4 Aprile 2021

Il realismo storico di una fede: “The Passion” di Mel Gibson

di Antonio Messina
The Passion, regia di Mel Gibson (2004)

Negli anni, si è cercato di rappresentare nel modo più accurato possibile la complessa figura di Gesù, dal punto di vista storico quanto da quello spirituale; non essendo un’impresa facile per svariati motivi, Mel Gibson, con The Passion, decide di dedicarsi solo alle ultime dodici ore terrene del Messia.

La vicenda inizia nel Getsèmani, con Gesù (Jim Caviezel) intento a pregare. La scena viene interrotta dall’arrivo degli uomini di Caifa: con l’accusa di blasfemia e sedizione, il Messia viene portato al Sinedrio, per essere lì giudicato con quello che, agli occhi dei soldati romani e del governatore, appare un processo del tutto irregolare, oltre che insensato.

La mano di Mel Gibson è evidente fin dal principio. Non abbiamo una visione edulcorata della vicenda e il regista non vuole lasciare niente all’immaginazione. Egli ci mostra ogni frustata, ogni pugno, ogni sputo, ogni schiaffo, ogni chiodo e le conseguenze fisiche delle torture che vengono inflitte all’uomo Gesù. 

La sofferenza non deve solamente essere mostrata come una cifra della rappresentazione realistica della vicenda, ma deve far sì che nello spettatore scatti la sensazione di essere, se non complice di quanto sta accadendo, quanto meno partecipe. 

L’indifferenza è qualcosa che Gibson non ci concede, così come non se la possono concedere gli altri protagonisti che accompagnano Gesù, dalla madre a Giuda, fino a Ponzio Pilato. 

Quest’ultimo è nel film il personaggio cardine: consapevole di dover prendere una decisione che porterà danni irreparabili su diversi fronti, si fa involontariamente portavoce di un dubbio che assalirà piano piano tutti, dalle persone comuni ai soldati romani, fino agli stessi uomini che hanno decretato il fato di un uomo innocente. Siamo davvero capaci di riconoscere la verità anche quando ce l’abbiamo davanti?

The Passion, del quale è in lavorazione un sequel, è un film crudo, che non si confina nella semplicistica rappresentazione di quanto scritto nei Vangeli e che sfocia da subito nella rappresentazione storica. I personaggi si esprimono in aramaico e in latino. Gesù non compie miracoli (eccetto uno, piccolissimo) e i flashback che vengono utilizzati per spezzare la tensione ci mostrano un Messia umano e inoffensivo, a fronte della contraddittoria meschinità da cui è circondato.

Il cast è stellare, ma una nota di merito in particolare va alla presenza di Rosalinda Celentano nelle androgine vesti di Satana. Una figura che parla poco ma che, con la sua presenza e il suo sguardo, riesce a farci percepire la gravità e la grandezza della vicenda che ha cambiato le sorti dell’intera umanità, nel bene e nel male.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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