Reality, opera prima di Tina Satter e con protagonista Sydney Sweeney, è uno degli ultimi thriller drammatici lanciati da HBO MAX. Un film basato su una storia vera, che tramite l’impiego di risorse minime, ma intuitive, riesce a portare a casa un discreto risultato.
Una storia vera
Una delle tematiche rese più celebri dal cinema internazionale è proprio quella relativa allo spionaggio. Che sia da un punto di vista militare, politico o criminale, rappresenta comunque uno dei temi più accattivanti che si possano mettere su pellicola, soprattutto quando si tratta di storie vere. Esattamente come quella che ha coinvolto l’ex dipendente dell’aeronautica militare e traduttrice di documenti presso l’NSA, Reality Leigh Winner. La donna, esattamente il 3 Giugno del 2017, fu accolta davanti casa sua da un paio di agenti dell’FBI (R. Wallace Taylor e Justin C. Garrick) che le presentarono un mandato di perquisizione e la interrogarono all’interno di una stanza vuota della sua abitazione. L’accusa era quella di aver diffuso materiale top secret riguardante una possibile intromissione russa nelle elezioni del 2016, vinte dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump (la famosa inchiesta Russiagate). Dopo circa due ore di interrogatorio, l’ex militare crollò di fronte alle domande sempre più stringenti degli agenti, confessando di aver trafugato una copia di questo rapporto top secret per poi spedirlo al giornale online The Intercept che, alla stregua degli archivi di WikiLeaks, si occupa di rendere pubblico materiale governativo riservato. Nell’agosto del 2018 Reality Winner è stata condannata a cinque anni e tre mesi di reclusione in seguito a un patteggiamento e si trova tutt’oggi detenuta in un carcere del Texas.
Tina Satter, dal teatro al cinema
Le registrazioni dell’interrogatorio effettuato dall’FBI fecero da spunto a Tina Satter per la realizzazione di uno spettacolo teatrale intitolato Is This a Room (frase pronunciata da uno degli agenti). Per il ruolo di Reality fu scelta l’attrice Emily Davis e lo spettacolo ebbe la sua prima a Broadway nel 2021. La Winner non prese parte alla produzione, ma si tenne strettamente in contatto con il team creativo dell’opera teatrale. Nel 2022 la stessa Satter ha annunciato che lo spettacolo sarebbe diventato un film con protagonista Sydney Sweeney, nei panni di Reality Winner, e con Marchánt Davis e Josh Hamilton a interpretare i due detective. Il lungometraggio è stato presentato al Festival del Cinema di Berlino, riscuotendo un discreto successo di critica.
Il punto di forza del film, che vede Tina Satter al suo debutto assoluto come regista cinematografica, sta soprattutto nello sfruttare le registrazioni effettuate non solo durante l’interrogatorio, ma fin dal momento in cui l’FBI si fa trovare presso l’abitazione della donna. Questo contribuisce senza dubbio a creare un prodotto estremamente realistico, se consideriamo anche l’apporto di materiale social che l’ex militare ha pubblicato prima del suo arresto. Un film che cerca di sfruttare al meglio la recitazione ansiosa di Sweeney, in un crescendo di angoscia e suspence travolgenti in grado di rimanere immutate per tutta la durata del film. Il lavoro di Satter, infatti, ha come obiettivo la creazione di un prodotto estremamente compatto, in cui non esistono abbassamenti di tensione. Come a voler creare una immedesimazione dello spettatore con la condizione emotiva della protagonista.
Probabilmente, il fatto che la vicenda sia concentrata quasi esclusivamente all’interno di quattro mura non concede la possibilità di sviluppare una regia che riesca a imprimere maggiore forza agli eventi, e proprio per questo motivo Reality può essere considerato uno di quei lavori che riescono a ottenere il miglior risultato impiegando il minimo sforzo. A fine corsa, però, Satter riesce a mantenere le mani ben salde sul suo prodotto, sfruttando la forza patemica in maniera strategica e riuscendo comunque a confezionare un lavoro ampiamente discreto e godibile dall’inizio alla fine.
Una protagonista azzeccata
Dalla prestigiosa apparizione in C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino all’esplosione nella serie HBO Euphoria, Sydney Sweeney ha fatto passi da gigante non solo nell’apprezzamento da parte del grande pubblico, soprattutto giovanile, ma anche nello stile e nella padronanza espressiva della recitazione. L’interpretazione nervosa e inquieta che mette in scena in Reality riesce in maniera convincente a creare un’empatia immediata del pubblico con la sua condizione. Minuto dopo minuto, lo spettatore – sia che conosca la reale storia dell’ex militare sia che non la conosca – si rende conto che la protagonista ha dei segreti celati, ma sa allo stesso tempo che questo aspetto dovrà venire fuori gradualmente, espressione dopo espressione. E Sydney riesce proprio in questo intento. Per mezzo di una forte padronanza tecnica, riesce a dare alla sua interpretazione dei toni sempre più angoscianti, nervosi, facendo così cadere quella maschera di innocenza e disorientamento che ha mantenuto almeno fino all’interrogatorio. A rafforzare ulteriormente questa interpretazione di Sweeney c’è sicuramente l’aspetto preparativo alla performance, elemento imprescindibile soprattutto nei film in cui si deve interpretare un personaggio realmente esistito. Il lavoro dell’attrice statunitense si è basato in primo luogo su una serie di videochiamate Zoom con la reale Winner che, raccontando la propria storia, è riuscita a fornire un feedback molto importante sulle sue peculiarità prossemiche e cinesiche, elemento divenuto prezioso a Sydney per adattare al meglio queste caratteristiche al suo modo di recitare. Altro punto da tenere in considerazione riguarda proprio le attività che svolgeva l’ex militare. Infatti, all’interno del film vengono mostrati diversi post Instagram in cui è alle prese con vari esercizi come istruttrice di yoga e di CrossFit, cosa che ha portato la Sweeney a voler aumentare la propria massa muscolare per assomigliare il più possibile alla donna che stava interpretando. Tutti elementi che stanno a certificare la crescita esponenziale che continua ad avere questa attrice e quanto effettivamente questa prova sia stata ampiamente superata.
In conclusione, il lungometraggio di Tina Satter si rivela un lavoro compatto, ben costruito e che non va mai a strafare nella forma. Si attiene esclusivamente alla vicenda reale, raccontando una storia trasparente, che descrive bene i fatti e conferisce allo spettatore quel trasporto emotivo tipico di un buon thriller drammatico.
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Il nostro giudizio
Antonio Crispi
Nasce a Biancavilla il 26 Novembre del 1998. Nel 2016 si diploma all’Istituto Tecnico Pietro Branchina di Adrano, per poi intraprendere un percorso di studi orientato verso le Scienze Umanistiche.
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