8 Luglio 2023

La fine del DC Extended Universe. “The Flash”, regia di Andrés Muschietti

di Antonio Messina

Siamo alla fine: dopo dieci anni, con l’uscita in sala di The Flash, l’universo cinematografico messo in piedi dalla Warner Bros arriva al capolinea con un film che forse non era stato davvero pensato per sobbarcarsi una responsabilità così pesante. 

Ma andiamo con calma.

Era il 2013 quando in sala usciva Man of Steel, il nuovissimo reboot in live action del supereroe americano per eccellenza: Superman, a.k.a KalEl e, ancora, Clark Kent. Interpretato da Henry Cavill (Immortals, The Witcher), l’alieno provenuto da Krypton, pianeta sull’orlo del collasso, e mandato sulla Terra per guidare gli esseri umani, riscopre la propria identità provando a integrarsi alla civiltà terrestre e facendo uso delle proprie abilità, ma in incognito e senza l’iconico costume. Fino alla rivelazione finale e lo scontro con il generale Zod, anch’egli esule sopravvissuto alla distruzione di Krypton, intenzionato a cambiare fisicamente la Terra per creare un nuovo mondo. Con Man of Steel, Zack Snyder ci regalava un vero e proprio film d’autore adulto e maturo su Superman, laddove il protagonista si ritrova a fare i conti con la responsabilità di proteggere un mondo intero e, al contempo, la propria genesi e la pesante eredità lasciatagli dal padre biologico, Jor-El (Russel Crowe). Da qui, Warner Bros inizia a introdurre nuovi supereroi con i quali Superman entra in contatto: Batman (Ben Affleck), Wonder Woman (Gal Gadot), Aquaman (Jason Momoa), Cyborg (Ray Fisher), Martian Manhunter (Harry Lennix) e Flash (Ezra Miller), portandoli a fare fronte a minacce di diversa entità. Quello che tra tutti ha giocato un ruolo fondamentale, alla fine, paradossalmente, è stato Flash, che trova un suo spazio in un suo film assolo, appena uscito.

Barry Allen è un giovane chimico che, investito da un fulmine insieme a diverse sostanze presenti nel laboratorio, acquisisce la capacità di correre a una velocità sette volte maggiore della luce e di oltrepassare i muri (fasare). Il film diretto da Andrés Muschietti non ci presenta una storia di origini, ma ci porta avanti di qualche mese dopo la Zack Snyder’s Justice League, che vede per la prima volta i supereroi sopracitati unirsi per affrontare la minaccia di Steppenwolf, sulla falsariga del film corale sugli Avengers della Marvel. 

Divenuto membro effettivo della Justice League, Flash si ritrova ad affrontare crisi di emergenza meno gravi rispetto a quelle in cui si impegnano gli altri eroi, ritenendosi messo un po’ in panchina. Nel frattempo si avvicina il processo in cui il padre è accusato dell’omicidio della moglie, avvenuto quando lui era molto piccolo: nonostante egli sia innocente, le prove a disposizione non sono sufficienti a scagionarlo dalle accuse. L’unica soluzione per Barry/Flash, a questo punto, si rivela essere quella apparentemente più facile ma, ovviamente, non priva di grandi conseguenze: correggere il passato. Tentare non costa nulla, certo, alla fine l’eroe può sempre ritornare indietro e riportare tutto al suo posto. Flash, tuttavia, non fa i conti con un dettaglio molto importante: il tempo non è lineare. Quando ci si viaggia attraverso, infatti, non si percorre necessariamente una strada che vada da A a B. Anzi, il rischio di finire in un’altra dimensione o crearne una parallela, è altissimo.

Il film prosegue proprio attraverso le varie realtà, con il ritorno di vecchie conoscenze ripescate direttamente dai film più vecchi risalenti agli anni ’80, se non addirittura agli anni ’50. Grazie a questi viaggi tra le dimensioni, Flash fa la conoscenza di Kara, la cugina di Superman arrivata sulla Terra al posto di Kal-El. Intravista già nei trailer, si rivela essere sorprendentemente ben caratterizzata e incastonata all’interno del meccanismo non solo del film stesso, ma anche di tutto quello che è stato prodotto in precedenza. Andrés Muschietti ci riporta laddove tutto è iniziato, per poi chiudere definitivamente il cerchio con un finale che forse lascerà un po’ di amaro in bocca ai più.

Dal punto di vista della narrazione, The Flash funziona abbastanza bene: nonostante siano presenti un paio di buchi di trama qua e là, lo spettatore può godersi un film che non si perde troppo in spiegoni complicati o riempitivi. Perfino il concetto di multiverso viene illustrato in maniera semplice, e questo fa sì che lo spettatore riesca in qualche modo a prevedere ciò che succederà anche grazie a una regia intuitiva e facilmente leggibile. Quella di The Flash è una storia che riesce a collegare la gran parte delle produzioni cinematografiche e televisive dei vari supereroi, con degli easter eggs adesso meno intuibili, adesso palesi e chiari. Anche se si ride parecchio in sala, non mancano scene che fanno riflettere e tentano di porre i supereroi sul piano più umano, attraverso momenti particolarmente drammatici che riescono a strappare qualche considerazione sul contesto sociale. Da questo punto di vista, Kara incarna perfettamente – come il cugino – il dubbio amletico su quanto sia giusto intervenire a favore di una razza che forse non merita di essere salvata, affrontando poi a modo suo il mondo nel quale si ritrova letteralmente gettata. Certo, non siamo ai livelli altissimi di The Batman di Matt Reeves, ma a modo suo The Flash è una piccola vittoria in mezzo a molti flop precedenti.

È curioso come le scene in cui si vede il supereroe correre velocissimo durante l’azione vera e propria siano quasi delle parodie dello stesso personaggio, come accadeva anche in Justice League: sembra che la Warner Bros con il velocista abbia tentato di riproporre pedissequamente lo stesso tono che avevano le scene di Quicksilver nei vari film sugli X-Men. Questa scelta funziona perché le risate in sala non si contano, grazie anche alla goffaggine dello stesso Barry Allen, e quindi, con buona pace di tutti, la Warner Bros ha trovato la formula vincente per questa incarnazione di Flash, che ci mostra un supereroe nel quale possiamo in un modo o nell’altro rispecchiarci: si può viaggiare nel tempo anche se si è dei ragazzini impacciati tanto da risultare buffi. In questo modo la Warner Bros riesce a dare al film un tono più allegro rispetto a quello utilizzato nelle pellicole precedenti, ritenute spesso troppo seriose e cupe.

Su questo aspetto, il lato tecnico del film in alcuni momenti lascia sgomenti: se alcune scene sono rese in maniera realistica ー per quanto realistico sia mostrare un tizio che corre per la città lasciando una scia rossa o che si muove al rallentatore affinché lo spettatore possa vedere ciò che fa nel giro di pochi attimi ー, altre, soprattutto durante lo scontro finale, sembrano uscite fuori da un video con gli effetti speciali di un gioco per PlayStation 2. Ancora una volta, la Warner Bros usa il budget che ha a disposizione solo per la cura di determinate scene, impiegandoli quasi completamente in quell’unico momento di azione vera, senza però tenere conto che, nel resto della pellicola, non mancano scene che meriterebbero lo stesso trattamento. Non si tratta, come accadde con la trilogia di Nolan su Batman, di una scelta voluta o contestualizzata al tono stesso dei film e al personaggio che non possiede poteri e quindi non necessita di grandi rielaborazioni in CGI. Per capirci, i Batman di Nolan erano realistici perché gli ambienti e la città erano stati perfettamente ricostruiti e i limiti del costume rendevano la storia più drammatica: per quanto Bruce Wayne/Batman potesse essere addestrato a combattere e aver fatto pratica con la tuta alare, restava comunque un uomo privo di superpoteri, vulnerabile. Tutto l’opposto di un Flash o un Superman virtualmente immortali o invincibili.

Tuttavia, come accennavamo sopra, con The Flash il DC Extented Universe si chiude ufficialmente, per lasciare spazio al nuovo universo narrativo sul quale da tempo sta già lavorando James Gunn. Dimentichiamoci, quindi, tutti i piani futuri e la possibilità che i film successivi siano collegati a quelli usciti fino a ora, perché l’intento di Gunn è proprio quello di rinnovare del tutto le dinamiche cinematografiche dei supereroi DC. Non sappiamo quasi nulla di quelle che sono le intenzioni del regista, se alcuni attori continueranno a rivestire gli stessi ruoli o se verranno completamente sostituiti, quali saranno le trame che verranno adattate dai fumetti e dove andrà a parare il tutto.

Tralasciando le vicende giudiziarie che hanno visto il protagonista, Ezra Miller, colpevole di innumerevoli aggressioni che avrebbero dovuto impedire l’uscita stessa del film, il risultato finale di The Flash, tirando le somme, è più che positivo. Bisogna comunque considerare che, pur bastando solamente tre film per capire la storia narrata in The Flash, esso non chiude e non raggiunge il futuro pronosticato con la fine di Justice League, lasciando allo spettatore il dubbio più grande: dove collocare esattamente le avventure di Flash, a questo punto della storia? Gunn, grazie al multiverso, deciderà un giorno di chiudere un ulteriore cerchio, oppure sceglierà di mettere in piedi un nuovo universo condiviso senza tenere conto della grande possibilità che ha di riconquistare il pubblico per tornare laddove Zack Snyder avrebbe dovuto?

Restiamo in attesa dell’uscita del primo progetto di Gunn, Blue Beetle e di Aquaman 2. Forse, da queste uscite in poi, riusciremo a vedere più chiaramente oltre la foschia che ha inevitabilmente coperto il futuro dei supereroi DC.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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