Rintaro è un ragazzino solitario e timido e ha appena subito la grave perdita del nonno che lo aveva cresciuto da quando i suoi genitori erano morti. Da solo, sperduto, con l’unica prospettiva di andare a vivere a casa di una zia che a malapena conosce, trascorre i giorni successivi al lutto rintanato nella libreria del nonno, destinata ora alla chiusura. Ed è qui che improvvisamente arriva un visitatore inaspettato: un grosso gatto soriano… parlante! 

Rintaro si ritrova assegnata un’importante e delicatissima missione da portare a termine: salvare i libri. Per farlo dovrà attraversare labirinti magici e incontrare individui bizzarri e pericolosi, avendo a disposizione una sola arma: il suo amore per la lettura. 

Per la lettura, si badi bene, e non solo per i libri in sé, poiché amare i libri non significa usarli come oggetti d’arredamento; così come non significa neanche divorarli bulimicamente con il blando fine di tenere il conto di quanti se ne sono letti, in un determinato periodo o nell’arco dell’intera vita che sia. 

I libri non sono oggetto di vanto, non sono doveri da assolvere, non sono oggetti di consumo, non sono fonte di rendita. Cosa sono allora? Perché l’uomo è da sempre ossessionato dalla narrazione, ha sempre sentito la spinta e l’urgenza di narrare e soprattutto di sentire narrare, fin da prima che esistesse la scrittura stessa? 

I libri, e la narrazione in genere, hanno un potere proprio, una forza che trascende la razionalità, che giunge al cuore stesso dell’umanità. 

Ed è qui che si concluderà il viaggio di Rintaro: alla fine della sua bildung, in cui scoprirà cose a lui ancora sconosciute come l’amore, il coraggio, l’amicizia, e soprattutto sé stesso e il suo posto nel mondo, il ragazzo capirà anche qual è il potere che i libri hanno e perché è così importante che la lettura, la lettura come valore in sé, valore assoluto, non deve mai essere dimenticata. 

Un potere, quello dei libri, che, al contrario di quanto si possa pensare, ha a che fare con la vita, con il nostro stare al mondo. 

I libri non ti rinchiudono in un mondo immaginario, ma al contrario ti aprono alla vita, alla vita vera, alla vita relazionale, a quelle componenti emotive e sentimentali dell’esistenza che oggi tanto facilmente dimentichiamo. Ma soprattutto, i libri infondono davvero un potere magico in chi li usa nel modo corretto, un potere che davvero distingue i lettori veri, da tutti gli altri: l’empatia. 

Ebbene sì, questo mostro semisconosciuto da cui a volte sentiamo di doverci difendere e proteggere, in realtà è un vero potere magico, e lo si può acquisire, perfezionare, affinare con la lettura. Non la lettura nozionistica, ma la lettura a cuore aperto, quella che ti trascina nelle pagine e ti mette accanto ai personaggi, nella loro pelle d’inchiostro, che ti fa tremare di paura, piangere di gioia o di dolore, esultare insieme a loro.

La lettura. Chi l’avrebbe mai detto? Chi avrebbe mai pensato che una cosa così banale, un gesto così scontato, quotidiano, così insensato perfino, a volte, potesse avere un tale valore? Se avessimo davvero piena coscienza di quanto il mondo possa diventare grande e di quanti colori possa assumere se vivessimo quotidianamente e veramente questo gesto, probabilmente ciascuno di noi passerebbe molto più tempo col naso sui libri; e il tempo restante a meravigliarsi di ciò che lo circonda.

Questo, dunque, ci insegna questo breve e intenso libro di Notsukawa, che con la leggerezza e il candore tipici della cultura orientale ci presenta un romanzo di formazione con le fattezze di una favola e i contenuti di una riflessione metafisica sulla sua stessa condizione di esistenza: la lettura.

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