27 Gennaio 2024

Pisano non fa paura. Intervista a Pier Lorenzo Pisano, autore di “Il buio non fa paura” e “Carbonio”

di Redazione

Intervista a cura di Sofia Sercia ed Emanuela Chines.

L’autore numero tredici di Equilibri Precari è Pier Lorenzo Pisano, scrittore, sceneggiatore e regista, che ha esordito su carta con Il buio non fa paura, NN Editore, per poi dare alle stampe Carbonio, edito dal Saggiatore.

Pier Lorenzo Pisano è nato a Napoli nel 1991 ed è regista e autore di cinema e teatro. Il suo cortometraggio d’esordio, Così in terra, è stato selezionato in concorso al 71° Festival di Cannes. Il suo primo romanzo, Il buio non fa paura è stato nella cinquina finalista del premio POP 2022 e tra i finalisti del Premio Calvino 2020.

Emanuela Chines: Iniziamo dal principio. Pier Lorenzo Pisano è drammaturgo, sceneggiatore e regista teatrale e cinematografico, vincitore dei premi italiani più prestigiosi per la sua professione, come il Premio Solinas e il Premio Hystrio. Da dove è nata questa passione per il teatro e il cinema?

Pier Lorenzo Pisano: Da piccolo mi hanno portato spesso a teatro e ho cominciato a volerci andare anche da solo, crescendo. Mi sembrava incredibile che ci fossero delle persone in carne ed ossa davanti a me a raccontare e interpretare quelle storie. Anche per il cinema è stato amore a prima vista, ogni film mi cambiava la vita fino a quello successivo. Diciamo che cinema e teatro sono sempre stati al mio fianco, finché non sono entrati direttamente a far parte del mio percorso.

E.C.: Nella tua esperienza di regista, quali sono i pro e i contro della regia teatrale? E di quella cinematografica?

P.L.P.: Non so se parlerei in termini di pro e contro, diciamo che c’è una caratteristica principale che li distingue che è banalmente la presenza dal vivo. In teatro c’è un incontro che avviene ogni volta, non è mai lo stesso, e scomparirà quando le repliche finiranno. Un film è un file, di un tot di giga, sempre uguale. Ovviamente anche lì c’è l’incontro, e il pubblico può avere ogni volta una disposizione diversa, ma il film è sempre lo stesso. Il teatro non è adatto alla sopravvivenza, il cinema sì. Il teatro è lì davanti a te. Il cinema è più simile a un caro ricordo, ogni volta che riguardi un film c’è qualche particolare che avevi in mente in un altro modo.

Sofia Sercia: Prima di dedicarti alla stesura del  tuo primo romanzo, Il buio non fa paura, avevi scritto solo per cinema e teatro. Che cosa ti ha spinto a sperimentare questa nuova forma espressiva?

P.L.P.: La verità è che non avevo mai avuto il tempo di scrivere un romanzo. Era una cosa che prima o poi avrei voluto provare, e l’occasione è stata la scadenza del Premio Calvino. Avere una data entro cui consegnare mi ha molto aiutato. E avevo una storia che mi bruciava raccontare. È una forma di scrittura dove hai il controllo totale delle parole e dei significati, parli direttamente alle persone che leggono, uno a uno, senza passare per le immagini o per gli interpreti. È diverso, impegnativo, liberatorio.

E.C.: Nel 2021, nel pieno del successo del romanzo, hai ottenuto il Premio Riccione per la drammaturgia con Carbonio, opera che hai pubblicato, l’anno seguente, in collaborazione con Il Saggiatore. Qual è stata la genesi e l’evoluzione di questa pièce, invece?

P.L.P.: Ho iniziato pensando a una situazione che avrei voluto davvero raccontare. Ho immaginato di avere davanti un uomo che ha avuto un incontro ravvicinato con un alieno, reale, verificato, che è successo di giorno davanti a tutti. E ho cominciato a fargli domande: cos’hai visto? Com’è stato? Come ti senti? Ho scritto la prima scena e sono andato avanti così. La prima battuta del testo è «Racconta». Un tema sotteso del testo e dello spettacolo è il racconto. È come se le parole dell’uomo creassero la storia e non viceversa. Non sono un resoconto, sono un processo creativo in diretta.

S.S.: Tornando sul romanzo, si può notare la presenza di uno “sguardo panoramico” nella descrizione degli ambienti, nonché di “tecniche cinematografiche” applicate alla narrazione. Tu che ne pensi? Hai volutamente innestato letteratura e cinema, se pensi che effettivamente un innesto ci sia, oppure è stata una conseguenza naturale data la tua formazione, o ancora una tua caratteristica istintuale nel modo di leggere le storie che ti ha poi condotto verso questa rappresentazione?

P.L.P.: Sì, è una scelta e anche un istinto. Il romanzo è scritto per azioni e per immagini, non ci sono i pensieri e le riflessioni dei personaggi: quello che pensano lo vedi da quello che fanno. Il padre in preda al dolore cammina avanti e indietro per la casa tutto il giorno. Manifesta quello che sente. Nella lingua ho cercato di creare dei periodi che vanno da un’immagine a un’altra e da un luogo a un altro, intermezzati dalle parole dei personaggi, è una sorta di piano sequenza trasposto sulla pagina.

E.C.: Il buio non fa paura è stato definito “una fiaba nera”. In esso, oltre agli elementi fiabeschi, si può cogliere anche un’atmosfera fortemente onirica. Inoltre, in Carbonio, la fiaba e la fantascienza si intrecciano con la presenza di elementi non reali, fantastici, in un certo senso soprannaturali e spesso incomprensibili dall’essere umano. Un esempio può essere costituito dall’alieno visto da B, l’essere indescrivibile e privo di atomi di carbonio che ci spaventa e affascina, come le creature lovecraftiane. Qual è il tuo rapporto con il soprannaturale, l’inconoscibile? E come e quanto sono connesse, nella tua idea di narrazione, la fiaba, la fantascienza e la dimensione onirica?

P.L.P.: L’elemento fantastico, o fantascientifico, è un acceleratore di dinamiche. Porta il conflitto, la narrazione, a un livello altissimo. Il rapporto con il diverso è declinato al massimo, quando il diverso è un alieno, il totalmente altro, addirittura composto da atomi che non sono di carbonio. Credo che non sia necessario in ogni caso, ma a volte questi elementi servono a portare il racconto ancora più lontano.

E.C.: Sia B in Carbonio sia i bambini protagonisti del romanzo sono personaggi dotati di una vista “differente” da quella della maggioranza delle persone. Credi che il “vedere più lontano” sia simile a quello che ottengono personaggi come, ad esempio, Tiresia? Credi che l’immaginazione e la fantasia possano davvero arrivare lì dove la fredda razionalità fallisce?

P.L.P.: Credo che ci sia una componente della natura umana che non accetta che le cose non abbiano senso. E mi piace indagare questa forza nascosta.

S.S.: I tre fratelli protagonisti di Il buio non fa paura hanno un vissuto simile, ma si approcciano al problema in modi diversi: Giulio, il figlio più grande ha una visione razionale più vicina a quella del padre, mentre i due fratelli più piccoli usano l’immaginazione per superare il lutto, tema alla base della narrazione. In Carbonio, invece, lo troviamo appena accennato. Per il romanzo in particolare, hai scelto questa tematica perché intendevi affrontare un argomento che coinvolgesse il maggior numero di lettori possibili o la vicenda si ispira a un momento particolare della tua vita?

P.L.P.: In Carbonio il tema della scomparsa di una persona a noi cara emerge molto nella seconda parte. E nel romanzo ogni protagonista rappresenta una diversa età dell’uomo, un diverso modo di affrontare il dolore. Credo che venire a patti col fatto che si muore sia un’esperienza che tutti prima o poi siamo costretti a fare, ma credo anche che non sia qualcosa che si può accettare o elaborare, si può soltanto andare oltre, forse, e far passare il tempo. A seconda delle età, i protagonisti reagiscono in maniera diversa perché sono diversamente preparati di fronte a questo grande evento.

S.S.: Ogni elemento all’interno di Il buio non fa paura ha una forte valenza simbolica e metaforica. Quale credi che sia la forza di questo tipo di linguaggio? Credi che debba per forza esserci una corrispondenza biunivoca fra il simbolo e il significato che si cela dietro a esso, oppure ognuno potrebbe e dovrebbe attribuirgli le proprie suggestioni personali?

P.L.P.: Ogni volta che ho fatto una presentazione mi hanno proposto nuove, convincenti teorie. Sicuramente c’è un senso che è quello che volevo imprimere io, ma temi così forti catalizzano una miriade di proiezioni. Che è un po’ quello che dicevo parlando prima della natura umana. Troviamo senso a qualunque cosa.

S.S.: Nel romanzo l’oscurità rappresenta il leitmotiv principale, fulcro anche del titolo. Normalmente la visione dicotomica dell’opposizione giorno/notte associa al primo il bene e alla seconda il male e l’orrore. Qui però il buio ha anche una dimensione terapeutica, lasciando intendere che anche ciò che è “oscuro” e spaventoso può avere un effetto positivo. Puoi parlarci meglio di questa tua concezione?

P.L.P.: Sì, il fatto è che nel buio, nell’assenza di luce e quindi di colore e forma, c’è una possibilità. Sotto la luce non ci sono ambiguità, chi è scomparso non c’è più, e basta. Al buio vediamo cose che non esistono, che a volte ci spaventano. Ma possiamo anche vedere cose che non ci sono più, e volere credere che esistano ancora. Può essere consolante.

E.C.: Carbonio. Non si tratta solo dell’elemento chimico alla base della vita sulla Terra, ma anche di una pièce che riflette sulla tendenza dell’essere umano a voler dominare ogni cosa. Come si potrebbe mutare, secondo te, questa tendenza?

P.L.P.: Credo si possa ammorbidire, ma non scomparire del tutto. Anche questo fa parte della natura umana. A meno che non cambi la biologia, la cultura è l’unica speranza.

S.S.: Il finale del romanzo rimane aperto, mentre la pièce termina in una totale deflagrazione. Senza fare spoiler ai nostri ascoltatori, ci parleresti di questi finali tanto diversi?

P.L.P.: Io non credo che il finale del romanzo sia aperto. Non lo spoilero qui, ma c’è scritto quello che succede, l’effetto della luce, e ogni personaggio ha una sua chiusura. Anche il finale del testo teatrale è molto chiaro. Non so bene come intavolare un discorso più approfondito sui finali senza rovinarli, allora taccio.

E.C.: Una curiosità: la voce che commenta le immagini della Sonda Voyager è stata da te interpretata quando Carbonio ha debuttato al Piccolo Teatro di Milano, l’anno scorso. Era già nelle tue intenzioni che questo personaggio rappresentasse la tua voce, il pensiero di Pier Lorenzo-autore? Oppure può essere qualsiasi altra persona che, con ironia, commenta la scelta di determinati immagini e suoni inviati a destinatari extraterrestri?

P.L.P.: No, inizialmente non sapevo chi l’avrebbe interpretata. Avevo anche pensato a una piantina da mettere in scena, che avrebbe potuto commentare le immagini. In fin dei conti è sempre fatta di carbonio. Poi ci ho ripensato perché, per quanto divertente, alla fine si sarebbe trattato di una voce registrata. Poi ho pensato a degli interpreti, ma mentre scorrevo mentalmente i nomi mi sono reso conto che un attore o un’attrice avrebbero creato una domanda nello spettatore e cioè: chi è questa persona? È uno scienziato? È un presentatore? Allora ho pensato che se lo avessi interpretato io, questa domanda avrebbe avuto una risposta immediata e sensata: è l’autore. Ho fatto una prova con una lettura integrale al Romaeuropa festival. È andata bene, e allora ho deciso di andare in scena.

S.S.: Il buio non fa paura è stato tra i romanzi finalisti nella cinquina del premio POP e del Premio Italo Calvino 2020. Nel 2021 hai vinto anche il Premio Riccione con il testo teatrale Carbonio. Ci parleresti di queste esperienze? Cosa ha significato per te vincere un premio o arrivare tra i finalisti con queste tue due opere?

P.L.P.: È sempre qualcosa di molto prezioso e motivante. Un premio è un’occasione di riflessione, un incentivo a continuare per il tuo percorso, e in definitiva una bella pacca sulla spalla. A volte servono, per andare avanti.

S.S.: Il buio non fa paura, NN edizioni; Carbonio, Il Saggiatore. Ti va’ di dirci quali sono le tue esperienze di autore con queste due diverse realtà editoriali?

P.L.P.: NN è una realtà bellissima, sono tutte molto attente e credono veramente in quello che fanno. Con Il Saggiatore, che anche stimo molto, non ho avuto molti confronti se non per qualche refuso, perché tutto è stato gestito tramite il teatro, in fondo un testo teatrale è scritto per andare in scena.

E.C.: Hai in mente di scrivere altri romanzi o ti dedicherai solo al teatro e al cinema per il momento? Ci sono altre forme espressive che ti piacerebbe esplorare?

P.L.P.: Ho scritto un videogioco! È appena uscito, si chiama The Last Faith. È disponibile per tutte le console e piattaforme. È stata una bellissima esperienza. È molto raro avere questa possibilità, dal momento che in Italia non esiste un’industria del videogioco (e infatti la produzione è inglese). Per il resto sto lavorando a molte cose ma sono scaramantico e non diciamo niente. Come nuove pubblicazioni è appena uscita una nuova raccolta di miei due testi teatrali: Per il tuo bene, Semidei, per Einaudi. Per il tuo bene è già andato in scena, Semidei sarà il mio prossimo spettacolo.

© Riproduzione riservata.


titolo: Carbonio
autore: Pier Lorenzo Pisano
editore: IlSaggiatore
anno: 2022
prezzo: € 14,00



titolo: Il buio non fa paura
autore: Pier Lorenzo Pisano
editore: NN Editore
anno: 2021
prezzo: € 16,00


Sofia Sercia

Nata a Milano il 14 giugno 1998. Dopo aver frequentato il liceo linguistico Alessandro Manzoni, si laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università Statale di Milano. Nel 2022 ha conseguito un master in editoria presso la Villaggio Maori Edizioni. Attualmente collabora con San Paolo Edizioni alla redazione di testi per la rivista PagineAperte.

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Emanuela Chines

Palermitana classe 1991, si diploma al liceo classico Giovanni Meli della propria città. Si laurea in DAMS all’Università degli Studi di Palermo, specializzandosi in spettacolo.

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