5 Agosto 2023

Di pugnali e principesse. “Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo”, regia di Mike Newell

di Antonio Messina

Chissà cosa aveva in mente Jordan Mechner quando aveva ideato uno dei progetti videoludici più importanti della storia dei videogiochi, Prince of Persia. Forse una mattina si era alzato ponendosi una semplice domanda: come si potrebbe controllare il tempo? Quale artefatto mistico potrebbe includere un potere tanto grande quanto pericoloso? Doveva essere, per forza di cose, un oggetto all’apparenza innocuo ma tremendamente prezioso.

La nostra storia è ambientata nella Persia medievale e comincia con un re, Sharaman, che decide di adottare un piccolo orfano di strada dopo averlo visto agire con coraggio contro le guardie della sua scorta: il piccolo Dastan, insieme ai fratelli Tus e Garsiv, diventa a tutti gli effetti un principe di Persia. Gli anni passano, Dastan (Jake Gyllenhaal) mantiene il suo coraggio e le sue doti combattive si rivelano preziosissime durante l’assedio della città sacra di Alamut, che pare abbia messo in piedi un commercio di armi con i nemici dell’impero. A proteggere Alamut vi è la principessa Tamina (Gemma Arterton), che ha il compito di tenere al sicuro la città e non solo. L’assedio va a buon fine, il principe Tus decide di sposare la principessa per stringere un’alleanza tra i due popoli ma, una volta raggiunti dal re Sharaman, egli deve fare ammenda: non ci sono le prove che vi siano commerci di armi. Le fucine della città, infatti, pare non esistano, così Tus decide di indagare a fondo per dimostrare che l’attacco a una città santa è più che giustificato. Durante le celebrazioni della vittoria, tuttavia, il re viene avvelenato e Dastan finisce per essere considerato il colpevole. Egli non ha altra scelta se non quella di fuggire, seguito dalla principessa Tamina, che ha tutte le intenzioni di recuperare un oggetto di cui il principe si è impossessato durante l’assedio: un pugnale. Un pugnale che, non molto tardi, si rivelerà essere un artefatto magico capace di riavvolgere il tempo. Il resto è tutto da scoprire.

Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo è l’adattamento cinematografico del primo omonimo capitolo videoludico di una trilogia che ha cambiato il modo di concepire i videogiochi d’avventura platform. La storia degli adattamenti cinematografici di opere videoludiche, purtroppo, è disseminata da film catastrofici che non hanno quasi mai saputo rendere giustizia all’opera originale: se pensiamo a tutti gli adattamenti del regista Uwe Boll (da BloodRayne a Far Cry), c’è solo da stendere un gigantesco velo pietoso fatto di vergogna e rimorsi. Quelli che non sono stati toccati dalla mano maledetta del regista tedesco (da Doom all’ultimo Tomb Raider) in linea di massima si sono rivelati degli esperimenti discreti che hanno saputo, in parte, mantenere lo spirito del videogioco da cui sono stati tratti, fino ad arrivare a film già più fedeli come Sonic o The Super Mario Bros. Quest’ultimo, poi, una vera chicca per i fan e una goduria per gli occhi perché dimostra che per portare in sala un prodotto più che ottimo basterebbe davvero poco, come mantenere uno stile grafico specifico o semplicemente, appunto, lo spirito del videogioco.

Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo, lo diciamo subito, non è fedele alla sua controparte videoludica. La storia rimane più o meno la stessa, con i suoi pilastri fondamentali a sorreggerla: il Pugnale del Tempo, l’assedio alla città, la principessa caparbia che ha perso tutto e la morte stessa del re Sharaman. Ma questo tanto ci basta perché il resto funzioni. L’ambientazione è la vera differenza, al di là di un altro paio di dettagli che per forza di cose devono differire dall’opera originale. Mentre nel videogioco il principe – senza un nome – si muove all’interno delle mura dell’enorme palazzo andato in rovina dopo la liberazione delle Sabbie del Tempo, e affronta continuamente soldati trasformati in mostri di sabbia, nel film percorre insieme a Tamina diversi luoghi. Abbandonate le atmosfere da mille e una notte che contraddistinguevano il primo videogioco, nonostante le musiche ne richiamino ambienti e colori, i due protagonisti sono in fuga ora nel deserto, ora nelle valli innevate dell’Hindu Kush, ora braccati da uno sceicco che non vuole pagare le tasse, ora attaccati dalla setta segreta degli Hashashin. Il tutto, fino all’arrivo al sacro tempio in cui il Pugnale va portato e, quindi, protetto da chi può farne un uso sbagliato. Ovvio che qui il principe debba scegliere se lasciare tutto com’è o impedire al reale assassino di suo padre di aprire la Clessidra delle Sabbie del Tempo e scatenare la furia degli dèi.

La scelta di Jake Gyllenhaal come interprete del principe si è rivelata una mossa vincente in quanto l’attore riesce a calarsi nei panni dell’acrobatico protagonista con tutti i limiti del caso: è chiaro che «il terzo passo è sempre quello più difficile», per camminare sui muri. Ciò non gli impedisce di gettarsi a capofitto nelle scene in cui viene impiegato, invece, il parkour, rendendo più realistiche determinate azioni che nel videogioco, invece, sembrano spesso sfidare le leggi della gravità e metterebbero a dura prova il fisico di chiunque. L’aspetto estetico dell’attore richiama fortemente quello del principe nel secondo capitolo della trilogia, Spirito Guerriero, e anche qui i fan riusciranno ad accettare di buon grado il riferimento: l’armatura iconica, i capelli lunghi, l’aspetto un po’ da rockettaro e l’animo ribelle – uno spirito guerriero, di fatto – riescono a rendere giustizia alla controparte videoludica. La vera chicca? Indubbiamente gli effetti del Pugnale sulla pelle del principe ogni volta che lo usa: il brillare del braccio, così come la formazione di ghirigori attorno all’arto, ricordano parecchio quello che accadeva nel terzo capitolo, I Due Troni, quando il principe doveva affrontare la sua controparte malvagia venuta a galla a causa della corruzione delle Sabbie con cui era stato a contatto per tutto quel tempo.

La principessa Tamina, dal canto suo, ha tutte le caratteristiche della principessa Farah – questo il nome nei videogiochi –: combattiva, audace, furba e testarda. Come nel videogioco, anche nel film i due si daranno del filo da torcere l’un l’altro: mentre lei tenta in tutti i modi di ingannare il principe per rubargli il pugnale e portarlo al sicuro, lui tenta di non lasciarsi intimorire dalla presuntuosità di una ragazza cresciuta dentro le mura di un palazzo e, per questo, viziata e poco avvezza al mondo esterno. I due si scherniscono di continuo con battute di ogni genere, si prendono in giro, si insultano e si tradiscono a vicenda. Ma man mano che l’avventura li costringe a passare del tempo insieme, ecco che entrambi si rivelano nelle loro debolezze fino a instaurare un rapporto di profondo rispetto e fiducia reciproca. Nessuno dei due può davvero cavarsela senza l’altro e il tempo, letteralmente, gliene darà dimostrazione. Certo, è chiaro fin dal loro primo incontro che tra i due nascerà qualcosa ma, così come nel videogioco, è il finale a cambiare le carte in tavola, seminando il sospetto e il dubbio che forse le cose avrebbero potuto prendere una piega differente. C’è da dire che durante le sue avventure il Principe della saga videoludica è sempre stato accompagnato da avvenenti e al contempo infide figure femminili: se la principessa Farah del primo capitolo è l’aiutante perfetta, che gli permette di oltrepassare zone inaccessibili del palazzo, nel secondo capitolo, ambientato sette anni dopo, sarà l’Imperatrice Kaileena, guardiana dell’Isola del Tempo, a dare del filo da torcere al protagonista. Ma quale che sia il ruolo di queste donne, aiutanti o nemiche, il principe finisce sempre per avere la meglio su di loro e fare breccia dentro i loro cuori, rivelando alle stesse sentimenti che temevano di far uscire allo scoperto per mancanza di fiducia o per una concezione del mondo esterno distorta che le ha, per forza di cose, rese dure di carattere. A volte inavvicinabili. La principessa Tamina non è infida come non lo è Farah, ma non è inavvicinabile, però, come lo è Kaileena. Se proprio vogliamo dirla tutta, forse la figura che rispecchia di più il suo ruolo è quella della stessa Farah che farà ritorno nel terzo capitolo.

Come dicevamo prima, il film abbandona le atmosfere magiche, e questo è dovuto anche alla scelta di mescolare diversi elementi della trilogia in un unico film: l’aspetto del principe, il carattere della principessa, il modo di combattere, gli ambienti adesso desertici, adesso bellissimi e ricchi di strutture magnifiche e labirintiche. Sarebbe bellissimo riuscire ad accettare tutte queste cose se non si considera, però, che oltre a questo film, non sono stati più prodotti dei sequel: sembra quasi che il voler mescolare gli elementi della trilogia in un unico film fosse un segnale chiaro che non ci sarebbero stati ulteriori adattamenti. In effetti la storia, alla fine, si conclude – proprio come quella del videogioco – senza lasciare il sospetto che potrebbe esserci un’ulteriore minaccia in agguato, ben più grande e malefica di quella di un semplice traditore.

Tirando le somme, Prince of Persia: Le Sabbie del tempo è un film che nelle sue due ore circa riesce a intrattenere gli spettatori con una storia semplice ma tutto sommato avvincente, mescolando il tono dei tre videogiochi da cui prende spunto, e con attori di spicco che riescono a interpretare coerentemente il ruolo in cui sono calati. Se siete dei fan della saga videoludica, tuttavia, probabilmente vi ritroverete a doverlo riconsiderare per apprezzarlo davvero: è probabile che ci vorranno più di due visioni per riuscire a convincervi che di più non si poteva fare. O che forse, proprio come sta accadendo adesso alla saga videoludica che sembra essersi arenata da oltre dieci anni a questa parte, non ci siano mai state davvero le intenzioni di andare oltre.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

Leggi di più


Potrebbe interessarti: