5 Settembre 2021

Un freddo ritorno. “Space Jam: New Legends”, regia di Malcolm D. Lee

di Antonio Messina

In questi anni stiamo assistendo a un fenomeno molto singolare, che tocca principalmente i nati negli anni ’90: la rielaborazione o la riproposta di vecchi film in chiave moderna, nel tentativo di mantenere in vita determinati franchise. A riguardo, la Disney si sta dimostrando una grande maestra, proponendo film in live action di famosi cartoni animati, utilizzando l’effetto nostalgia come leva sui trentenni. La Warner Bros ci prova pure e, invece di rielaborare vecchi prodotti, ci propone il sequel di un capolavoro che mescolava animazione e realtà: Space Jam del 1996.

Nel nostro presente, LeBron James è il campione internazionale del basket e ne domina la scena senza avere rivali. Per il figlio, grande appassionato di videogiochi, sogna un futuro roseo e pieno di successo e per questo tenta in tutti i modi di allenarlo per diventare a sua volta un grande cestista, senza riuscire a comprendere il potenziale reale del ragazzo, che ha creato da zero un videogioco. Durante una riunione negli studi della Warner Bros, i due vengono risucchiati nel “Server-Verse”, governato da un’intelligenza artificiale dalle intenzioni poco amichevoli, Al-G Rhythm (Don Cheadle). Per uscire da questo luogo, il villain propone a LeBron James di giocare una partita di basket. Qui entrano in scena i Looney Tunes, proprio come accadeva nel primo film: Bugs Bunny tenterà di recuperare i vecchi componenti della squadra, per risollevare le sorti della sfida e salvare il loro mondo, insieme al figlio del protagonista.

Questo nuovo Space Jam ci propone un viaggio nei mondi della Warner Bros, ricordandoci come la compagnia, nel tempo, sia stata capace di dare forma e vita a grandi eroi e grandi storie che, ancora oggi, hanno forte impatto nel mondo del cinema. 

Sembra quasi volerci dire: «Guardate come siamo stati bravi a fare tutto il resto e come sappiamo lavorare bene, nonostante tutto!» 

L’autocelebrazione della WB, oltre a essere fuori luogo, risulta troppo ridondante e non bastano i colori sgargianti o la nuova veste grafica a rendere davvero godibile il film per il target a cui si rivolge. 

I personaggi di cui gli studios si vantano non vengono utilizzati come ci si aspetterebbe; non volevamo certo che Harry Potter, Superman o King Kong giocassero la partita (al contrario del protagonista), ma ci saremmo aspettati che avessero un ruolo più evidente invece di fare la parte del pubblico sullo sfondo e basta.

LeBron James è molto meno carismatico del Michael Jordan del primo film, mentre Don Cheadle interpreta un personaggio che sembra strizzare l’occhio al Tony Stark della Marvel, come se la WB avesse deciso di rendere giustizia a un personaggio secondario – ma Don Cheadle, nei panni di War Machine, sarà protagonista anche di una serie tv interamente dedicata al personaggio, Armor Wars, prodotta per Disney+ -, facendogli vestire i panni del cattivo.

Il film, quindi, funziona per chi oggi ha trent’anni? 

Può divertire, sì, ma sicuramente avrà una presa maggiore sui più giovani, grazie agli effetti speciali e a una storia che a loro potrà sembrare originale, forte della presenza di tutti gli altri personaggi. Oltretutto, l’effetto nostalgia non viene alimentato a dovere anche a causa di una brusca virata dal sapore troppo politically correct in cui gli studios inciampano malamente, tradendosi: dopo aver desessualizzato Lola Bunny, e aver eliminato dalla scena la puzzola Pepé Le Pew in quanto “rappresentante” della cultura dello stupro, ecco che tra il pubblico ritroviamo il Drugo e i suoi compari (Arancia Meccanica, 1971, S. Kubrick), che sappiamo non essere proprio dei santi.

Possibile che la Warner Bros abbia commesso l’errore di seguire una “moda” per non subire eventuali danni d’immagine, per poi tradirsi banalmente con la presenza di personaggi così violenti, dimostrando di non avere un reale interesse nel cambiare le cose e rimediare agli “errori” del passato?

Il film è già uscito in tutte le sale italiane nel 23 settembre 2021.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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