente. La maggior parte di loro, dei visitatori, piange, e se sorride, sorride tristemente, e se racconta, racconta dei suoi morti. E la storia di Violette si colora, si aggroviglia, si confonde tra le storie dei vivi, che sono anche le storie dei morti, che sono storie d’amore: donne che sono state amate fino alla morte e che amano fin dopo la morte, donne che cantano su tombe vuote, che lasciano le loro lacrime e le loro storie sulle pietre fredde del cimitero, che portano fiori e ricordi agli uomini che hanno amato e che continuano ad amare. 

Violette è la sacerdotessa di questo luogo fuori dal tempo, di questo rituale che travalica confini impossibili, una Caronte dagli occhi non di bragia ma di dolcezza, che giornalmente raccoglie le storie e cambia l’acqua ai fiori

Ma c’è una storia che non ha ancora avuto il coraggio di raccogliere, l’acqua di fiori che non ha avuto ancora il coraggio di cambiare, lacrime che non è riuscita ad asciugare: le sue. La storia di Violette si dipana tra le pagine, mentre tante altre piccole storie si aprono e si chiudono come in un sistema di scatole cinesi, e altre ancora si incatenano, si incastrano e si intersecano alla sua, che corre d’un tratto parallela a un’altra storia d’amore ancora, la storia di un amore che si è rincorso per anni senza avere mai il coraggio di viversi pienamente, e forse più intenso e strano proprio per questo, ma così reale, così tangibile che sembra quasi di vederlo, di averlo vissuto: la storia di Irene e di Gabriel, che accompagnerà Violette a fare luce sul suo passato doloroso e a cambiare, finalmente, l’acqua dei suoi fiori, così che possano di nuovo sbocciare.

A volte le storie d’amore possono sembrare noiose. Noiose da leggere, noiose da ascoltare, melodrammatiche, esagerate, banali, eccetera. Nella realtà dei fatti, ne siamo tutti attratti, anche se non ci piace ammetterlo. Soprattutto quando sono raccontate in maniera realistica e toccante, quando le sentiamo vicine. Valerie Perrin è bravissima in questo: le storie che intreccia e che incastra in Cambiare l’acqua ai fiori sono terribilmente umane, terribilmente vere e terribilmente riflettono non solo l’animo umano, ma l’animo degli uomini del nostro secolo. Riflettono, cioè, la paura di amare

È difficile farlo, lo è sempre stato. Amare è invalidante. Fa male, distrugge, sconvolge la vita dell’amato tanto quanto dell’amante. E difficilmente siamo disposti a lasciarci sconvolgere la vita. Difficilmente siamo disposti a lasciare che qualcosa di effimero come l’amore, anche se forte, anche se potente, prepotente, dolce o passionale o entrambe le cose, sconvolga la nostra quotidianità, la nostra routine, il nostro piccolo mondo sicuro. 

La storia di Irene e Gabriel è proprio questo: la metafora di un amore pressante ma che ha paura di essere vissuto. Perché ci spaventa cambiare l’acqua ai fiori. Ci spaventa cambiare ciò che riempie la nostra vita, anche se puzza, anche se non permette più ai nostri fiori di fiorire, di mettere nuovi germogli. E in quell’acqua che ristagna, il nostro cuore marcisce. Marcisce nel nostro egoismo, marcisce in relazioni morte, marcisce nella routine di una vita sempre di corsa; marcisce in amicizie sterili, marcisce in tutto ciò che non abbiamo il coraggio di cambiare, in tutto ciò che non abbiamo il coraggio di vivere

Abbiamo dimenticato che la vita non è piena per gli obiettivi che raggiungiamo, per le cose che facciamo, per il tempo che non ci concediamo; la vita è piena quando viviamo con amore, quando il nostro cuore è ricolmo d’amore, quando ogni nostro gesto esprime, dona, splende d’amore. 

Allora il mio augurio oggi, per questo San Valentino 2022, con la recensione di questo libro, per tutti voi che state leggendo è questo: che, per quanto possa essere doloroso, abbiate sempre il coraggio di cambiare l’acqua ai fiori e che scegliate sempre di vivere una vita piena, che scegliate sempre di vivere l’amore.Perché, come ci ha insegnato un bellissimo film di qualche anno fa, “the greatest thing you’ll ever learn is just to love end be to loved in return”. La cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Giada Di Pino

Ha lavorato presso la Leonida Edizioni, ha frequentato il Master in Editoria della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori e ha svolto uno stage presso Il Saggiatore. Oggi lavora come editor freelance e come insegnante. 

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