Quando Paul Verlaine si attribuì il titolo di “poeta maledetto” non avrebbe potuto mai immaginare che questa espressione sarebbe stata utilizzata per identificare un vasto gruppo di letterati destinati a lasciare un segno nel mondo moderno. Sicuramente il più importante tra coloro che solitamente venivano identificati con questo appellativo a causa dei loro vizi e del loro stile di vita sregolato e immorale è Charles Baudelaire. Il padre della poesia moderna.
Baudelaire nasce il 9 aprile del 1821 e muore il 31 agosto del 1867, a poco meno di cinquant’anni, colpito da una forma molto aggressiva di sifilide che lo attanaglia in una morsa tremenda dal momento in cui la contrae fino alla fine dei suoi giorni. In questo arco di tempo, il poeta si districa in un labirinto senza fine fatto di amore, sesso, trasgressioni, eccessi, debiti, droga, rabbia e soprusi. E il coraggio di raccontare una simile vita lo raccoglie a piene mani Jean Teulé con il suo romanzo di recente uscita dedicato proprio al poeta che ha dato vita ai “Fiori del Male”, la raccolta di liriche e poesie che hanno permesso a Charles di entrare nell’olimpo degli autori più importanti di poesia.
Maledetto Baudelaire! (Crénom, Baudelaire! in francese) ci viene presentato come un romanzo dalla copertina sgargiante che ritrae in bianco e nero il poeta nella sua iconica posa immortalata da Nadar, con l’aggiunta di un cerotto sulla fronte dell’uomo, quasi ad indicare la fonte della sua geniale creatività e, al contempo, della follia cui andrà incontro. E già il lettore viene attirato dal motivo floreale rosso che, in contrasto con il bianco e nero, tenta di ricondurlo ai fiori maledetti. Ma quello che ci troviamo tra le mani è, a tutti gli effetti, una sorprendente biografia, che ripercorre la vita del poeta, dall’infanzia fino alla morte. Teulé ci narra di un Baudelaire per molti inedito o solo immaginato: chi ne conosce un po’ la figura sa benissimo quanto egli sia stato d’impatto per la società francese ed europea a causa non solo della sua sregolatezza, ma anche del suo mettersi spesso in mostra in modi talvolta eccentrici, talvolta meschini. E soprattutto sa quanto egli amasse le donne al punto tale da rappresentare una costante nella sua vita: tutte bellissime e tutte idealizzate, dalla prostituta di basso rango fino alla donna più nobile e desiderata. Ed è qui che Teulé pone l’accento: sulle figure femminili e la rovina alla quale queste lo hanno portato, attraverso una discesa nella follia sempre più ripida. Charles Baudelaire dimostra fin da subito un attaccamento singolare per l’altro sesso, a partire dalla devozione profonda e tipica dei bambini nei confronti della madre, Caroline Archimbaud-Dufays. Una devozione che viene meno nel momento in cui ella trova un nuovo compagno nella figura del generale Aupick, che Baudelaire considera un vero e proprio usurpatore. Egli costringe il ragazzo a imbarcarsi su una nave, nel tentativo di educarlo e trovare lavoro. Ma è proprio qui che Baudelaire sente nascere dentro di sé la vocazione di voler diventare un poeta, vanificando il tentativo del generale e dando inizio al suo mito, alla sua storia.
Come dicevamo, Teulé si concentra sul rapporto che il poeta ha con le donne. Ma per quante possano essercene state nella vita dell’uomo, una sola è stata la vera musa e l’unica compagna con la quale egli sia riuscito a instaurare un legame profondo: Jeanne Duval, prostituta di origini africane, alta più del poeta, maestosa e costantemente osservata dalla gente quando passava per la strada. Bella come una dea, una gigantessa d’ebano che il poeta decide di portare con sé nella sua dimora. Ma parliamo, comunque, di un uomo che dell’eccesso fece la sua bandiera: “L’eccesso in tutto!”, e il rapporto con Jeanne Duval non verrà risparmiato da questa filosofia.
Teulé ci narra momenti unici, fatti ora di magia ora di orrore puro. Il lettore può ritrovarsi a scoppiare a ridere per poi essere catapultato senza pietà nell’angoscia e nella violenza più profonde. Tantissimi gli aneddoti singolari che costellano la vita del poeta, sempre pieno di debiti e costantemente in fuga dagli esattori. E poi gli incontri e gli scontri ai caffè letterari con poeti e artisti; le visite nel salotto di Apollonie Sabatier; le confessioni a chi ha avuto la forza di volontà di sopportarlo; il rapporto con la società che nel frattempo comincia a industrializzarsi, gettando il poeta sempre più nel panico. Ma, soprattutto, la poesia.
Come si può parlare di Baudelaire, senza parlare della poesia? Teulé sa benissimo che non è possibile e si rivela abilissimo nel mostrarci l’origine di alcune delle liriche più famose de I Fiori del Male. Vediamo non solo la nascita della raccolta di liriche, ma anche il processo di pubblicazione lungo e sofferto, come sono nate le due edizioni e come il processo di censura ha minato l’opera prima di Baudelaire. Teulé ci mostra il modo in cui il poeta componeva in maniera totalmente estemporanea, anche durante una passeggiata o un diverbio. Ed è qui che sta il genio del poeta: la capacità di osservare la realtà e trasformarla di volta in volta in una visione grottesca, senza privarla però della bellezza. Perfino una carogna consumata dai vermi, può diventare oggetto di poesia e acquisire nuova consistenza e identità.
Lo scrittore coinvolge il lettore con una scrittura sorprendentemente leggera per gli argomenti trattati. Ma soprattutto fa in modo che le pagine del libro scivolino velocemente sotto gli occhi del lettore, una dietro l’altra, coinvolgendolo tramite la costruzione di capitoli brevi. Brevi, sì, ma esaurienti e ricchi di tutto il dolore e la magia che solo Baudelaire, compreso dai più solo dopo la sua morte, sembrava essere in grado di percepire, nella mestizia di una società troppo borghese e superficiale per uno spirito come il suo. Come se gli altri artisti e i letterati si trovassero, a quel tempo, in una perenne condizione di cecità che impedisse loro di vedere la realtà per quello che era davvero: uno scivolare costante verso la distruzione della bellezza e della natura.
Neri Pozza ci propone un romanzo non solo eccellentemente tradotto, ma soprattutto pieno di riferimenti alle opere del poeta: il testo è infatti alternato dalle poesie inserite all’interno della raccolta dei Fiori del Male, contestualmente all’evento narrato, e dalle foto degli appunti originali, dei fogli che testimoniano il lunghissimo ed estenuante processo editoriale cui è andata incontro la raccolta. La calligrafia di Baudelaire e le sue correzioni proposte ai due correttori di bozze rivelano un poeta puntiglioso, irascibile e deluso dalla consapevolezza di non essere compreso davvero e che spesso vuole dire proprio quello che c’è scritto. Documenti che parlano quasi più del testo di Teulé, permettendo al lettore di sbirciare oltre un velo che nasconde molto più di quanto si possa immaginare.
Forse, quello di Teulé potrebbe non essere il romanzo giusto per avere un primo contatto con Baudelaire, per via della crudezza della narrazione e la complessità del personaggio descritto. Ma se ci si pone nello stato d’animo giusto e con sufficiente apertura mentale da accettare che alcuni individui abbiano vissuto davvero appieno le loro vite, consci della morte sempre in agguato come un gatto che ci osserva nel buio – figura di cui il libro è pieno – , esso rappresenta un testo che non può mancare nella propria libreria. Teulé ci da un punto di partenza e di fine utilissimi per conoscere Baudelaire, ma il romanzo non può non essere affiancato dalle altre opere, così da poter comprendere ancora meglio chi fosse davvero questo “poeta maledetto”. O almeno provarci.
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Il nostro giudizio
È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.
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