19 Agosto 2023

L’uomo dei sogni. “The Fabelmans”, regia di Steven Spielberg

di Eugenio Sorrentino

I film sono sogni, tesoro, che non dimenticherai mai.

Tra la famiglia e l’arte, il dovere e la passione, le aspettative dei propri genitori e i sogni germogliati nel cuore, un ragazzino o una ragazzina che dentro ha un fuoco che non può fare a meno di ascoltare, cosa dovrebbe scegliere? È la grande domanda che il giovane Steven Spielberg si sarà fatto in tenera età, quel tarlo che ognuno di noi si è posto e che lo ha perseguitato a tal punto da portarlo a fare una scelta di vita. The Fabelmans è un film autobiografico in cui il grande regista americano, seppur  romanzando e fantasticando la sua adolescenza e la vita dei suoi genitori, confida allo spettatore quanto ha amato l’arte e come oggi continui ad amarla.

Uscito nelle sale statunitensi l’11 novembre 2022 (in Italia il 22 dicembre) e fruibile in homevideo e in streaming, il film è stato candidato ai Golden Globe, dove ha vinto il premio per il miglior film drammatico e miglior regia, e agli Oscar come miglior film dell’anno. Sebbene abbia riscosso un ottimo successo tra i critici internazionali, è stato il peggior incasso al cinema del regista di Jurassic Park (1993) e E.T. l’extra-terrestre (1982), a fronte di un budget di 40 milioni contro i 45 incassati. 

Indubbiamente la crisi che il mondo dell’intrattenimento cinematografico e delle megaproduzioni hollywoodiane sta vivendo (non ultimi gli scioperi degli sceneggiatori e degli attori che chiedono di rivedere i loro compensi) è una delle cause primarie di questo flop senza precedenti nella storia della filmografia di Spielberg. I grandi nomi stentano a portare in sala gli spettatori, attratti dalle saghe ultramiliardarie o dai film evento, ma ciò non diminuisce l’importanza che questo film avrà in futuro e il posto che prenderà nella storia del cinema.

In questo gioiello artistico il nostro regista statunitense racconta la sua infanzia, il suo grande amore per il cinema e la turbolenta adolescenza, costellata di sogni e scomode verità con cui il giovane Sammy Fabelman (Gabriel LaBelle) deve fare i conti. 

Nel New Jersey incontriamo il piccolissimo Sammy in fila con i suoi genitori davanti all’ingresso del cinema, impaurito da ciò che troverà all’interno. Sammy non è mai stato al cinema, ha timore di questa immensa sala che rimarrà al buio per tutta la durata del film, e degli uomini “giganteschi” che gli si paleseranno davanti. Il padre, Burt Fabelman (Paul Dano), un ingegnere elettronico geniale nel suo campo e dotato di una grande praticità, rassicura il bambino con spiegazioni scientifiche sul funzionamento basilare della cinepresa, dei fotogrammi che, messi in movimento uno di seguito all’altro, il nostro cervello percepisce muoversi e che creano l’effetto visivo dell’azione, e di come il proiettore sul grande schermo della sala cinematografica renda delle semplici persone immense ai nostri occhi. Sammy è ancora preoccupato e sua madre, Mitzi (Michelle Williams), una pianista che fa la casalinga a tempo pieno, gli parla di come sarà fantastico stare seduto in sala a vedere il film, perché i film sono come i sogni, non si dimenticano mai e, se anche sono spaventosi – come fa notare Sammy –, comunque ti lasceranno qualcosa dentro. Il bambino, convinto dai due genitori, entra in sala e guarda per la prima volta un film al cinema: è amore a prima vista.

Burt e Mitzi sono due genitori amorevoli, molto affiatati ma diversi tra loro, si completano a vicenda, e il padre di Sammy sembra rapito e incantato dalla moglie. Mitzi è un’artista, una madre affettuosa che invoglia il figlio a seguire il fuoco che ha dentro. La passione del bambino per la cinepresa viene incoraggiata da tutta la famiglia, con la complicità delle sorelle che si improvvisano attrici per le riprese amatoriali di Sammy. C’è anche lo zio Bennie Loewy (Seth Rogen), collega e migliore amico di Burt, il quale passa molto tempo a casa dei Fabelman, supportando il sogno del piccolo Sammy. Burt però è un vero genio e un uomo dedito al suo lavoro, tanto da essere richiesto dalle migliori aziende del paese e proprio in una di queste, a Phoneix, si trasferisce con tutta la sua famiglia e con Bennie, che porta con sé come collaboratore. Qui Sammy cresce insieme alle sorelle, e si ritrova a fare i conti con l’adolescenza, il fuoco che gli ha acceso l’arte e la percezione della realtà che il giovane regista scopre attraverso l’utilizzo della macchina da presa.

L’ultimo film di Steven Spielberg è tecnicamente ineccepibile. La fotografia, le inquadrature e il montaggio sono di stampo classico ma non annoiano mai, non stancano l’occhio dello spettatore e lo tengono incollato alla poltrona per tutti i 151 minuti. I colori accesi e la luce chiara fanno risaltare le scene in cui Sammy gira i suoi film amatoriali, quando li monta con la macchina regalatagli dal padre o, ancora, quando proietta in casa per la famiglia o tra gli scout.
La direzione degli attori è eccelsa: Paul Dano si conferma un grandissimo interprete, lo abbiamo già visto in film come Il petroliere (2007) di Paul Thomas Anderson e Prisoners (2013) di Denis Villeneuve. Nel ruolo di Burt mostra una cura del particolare che si nota soprattutto negli sguardi rivolti alla moglie Mitzi, mentre Michelle Williams buca lo schermo con la sua immensa presenza e dà una prova attoriale incredibile. Mitzi è una donna divisa tra i rimorsi, le passioni abbandonate e i doveri che ha nei confronti del marito e dei suoi figli, accantonando il sincero amore che ha per l’arte. Gabriel LaBelle è molto convincente nel ruolo di Sammy e trasmette tutta la passione che Steven Spielberg dà nella direzione degli attori, nella regia e nel montaggio dei suoi film. Seth Rogen, invisibile sullo schermo ma allo stesso tempo fondamentale per lo svolgimento della trama, con la sua genuinità e delicatezza dà un certo lustro alla figura dello zio Bennie. Tuttavia, voglio menzionare la comparsa in scena di Judd Hirsch, che interpreta lo zio di Mitzi, Boris Podgorny, un circense e attore che ha deciso di seguire il suo sogno, ovvero quello di vivere di arte. Il personaggio è fondamentale per la crescita di Sammy: il poco minutaggio dedicatogli su schermo rimarrà impresso nelle menti di tutti gli spettatori.

È un vero peccato che questo film non abbia avuto il successo economico che Spielberg ha collezionato in passato con grandi classici e cult come Indiana Jones, E.T. l’extra-terrestre, Hook – Capitan Uncino e tanti altri film le cui immagini hanno alimentato i sogni dei giovani cresciuti negli anni Ottanta e Novanta. The Fabelmans è sicuramente collocabile tra i grandi lavori che il regista ha fatto nel corso della sua carriera, come Schindler’s list, Prova a prendermi, Lincoln o The Post, grandi film elogiati dalla critica e amati dai cinefili che rimarranno nella storia del cinema.

Sotto l’apparenza di un film autobiografico, ovvero il racconto di un uomo che passerà alla storia della settima arte come uno dei più grandi autori, la pellicola parla delle passioni, dei sogni e degli amori che ognuno di noi può e deve coltivare tenendo conto delle difficoltà imposte dalla vita e dal complesso equilibrio che bisogna mantenere per avere delle sane relazioni se si vuole raggiungere l’obiettivo. Sammy impara questo dall’esperienza che i suoi genitori gli trasmettono: non bisogna abbandonare mai i propri sogni e non lasciarsi mai convincere a farlo. Né bisogna esserne ossessionati al punto di perdere gli amici e la famiglia. L’estremo egoismo nel perseguire il proprio obiettivo, come l’idea di abbandonarlo per le persone che amiamo, è sempre fonte di sofferenza e rimorso. Si può chiedere il perdono a se stessi e agli altri, ma coloro che ci stanno accanto e che vogliono davvero il nostro bene, alla fine, desiderano solo la nostra felicità. Bisogna essere disposti ad accettare i sogni e le scelte di chi amiamo, come Burt ha accettato il sogno di Sammy donandogli l’insegnamento più importante: ama le persone come ami i tuoi sogni e, come i più grandi film, non li dimenticherai mai.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Eugenio Sorrentino

Nato a Palermo nel 1992, si diploma presso il liceo scientifico statale Benedetto Croce della propria città. Subito dopo la scuola ha iniziato gli studi di recitazione e di approfondimento di teatro e cinema, le sue passioni. 

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