9 Febbraio 2023

Lingua Fingerle. Intervista all’autrice di “Lingua madre”

di Sara Segalini

Intervista a cura di Sara Segalini

Equi-libri Precari ospita la sua quarta autrice, Maddalena Fingerle, autrice di Lingua Madre.

Maddalena Fingerle è la quarta ospite di Equilibri d’autore.

Nata a Bolzano nel 1993, di cognome tedesco e lingua italiana, ha studiato e risiede tuttora a Monaco di Baviera. Lingua madre, edito dalla Italo Svevo Edizioni, è il suo primo romanzo, vincitore del premio Italo Calvino 2020, del premio Pop 2022 e di molti altri. 

Sara Segalini: Lingua madre. Ci parleresti brevemente del tuo romanzo a partire proprio dal titolo?

Maddalena Fingerle: Il titolo ha in sé due elementi fondamentali della vicenda: la lingua, la grande ossessione di Paolo, e la madre, l’odiata madre che non riesce a essere tale e si rivela fin da subito matrigna. È la lingua a essere madre, appunto, “lingua madre”.


titolo: Lingua madre
autore: Maddalena Fingerle
editore: Italo Svevo
anno: 2021
prezzo: € 17,00


S.S: Questo è il tuo romanzo d’esordio, ma non di certo la tua prima pubblicazione. Infatti, eri già nota al pubblico come autrice di racconti; puoi raccontarci del passaggio da racconto a romanzo e cosa è cambiato, se qualcosa è cambiato, nel tuo modo di scrivere?

M.F: La scrittura di racconti mi risulta meno sofferta rispetto a quella di testi più lunghi, ma non credo sia cambiato qualcosa nel mio modo di scrivere.

S.S: Nel tuo romanzo scrivi: «Dicono che siamo tutti bilingui, trilingui, quadrilingui, anche se non è vero niente. Dovremmo esserlo, ma sappiamo tre paroline che sputiamo all’esame di bilinguismo che attesta che siamo bilingui perché sappiamo tre parole striminzite».
Da cosa nasce l’idea di Lingua madre e perché l’esperienza del bilinguismo è così rilevante all’interno del romanzo?

M.F: Ė nato tutto da un litigio con degli amici sul numero di docce da considerarsi sano nell’arco di una giornata. Lì ebbi l’idea, in realtà un’immagine tipo colori a olio, di un ragazzo che si lava ossessivamente sotto la doccia senza riuscire a pulirsi. Poi mi venne l’anagramma parole sporche/Paolo Prescher e l’idea di sporcare il corpo con le parole. Il contesto del bilinguismo esaspera l’esperienza famigliare di Paolo, che si ritrova doppia nell’ipocrisia condivisa.

S.S.: «Le dico che qui non puoi mica girare scalzo come a Berlino, per carità, sarebbe uno scandalo. A Bolzano tutti ti giudicano per ogni stronzata. A Bolzano se entri in un ristorante e mangi da solo anche il cameriere ti guarda con compassione, come a dire: Che sfigato, poveretto, il figlio di Biagio, non ha proprio nessuno con cui andare a mangiare».
Il romanzo è suddiviso in tre parti (Bolzano-Berlino-Bolzano), che sembrano costituire un anello: come definiresti il percorso di Paolo, sia in termini fisici sia metaforici? Qual è l’essenza della dicotomia tra Bolzano e Berlino?

M.F: Il percorso di Paolo è l’ossessione, che si capovolge, da negativo in positivo, a Berlino, per tornare, peggiorata, all’istinto iniziale.

Illustrazione Cristina Fazio

S.S: Ognuna delle tre parti del libro è introdotta da una sorta di rubrica che ricorda quella dei manoscritti antichi. Perché questa scelta inusuale, che arriva anche ad anticipare al lettore il finale del libro?

M.F: L’idea era quella di ricalcare gli argomenti seicenteschi nell’ottica di un gioco paratestuale che riprendesse un gioco interno al romanzo fatto di citazioni nascoste, che fa Paolo stesso. Ma può anche essere una guida per chi legge, un modo per evitare la noia a chi non vuole leggere il capitolo e una provocazione per chi ha paura dello “spoiler”.

S.S: Quali sono gli influssi letterari che hanno portato alla nascita di questo romanzo e quali personaggi della narrativa italiana, se ci sono, si nascondono dietro le valenze complesse di Paolo?

M.F: Direi che se non avessi studiato Giovan Battista Marino non avrei scritto il romanzo in questo modo, ne avrei scritto un altro.

S.S: Paolo risulta essere un personaggio particolarmente incline alla follia fin dalle prime pagine. Ci potresti parlare meglio del suo profilo psicologico e spiegarne la genesi narrativa?

M.F: Non ho mai voluto etichettarlo né con follia né con patologie varie, perché Paolo mi interessa come personaggio al di là del giudizio. Sicuramente ha tratti ossessivi e compulsivi, che ho scritto senza però definire come tali, ma raccontandoli con la voce di Paolo stesso.

Illustrazione Cristina Fazio

S.S: «Lo sporco è incollato a me, alla mia pelle, Haut, al mio corpo, Köper, e non riesco a lavare nemmeno le parole, nicht mal die Wörter, anche se le continuo a dire, sagen, sotto l’acqua, Wasser, per lavarle, waschen: borsa borsa borsa borsa borsa borsa. Tasche Tasche Tasche Tasche Tasche Tasche. Ospedale ospedale ospedale ospedale ospedale ospedale ospedale. Krankenhaus Krankenhaus Krankenhaus Krankenhaus Krankenhaus Krankenhaus Krankenhaus Krankenhaus. Perché cazzo non funziona?»
Il lettore si ritrova catturato dal flusso di coscienza di Paolo, un fiume di parole in piena che in alcuni punti si presenta come un insieme incoerente: quali riflessioni stilistiche e influenze letterarie ti hanno portata a scrivere il romanzo in questo modo?

M.F: Nella parte finale il linguaggio perde di senso, perché Paolo non ne ha più il controllo. Le parole si svuotano di significato e si ripetono, mescolate tra italiane e tedesche, sono quelle sentite durante la sua vita, riprese dal resto del romanzo. Le citazioni, da Tasso e Marino ad Alexander Langer e Nando Dalla Chiesa, sono le frasi che Paolo legge nei libri di nascosto dalla madre e che utilizza quando prova emozioni forti, poiché non possiede un vocabolario emotivo.

S.S: L’acqua è un elemento ricorrente nel romanzo, specialmente verso la conclusione: ci potresti parlare del significato metaforico di questo elemento? I personaggi annegano nell’acqua come annegano nel mare di parole che ogni giorno li travolge?

M.F: L’acqua è luogo sicuro e prigione al tempo stesso e, metaforicamente parlando, può forse ricordare anche il liquido amniotico, ma la verità è che queste sono considerazioni che faccio ora e che non avevo fatto mentre scrivevo. D’altro canto, credo si capisca quello che si scrive quando si entra in dialogo con altre persone.

S.S: Nella tua esperienza personale, il turpiloquio e il linguaggio verbale violento, se così lo si può definire, si legano a un profilo psicologico ben preciso, simile ad esempio a quello di Paolo, oppure sono un riflesso e una reazione al contesto sociale in cui si vive, o ancora un connubio di entrambe le cose?

M.F: Paolo parla così perché nella parola riesce a esprimere la rabbia che non riuscirebbe a dire altrimenti. È la frustrazione del ragazzo che soffre che porta al turpiloquio e, in un secondo momento, il turpiloquio diventa un elemento da salvare in nome di una sincerità contrapposta all’ipocrisia che lo porta alla rabbia. Credo ci siano entrambi gli elementi, ma ho cercato di concentrarmi meno sul profilo psicologico per paura che una serie di valutazioni di questo tipo potesse allontanarmi troppo dal personaggio, finendo per giudicarlo. Paolo urla per tutto il romanzo chiedendo disperatamente di non essere giudicato: non potevo essere io a farlo.

S.S: Nell’edizione italiana sono presenti parole e frasi in tedesco che non sono state tradotte in nota: come mai questa scelta?

M.F: È una cosa a cui tenevo molto. Perché siamo nella testa di Paolo e non possiamo uscirne. Una nota ci tirerebbe fuori dal suo pensiero e sarebbe un peccato, si rovinerebbe il lavoro sul linguaggio.

Fotografia della vittoria al premio Megamark.

S.S: Qual è stata la tua esperienza con la casa editrice Italo Svevo e con la loro idea di libro, visto anche il formato speciale delle loro pubblicazioni?

M.F: È stato qualcosa di emozionante, il libro ha trovato la miglior casa editrice che potesse trovare, fatta di persone professionali e attente che mi hanno accompagnato con grande passione e a cui sarò sempre legata da una profonda gratitudine.

S.S: Il romanzo è stato pubblicato anche in tedesco dall’editore Folio Verlag. Quali sono le differenze peculiari tra le due edizioni, anche dal punto di vista della resa estetica? E come è stato reso quel binomio italiano-tedesco presente nel romanzo?

M.F: In ambito tedescofono il libro è stato letto come raffinato e intellettuale, prendendo molto sul serio, forse a causa dell’appendice, i giochi linguistici e letterari. A me dispiace un po’, in realtà, perché credo che ci siano diversi livelli di lettura del testo e non solo questo. Si può leggere pure come una storia d’amore, no? La traduttrice è stata bravissima a riprodurre il tono di Paolo, che risulta leggermente più duro, ma sempre italiano. Ha trovato diverse soluzioni: per esempio quando Paolo parla delle parole tedesche, in tedesco si ripetono in italiano.

S.S: Lingua madre ha vinto diversi premi tra cui, scegliendone due piuttosto differenti per sistema e giuria, il Premio Italo Calvino e il Premio Opera Prima (POP). Ci puoi descrivere queste due esperienze nelle loro similarità e differenze?

M.F: Il Calvino era una scommessa che credevo persa in partenza. Quando andavo a scuola Giorgio Vasta mi parlò del Calvino e io decisi di partecipare alla 33esima edizione perché il 3 porta fortuna: ripetuto, non poteva che essere l’unica possibilità di farcela! Ci credevo e non ci credevo, controllavo il sito ogni giorno e poi quando vinsi fu per me incredibile, ero convinta fosse uno scherzo, poi uno sbaglio. Quando sentivo Emanuela Canepa dire «ho trovato nel Calvino una famiglia» pensavo fosse una frase fatta. Mi sbagliavo e le devo delle scuse: è vero, è proprio vero! A Sara, per esempio, chiedo ancora oggi consigli. Il mio modo di esprimere affetto credo sia stressare. 

Con il POP ero fissata fin dall’inizio, fu una delle cose che chiesi subito a Dario, l’editor di INCURSIONI. Ero convinta fino alla fine di non vincerlo! Quello che mi ha colpito di più è stato che è un premio di studentesse e studenti, e credo non ci sia niente di più bello di questo!

In foto (da sinistra) Andrea Tarabbia e Dario De Cristofaro al premio Pop.

S.S: Il 4 settembre sei tornata in libreria con Una proposta stronza per Tetra edizioni: cosa ci puoi dire in merito a questa nuova pubblicazione? Come mai questo ritorno alla forma del racconto, dopo il successo del tuo primo romanzo?

M.F: A me non sembra di aver mai smesso di scrivere racconti, quindi non lo definirei un ritorno. La Proposta era un modo leggero e divertito per scrivere altro, è un testo che gioca con le identità e con i generi letterari e prende in giro, soprattutto me, e ne avevo un gran bisogno.

S.S :Hai in cantiere nuovi progetti, un nuovo romanzo?

M.F: Sì, sto lavorando al nuovo romanzo e mi sto molto divertendo. Ho firmato il contratto, uscirà nel 2024!

E noi non ce lo perderemo!

© Riproduzione riservata.


titolo: Lingua madre
autore: Maddalena Fingerle
editore: Italo Svevo
anno: 2021
prezzo: € 17,00


Sara Segalini

Nata a Venezia il 24 gennaio del 1997, si diploma presso il Liceo Classico Raimondo Franchetti nel 2016, per poi iscriversi a Lettere Moderne all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove si laurea nel 2019 con una tesi dedicata a Elena Ferrante.

Leggi di più


Leggi anche: