13 Novembre 2021

L’angoscia del tempo. “Old” di M. Night Shyamalan

di Antonio Messina

Tratto dalla graphic novel Sandcastle di Pierre Oscar Levy e Frederik Peeters, Old è la quattordicesima pellicola del regista indiano M. Night Shyamalan, conosciutissimo per Il sesto senso e la sorprendente trilogia iniziata con Unbreakable nel 2000, continuata a sorpresa nel 2016 con Split e finita nel 2019 con Glass.

Da qualche parte, su un’isola tropicale, c’è un resort di lusso con un servizio eccellente, una vista da mozzare il fiato e attività di ogni genere per grandi e piccini. È in questo resort che alcune famiglie decidono di passare qualche giorno in totale tranquillità, prima di tornare alla vita e ai problemi di tutti i giorni

Nonostante le varie attrazioni, il proprietario del resort suggerisce a un ristretto gruppo di visitatori di recarsi su una spiaggia dall’altro lato dell’isola, dove li attende una magica esperienza di ventiquattro ore totalmente immersi nella natura e un mare limpido e cristallino in cui tuffarsi. La spiaggia, tuttavia, sembra avere la capacità di influenzare in qualche modo chi vi mette piede. E quando il mare restituisce il corpo di una donna morta solo poche ora prima, ecco che la vacanza dei visitatori comincia a diventare un vero e proprio incubo dal quale sembra impossibile fuggire. 

Il ritrovamento del cadavere è solo la punta dell’iceberg: l’intero gruppo comincia a risentire degli effetti negativi della spiaggia e i primi segni si vedono sui bambini che, nell’arco di poche ore, assumono l’aspetto di adolescenti. Nel frattempo, il corpo ritrovato si è già decomposto del tutto. Appare evidente il motivo per cui la spiaggia è peculiare: lì il tempo sembra scorrere molto più velocemente del normale, agendo sul fisico e sulla mente di chi ci si trova.

Il film di Shyamalan non ci pone semplicemente di fronte alla morte che arriva repentinamente, quanto più all’angoscia dello scorrere del tempo che porta via con sé tutto quello che si è costruito nell’arco di un’intera vita. Fatto che diventa ancora più pressante quando si comprende di non avere abbastanza tempo per vivere ciò che non si è ancora vissuto: mentre i bambini, crescendo fino a diventare adulti, comprendono che potrebbero morire senza aver mai attraversato le tappe fondamentali di una vita normale – il college, il matrimonio e così via -, gli adulti regrediscono al livello di bambini impauriti, nella consapevolezza di non avere più il tempo per sistemare le questioni che andavano risolte prima che fosse troppo tardi. 

Il regista riesce a rendere l’idea della velocità con cui passa il tempo con alcuni piani sequenza in cui la macchina da presa si sposta dal centro della scena, dirigendosi a sinistra e poi a destra per poi fermarsi nuovamente al centro, espediente tramite cui possiamo osservare la differenza tra il prima e il dopo.

Cosa non va, allora? Perché questo potrebbe essere uno dei film meno riusciti del regista indiano?

Nonostante il film, tra la resa scenica e l’interpretazione degli attori, riesca a sorprendere e angosciare con una base solida, il resto appare leggermente sbiadito: sono molti gli argomenti che non vengono approfonditi, soprattutto per quanto riguarda la crescita emotiva dei bambini, che percepiscono il cambiamento mentale in maniera molto più forte. Il mistero dell’isola, com’è giusto che sia, rimane tale, ma viene inserito fin dall’arrivo sulla spiaggia un elemento che ci fa arrivare a una soluzione che, per quanto non sia scontata, alla fine non ci sorprende davvero.

Ciò che fa storcere il naso non è tanto la scoperta del perché queste persone vengano mandate sulla spiaggia, quanto il finale stesso che tenta di chiudere in maniera troppo repentina la storia con una risoluzione forzata. Il problema potrebbe risiedere nelle due ore complessive del film: se fosse stato concepito con un minutaggio superiore, probabilmente Shyamalan avrebbe avuto più spazio per approfondire alcuni momenti, invece di lasciare lo spettatore con la sensazione che Old sia un’occasione sprecata per portare sul grande schermo una storia intrigante.

Siamo comunque di fronte a un classico e godibilissimo film di Shyamalan: strano, ambiguo, misterioso, grottesco quando serve, con un plot twist finale e una leggera componente infantile che si rifà più alle paure primordiali che all’infanzia nel senso stretto del termine, che ha da sempre contraddistinto i film di questo regista.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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