15 Ottobre 2023

La fisica dell’Apocalisse. “Oppenheimer” di Christopher Nolan

di Antonio Messina

Il mito narra che Prometeo donò il fuoco agli esseri umani andando contro il volere di  Zeus, il padre degli dei che aveva conquistato il trono uccidendo il genitore, Cronos. Un Prometeo che, per questo, venne punito per l’eternità, incatenato a una roccia, torturato da aquile che ogni giorno gli mangiavano il fegato e gli organi. Prometeo, che voleva solo donare la conoscenza agli esseri umani, venne messo alla gogna e deriso dalle altre divinità. Nessuno poteva aiutarlo, anzi: in molti si chiedevano perché egli non chiedesse perdono a Zeus per far terminare il suo tormento. Ma Prometeo non ritrattò mai le sue intenzioni, e la sua voce oggi è il frastuono del vento che annuncia il temporale. La tempesta delle tempeste: lui ha solo agito convinto di essere nella ragione, di fare del bene, e quale tuono è più potente di quello che ha il fragore della convinzione di essere nel giusto?

Prometeo, Christian Griepenkerl, 1878

Quello stesso frastuono, a distanza di millenni, Robert J. Oppenheimer se lo sarebbe ricordato per il resto della sua esistenza. Un forte boato crescente come un treno a vapore che comincia la sua corsa e va sempre più veloce, mentre esce dalla stazione. Lo stantuffare dei pistoni, le ruote che cigolano e i vagoni che tremano, e la sua potenza che diventa inarrestabile.

Il trapestio di centinaia di piedi che battono sul legno, come tuoni distanti che si avvicinano senza soluzione di continuità, fino ad arrivare nel mezzo del deserto per devastarlo. Poi il silenzio, improvviso. E poi la luce. Una luce bianca e rossa che illumina a giorno ogni cosa attorno a sé, polverizzando tutto ciò che si trova sulla sua strada, mentre percorre, anch’essa inarrestabile, la sua corsa da nord a sud, da est a ovest. E la sua onda d’urto è talmente potente da non lasciare il tempo nemmeno di realizzare quello che è appena accaduto. Ma cosa è accaduto, si chiede Robert? Fino a dove ci si è spinti, in nome di quello che molto spesso viene definito “bene superiore”? Fino a dove è possibile tracciare un limite e riconoscere la vera differenza tra il bene e il male?

Quando Robert J. Oppenheimer chiude gli occhi, non sono il buio e l’oblio del sonno a coglierlo, ma una sterminata sequenza di luci e stelle, come fuochi d’artificio che non finiscono mai, in una reazione a catena. Non se lo spiega, e quella visione lo tormenta a tratti facendolo completamente distaccare dalla realtà, come se la sua mente venisse trascinata inesorabilmente all’interno di un universo fatto di numeri e calcoli, di probabilità; di buchi neri, giganti rosse e soli che esplodono e liberano la propria energia distruttiva. Proprio come quel trapestio di tuoni, seguiti dalla luce e dal boato assordante. Una musica fatta di quanti e teorie alle quali nessuno si è anche solo azzardato ad avvicinarsi. Ma lui sì.

Lui, Oppenheimer, decide di accettare quella sfida: provare a generare un’esplosione tramite le teorie della fisica quantistica, renderla reale e non solo lasciarla lì, trascritta sulla lavagna di una piccola aula in cui insegna a fisici, matematici e studiosi le possibilità di questa scienza ancora inesplorata. Lo fa per il bene della scoperta, della conoscenza, non per altro, anche se sa benissimo dove una simile rivelazione può portare. Lo fa perché ha bisogno di risolvere quelle visioni che lo assalgono ogni volta che chiude gli occhi o che la sua mente si perde, mentre attorno a lui tutti parlano, calcolano e teorizzano. Lo fa, forse, per convincersi che potrebbe anche non essere necessario utilizzare quell’energia per vincere una guerra che si protrae da troppo tempo e che ha già fatto milioni di morti, tra i soldati, gli uomini, le donne e i bambini deportati nei campi di concentramento. Lo fa. E le sue mani, a un certo punto, sono macchiate di sangue al pari di quelle di un dittatore che millanta la purezza di un’intera razza, laddove le razze non sono mai esistite davvero. E se anche fosse, una “razza” ha meno diritto di un’altra di vivere?

Ma se poi Oppenheimer, per ripicca, deve pure essere messo sotto accusa o deriso dai politici di turno perché avviluppato da un enorme senso di colpa che lo fa passare quasi per un uomo che non ha a cuore la propria patria, allora egli non è meno di un Prometeo moderno. Con la differenza che il titano dona agli uomini uno strumento che possa impedire loro di provare timore nelle tenebre, mentre Oppenheimer crea una vera e propria arma di distruzione di massa, anche se il suo intento era quello di aiutare la razza umana a non avere più paura. Ma invece di illuminare, essa genera ancora più tenebre, perché più forte è la luce, più grande sarà l’ombra che da essa nasce.

Questo è ciò che gli viene detto chiaramente, con gesti inequivocabili e parole decise, dure il più delle volte, anche dalle due donne che fanno parte di quel periodo della sua vita. Entrambe due luci splendenti destinate, in maniera differente, a fargli riconsiderare le proprie azioni e a interrogarsi su quanto gli sia davvero costato accettare di rincorrere quella che ha sempre più le sembianze di una chimera. Alla fine, cosa rimane davvero della scienza in tutto ciò? Il Prometeo moderno ha davvero fatto pace con la sua mente e risolto le sue visioni quando le ha viste avverarsi sotto i suoi occhi, in un lontano luglio del 1945, per poi essere svelate  al mondo in maniera violentissima dopo solo un mese? Cosa avrebbe avuto da dire, in merito, una delle menti più brillanti della fisica, il dottor Einstein, con il quale egli si è ritrovato a confrontarsi in un momento in cui cominciavano a palesarsi gli scenari più apocalittici?

Robert J. Oppenheimer, a discapito di tutto quello che era stato fatto e che le sue mani erano state capaci di produrre durante la realizzazione del cosiddetto Progetto Manhattan, sarebbe comunque vissuto con ancora quel trapestio in mente, l’indicibile frastuono di una folla gioiosa per la vittoria. Una folla che non riusciva a vedere quale sarebbe stato il volto del futuro da quel momento in poi. E sarebbe comunque stato ricordato al pari di un profeta. E un profeta, anche se «divenuto Morte, distruttori di mondi», va seguito senza fare domande, perché si dà per scontato, riponendo in esso una fede totale e incondizionata, che egli sappia ciò che fa. Che egli sappia dove portare la sua parola, che sia all’interno di un partito politico o in una terra arida e brulla dove verrà testato il potere di una stella in miniatura.

Ancora una volta, Christopher Nolan riesce a portare in sala un film complesso e ricco di pathos, in un continuo crescendo che riesce a tenere lo spettatore incollato allo schermo per tutte le tre ore della sua durata. Oppenheimer, proprio come una musica degna del più grande compositore, parte con una breve introduzione per poi proseguire in un continuo crescendo fino alla grande esplosione di tutti gli strumenti, che, paradossalmente, non viene identificata con la sperimentazione finale e lo sgancio ufficiale dell’ordigno atomico. Il regista, piuttosto, tiene alta l’attenzione mescolando il presente e il passato, come ha già fatto in alcuni dei suoi film (Memento, Tenet per citarne alcuni), riempiendoli di discorsi, discussioni, litigi, battute costanti e importantissime, in cui si toccano argomenti che vanno dalla scienza alla politica, dalla fisica alla religione, alternati ai silenzi terrificanti, alle urla ansiose e ai rumori costanti che occupano la mente del protagonista.

Il biopic imbastito da Nolan è il testamento vivente di una delle scoperte più importanti dello scorso secolo e non si limita a parlarci di quel passato e di quel presente, ma azzarda, come fa Oppenheimer stesso, una sbirciatina oltre una porta che ancora non abbiamo varcato ma che ha tutto il sentore di una fine devastante e imminente. Una premonizione. Un’altra visione.

Certamente Nolan è limitato dal suo tempo storico e ha dovuto attingere alla biografia ufficiale del fisico protagonista del suo film, Oppenheimer. Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica, di Kai Bird, per la messa in scena della pellicola. Di conseguenza, la parte storica generale viene leggermente accantonata in favore di un focus proiettato tutto su un protagonista che, con molta probabilità, tenta di rispecchiare il vero scienziato se non nei dettagli della sua vita, quanto meno sugli aspetti politici e morali che tracciano il suo percorso verso la più grande scoperta del suo tempo. Nonostante ciò, Oppenheimer riesce a farci interrogare su quali siano stati effettivamente i ruoli degli eserciti e delle nazioni durante la Seconda guerra mondiale e a chiederci se ne sia davvero valsa la pena di arrivare a tanto, laddove la minaccia nazista era ormai lontana, per il solo piacere di dare una dimostrazione di forza senza precedenti.

Nolan non fa uscire lo spettatore intontito dalla sala, come era successo in altre occasioni. Accade, invece, che egli si ritrovi da solo con le immagini di quello che ha appena visto, dovendo farci i conti, scevro dal dubbio di non essere riuscito a capirlo, perché anche chi non ha familiarità con la politica o la fisica può riuscire ad afferrarne i concetti basilari e la trama, stavolta, è più lineare di quanto non sembri. L’intento di Nolan, quindi, non è più quello di farci scervellare: il regista vuole semplicemente fare in modo che rimanga il segno, che di quello che abbiamo appena visto ci rimanga per sempre una cicatrice, un ricordo impossibile da rimuovere.

Vuole far sì che quel trapestio rimanga impresso nella nostra mente, così come rimane indelebile nella mente di Oppenheimer.Come se noi fossimo pari a lui, investiti della stessa colpa, nella volontà di fare del bene.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

Leggi di più


Potrebbe interessarti: