6 Dicembre 2021

Domine, quo vadis? “Quo vadis” di Henryk Sienkiewicz

di Giada Di Pino

È il I secolo dopo Cristo e l’Impero Romano è sotto l’egida di Nerone, quello che la tradizione storica ricorda come il più dissoluto, dissennato, egocentrico e violento imperatore di Roma, colui che non disdegnò di uccidere il fratello, la madre e infine la moglie pur di detenere il potere e che costrinse i suoi oppositori al suicidio. La storia ricorda tra loro anche molte illustri personalità letterarie, e tra i nomi più famosi spiccano Seneca, Lucano e Petronio Arbitro. Proprio quest’ultimo è il protagonista del romanzo di Sienkiewicz ed è per mezzo dei suoi occhi che la vicenda è narrata.

Petronio Arbitro, magister elegantiae, è tra gli uomini dell’antichità più eccentrici e che più colpiscono l’immaginazione, e non solo per l’opera a lui attribuita, il Satyricon, un “romanzo” parodico in prosa e in versi di cui ci sono pervenuti solo frammenti, ma anche per la sua stessa immagine. Tacito, nei suoi Annales, lo ricorda come un «uomo di lusso e raffinato», le cui parole e le cui azioni «quanto più erano libere da convenzioni e ostentavano una certa sprezzatura, tanto maggior simpatia acquistavano con la loro parvenza di semplicità». 

Ed ecco il ritratto che ne fa Sienkiewicz nel suo romanzo: Petronio è un uomo incredibilmente eccentrico e manipolatore, che ama il lusso sfrenato e l’eleganza, che disprezza la filosofia, il potere e ogni forma di guadagno che spinga a occuparsi di qualcosa; è ironico, calcolatore, un’intelligenza fuori dal comune, apparentemente cinico, ma nasconde sensibilità e generosità d’animo fuori dal comune. 

Nonostante tutto, Petronio si ritrova coinvolto nella storia d’amore, fulcro della vicenda, tra suo nipote, il generale Vinicio, e Licia, la bellissima principessa cristiana portata a Roma come schiava. Tra impedimenti, ritrovamenti, colpi di scena, conversioni, apparizioni di personaggi storici quali san Paolo e san Pietro, si svolge la storia d’amore impossibile tra un pagano e una cristiana, proprio quando il cristianesimo e la buona novella di Cristo iniziano a diffondersi nell’Impero e vengono attuate le prime persecuzioni.

Una Dirce cristiana, Henryk Siemiradzki

Quo vadis, che valse al suo autore il premio Nobel per la letteratura nel 1915, è stato da alcuni criticato per la “fantasiosità” della narrazione storica. Si tratta, tuttavia, di un romanzo, ed è giusto che la narrazione segua la fantasia del suo autore anche quando prende le mosse da fatti storici. 

È un libro da leggere e da scoprire, da apprezzare proprio per la rielaborazione dei personaggi e dei fatti dell’antichità che tutti conosciamo e che Sienkiewicz ci pone davanti e ci descrive come se fossero reali, presenti accanto a noi

La persecuzione dei cristiani a Roma a causa di Nerone, T. Dewitt Talmage

I personaggi tridimensionali e a tutto tondo hanno una accurata descrizione psicologica che li mostra in tutte le loro sfaccettature, con l’eccezione di Licia, che rappresenta il classico ideale della donna angelicata di stampo dantesco e che, come Beatrice, ha la funzione di condurre l’uomo che la ama, e le figure che ruotano attorno a lei, alla luce della fede e alla conoscenza di Cristo

Un Cristo che domina tutto l’arco narrativo, che sta dietro le quinte e che pure è presente sempre, che agisce attraverso i personaggi e nonostante loro e che, infine, li guida nel loro cammino, che non sempre è un cammino di salvezza e di gioia, ma è più spesso un cammino di sofferenza, una sofferenza in cui Egli, però, li precede e ci precede

E non resta altro che dire, come Pietro, prima di seguire le sue impronte, «Domine, quo vadis?».

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Giada Di Pino

Ha lavorato presso la Leonida Edizioni, ha frequentato il Master in Editoria della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori e ha svolto uno stage presso Il Saggiatore. Oggi lavora come editor freelance e come insegnante. 

Leggi di più 


Potrebbe interessarti: