23 Febbraio 2022

Dietro l’armadio e dietro le pagine. “Le cronache di Narnia” di C. S. Lewis

di Giada Di Pino

Il genere fantasy nasce, come tutti sanno, con Tolkien e Il signore degli anelli. Ad esso segue, tuttavia, un altro capostipite del genere, un altro grande classico della letteratura fantastica e della letteratura per ragazzi del Novecento: Le cronache di Narnia

Il mondo inventato da Clive Staples Lewis si dispiega in ben sette libri. Ne Il nipote del mago vediamo proprio la nascita del magico universo di Narnia, una terra popolata da ogni sorta di creatura magica, dai fauni ai centauri, alle sirene, e poi nani e unicorni e grifoni e animali parlanti di ogni tipo. 

Il più famoso dei sette libri è certamente il secondo, dal titolo Il leone, la strega e l’armadio, da cui è stato tratto l’omonimo film, uscito nelle sale cinematografiche nel 2005. 

Qui entrano nel magico mondo di Narnia gli umani, i quattro ragazzi protagonisti della storia che mettono fine al regno di ghiaccio e di morte della Strega bianca ed edificano un nuovo regno di pace e di prosperità. Dopo Il cavallo e il ragazzo, una storia di avventura e amicizia che si dipana in un lungo viaggio attraverso le terre tutte di Narnia, segue Il principe Caspian, e anche questo romanzo ha dato vita a un film (2008): un nuovo grande e potente regno viene instaurato a Narnia sotto l’egida del giovane e coraggioso principe Caspian, aiutato dall’inaspettato ritorno dei grandi re del passato, Peter, Susan, Edmund e Lucy, i protagonisti del secondo volume della saga. 

E ancora il principe Caspian sarà il protagonista del quinto romanzo, Il viaggio del veliero (l’ultimo da cui è stato tratto un film, nel 2010), che percorrerà stavolta non le terre, ma i mari di Narnia per giungere, insieme a un gruppo di compagni e avventurieri, fino alla Fine del Mondo

Ancora storie di guerre e di domini troviamo, infine, in La sedia d’argento e L’ultima battaglia, dove il mondo che abbiamo visto nascere giunge alla sua conclusione.

Rispetto al Signore degli anelli, Le cronache di Narnia è chiaramente un libro che si rivolge ai ragazzi, alle giovani generazioni. Ce lo dimostra non soltanto il mondo fantastico, ricolmo di ogni creatura magica immaginabile e tratteggiato di colori caldi e paesaggi splendenti, ma anche la scrittura semplice, piana, che evita i monologhi e le lunghe descrizioni, il lessico non troppo elevato e la prevalenza di frasi coordinate, nonché la stessa divisione in più brevi libri, a loro volta suddivisi in brevi capitoli. 

Tuttavia, non mancano le metafore e le allegorie, che saltano agli occhi di un qualsiasi adulto che si approccia alla lettura del capolavoro di Lewis. La tematica della lotta tra il bene e il male è palpabile ed è certo l’elemento principale della narrazione, così come il messaggio che il romanzo lancia: il futuro dell’umanità è nelle mani dei ragazzi, delle giovani generazioni, e spetta a loro creare un nuovo mondo sulle macerie del vecchio, ricostruire la pace e la gioia del vivere dopo gli anni di tirannia e di sopraffazione, lottare per la libertà e la vita, preservare la diversità. 

Se ci soffermiamo un momento, possiamo in effetti ricostruire un parallelismo con la storia del Novecento: Le cronache di Narnia vide la sua prima pubblicazione tra il 1950 e il 1956, e fu scritto nella decina d’anni immediatamente precedenti, ovvero in pieno clima nazista/fascista, nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale

Il leone, la strega e l’armadio, in particolare, è quello che mostra più chiaramente i segni del suo tempo, ed è anche il primo dei sette volumi a vedere la pubblicazione, a opera dell’editore inglese Macmillan: nel clima di terrore del Regno di ghiaccio instaurato dalla strega persino gli alberi sussurrano, riferiscono chi sono i traditori e dove trovarli, e una polizia segreta fatta di soli lupi cattura gli oppositori e li porta nel palazzo di ghiaccio, dove vengono trasformati in statue senza vita, mentre un’armata si prepara a combattere per la libertà guidata dal grande leone Aslan, la stessa armata che verrà condotta poi in battaglia dai quattro fratelli futuri eredi al trono di Narnia, che dal mondo storico e dalla guerra vera stanno proprio scappando. 

C’è un altro parallelismo, tuttavia, ben più forte e che attraversa l’intera saga, il cui perno è proprio Aslan, il leone che è meta e principio di ognuno dei sette romanzi. Il mondo di Narnia nasce, infatti, da un ruggito del leone Aslan. Inoltre, ogni abitante del regno lo teme e lo attende, sempre. Solo di Aslan ha paura la Strega bianca e solo da lui potrà infine trovare la morte. Aslan è principio di vita, dunque, e come ha creato Narnia con un ruggito, restituisce con il suo alito il respiro alle statue congelate del palazzo di ghiaccio. E Caspian, che viaggia verso i confini del mondo, viaggia, in realtà, verso le terre di Aslan: è lui che cerca, è lui che spera di trovare. Aslan appare e scompare, è guida e meta, indirizza, consiglia e sostiene i giovani regnanti di Narnia, manda i suoi messaggeri e i suoi guerrieri e, quando le situazioni diventano troppo difficili e il male dilaga, scende lui stesso in campo per combattere al fianco dei suoi eletti. Aslan è, dunque, metafora di Dio

Sono tre, in particolare, le scene che ci svelano la vera natura del grande leone: la prima è la creazione, di cui sopra. La terza, che anticiperemo alla seconda, è la conclusione, la fine del mondo di Narnia, in cui ogni abitante, ogni personaggio che abbiamo incontrato lungo questi sette libri, si ritrova in una nuova terra, dove la vita è senza tempo e in cui il cielo è un arcobaleno senza fine: qui è la vera casa di Aslan, il vero mondo in cui egli vive. La seconda, infine, è una scena iconica, emblematica, che vediamo svolgersi nel libro di cui abbiamo qui più parlato, Il leone, la strega e l’armadio: la Strega bianca esige il giovane Edmund, colpevole di aver tradito, di aver venduto i suoi fratelli per dei dolcetti (come non pensare al piatto di lenticchie di Giuda?) e il leone, innocente e divino, sceglie di sacrificarsi al suo posto

Aslan viene deriso e umiliato dalle creature della notte mentre sale su un ripido monte, dove infine viene immolato su un altare di pietra, assassinato dalla Strega. Ma al sorgere del sole, il sangue innocente versato per salvare il traditore, il peccatore, distrugge lo stesso altare della morte e Aslan risorge. Risorge come Gesù Cristo, che ha vinto la morte con l’innocenza del suo sangue. Perché, in fondo, ognuno di noi, quando si immola da innocente, quando soffre e patisce per la giustizia, per la fedeltà, per l’amore, non muore davvero, e la sua vita rinasce, risorge, attinge nuova linfa e un nuovo giorno sorge per lui, più splendente di quello di prima.


Ecco, dunque, cosa si cela dietro Le cronache di Narnia, cosa si cela dietro un fantasy, un romanzo che si leggerebbe un po’ come si leggerebbe Topolino, quasi con la stessa leggerezza. Ma scavando un po’ più a fondo, facendo capolino dietro le pagine scritte come Lucy ha fatto capolino dietro l’armadio, si vede come in realtà un romanzo di questo genere è solo apparentemente per ragazzi e che la grande letteratura, alla fine dei conti, ha sempre lo stesso, incredibile, perenne messaggio: la grande letteratura è sempre un inno all’amore.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Giada Di Pino

Ha lavorato presso la Leonida Edizioni, ha frequentato il Master in Editoria della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori e ha svolto uno stage presso Il Saggiatore. Oggi lavora come editor freelance e come insegnante. 

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