8 Febbraio 2023

Un’occasione (quasi) mancata? “L’ora dei dannati” di Luca Tarenzi

di Antonio Messina

In coda al marasma di remake e riletture spesso inutili di grandi classici in cui letteratura, arte e cinema sembrano essersi impantanati – spesso senza rispettare l’opera originale e le intenzioni dell’autore, che ha dato per primo vita alla propria creatura con degli specifici intenti – ritroviamo anche i sequel.  Gli autori, che, con un pizzico di audacia e – perché no? – un po’ di arroganza, tentano di tracciare una nuova strada e prolungare un percorso che aveva già raggiunto la propria degna e inattaccabile conclusione. 

Luca Tarenzi, così, esce timidamente allo scoperto con un’opera ambiziosa. Scrittore, saggista e studioso di esoterismo, non è nuovo nel panorama letterario fantastico, ma forse solo adesso è riuscito a mostrarsi a un pubblico più ampio (forte, molto probabilmente, della pubblicazione con una casa editrice come la Giunti) con una trilogia che si presta a essere nientemeno che la continuazione dell’opera letteraria italiana per eccellenza: la Divina Commedia di Dante.

L’ora dei dannati – suddivisa in L’Abisso, La Montagna e La Guerra è una saga fantasy che narra le vicende di alcuni dei peccatori condannati all’Inferno (ma non solo!) una volta concluso il viaggio di Dante nell’Aldilà. 

© Giuntieditore.it


Dopo aver lasciato Dante alle cure di Beatrice ed essere, quindi, tornato all’Inferno, Virgilio si riscopre in una condizione di stallo: se da un lato non è più in grado di accedere al Limbo, al contempo è libero di vagare per i Gironi e i Cerchi infernali. Per quanto questo sembri un privilegio, per Virgilio è una condanna ulteriore e ingiusta. Questa sua “mobilità immobile” è, infatti, conseguenza di come il suo punto di vista nei confronti di Dio sia cambiato sulla cima del Purgatorio. A tentare di ribaltare questo indegno destino sarà un ingegnoso e intelligentissimo quanto misterioso e a tratti fastidioso Pier delle Vigne, il suicida condannato a vivere sotto forma di tronco d’albero. È questa, infatti, la pena per chi rifiuta la vita terrena: dato che essi hanno rifiutato il corpo, all’Inferno sono destinati a non averne uno e ad essere incarnati in piante. 

William-Adolphe Bouguereau, Dante and Virgil in Hell, 1850

Le intenzioni sono chiare fin dal principio: Pier delle Vigne ha bisogno di Virgilio e del conte Ugolino (nientedimeno!) per organizzare una fuga dall’Inferno. Il come è tutto fuorché semplice, poiché i tre sono comunque sotto la tutela degli Spezzati, gli Angeli Caduti che si occupano di assicurarsi che le anime dell’Inferno scontino la loro pena. Senza contare, poi, la presenza di Lucifero, un ostacolo decisamente insormontabile per chiunque. Ad aggiungersi al gruppetto in fuga saranno il coraggioso Bertran de Born, un militare e poeta francese, e il temutissimo – tanto in vita quanto nella morte – Filippo Argenti, di cui l’autore, ispirato dalla canzone Argenti vive di Caparezza, ha voluto fare un personaggio fondamentale nella vicenda.

© Gabriele dell’Otto, Filippo Argenti, acrilico su tela.

Gli altri due libri sono ambientati in quello che conosciamo come il Purgatorio: una mastodontica montagna posta su un’isola in mezzo a un mare senza fine. Essa si erge in tutta la sua imponenza e la sua cima, dal basso, è quasi impossibile da vedere, se non fosse per qualche sparuto albero. Qui Luca Tarenzi ha potuto dare spazio a nuovi personaggi, inserendo un po’ di mitologia e dando libero sfogo alla fantasia. Il Purgatorio è, come l’Inferno, protetto dai Messaggeri e, se all’Inferno l’aspetto degli Spezzati è facilmente riconducibile alla più iconica immagine degli Angeli, quello dei Messaggeri  ricorda molto quello degli “angeli” di Neon Genesis Evangelion (nonostante egli abbia chiaramente detto di essersi ispirato alle illustrazioni del tedesco Peter Mohrbacher). 

© Empathy, Peter Mohrbacher / Artist’s Estate

Stupisce il fatto che essi siano comunque capaci di mutare il loro aspetto e che, paradossalmente, siano temibili tanto quanto gli Spezzati. Qui noi ci fermiamo, come Virgilio, alle porte del Paradiso: andare oltre significa procedere verso un luogo che spetta al lettore raggiungere. Diremo solo una cosa: il modo in cui i cinque escono dall’Inferno vale da solo la lettura almeno del primo libro. Un colpo di genio degno del personaggio che è Pier delle Vigne!

La trilogia di Luca Tarenzi è un’opera coraggiosa che, soprattutto nel primo libro, si concede la libertà di spaziare tra l’orrore e il paradossale, tra lo splatter e la delicatezza. L’Aldilà è un luogo vivo, terrificante e al contempo affascinante.

 Alcuni scorci descritti dall’autore sembrano venir fuori dalla carta, assumendo tridimensionalità, e alcune situazioni sono così realistiche che il lettore si ritrova spesso a soffermarsi sulla pagina, cercando di immaginare cosa farebbe se fosse al posto di Virgilio o degli altri personaggi. E se l’Inferno è naturalmente terribile – ricco di sofferenza, sangue, mutilazioni e abusi – il Purgatorio, sorprendentemente, non sembra essere da meno. Quello che infatti dovrebbe essere un luogo di espiazione, di attesa, si rivela essere subdolamente tremendo tanto quanto l’Abisso. Come lettori, questo ci ha sorpreso non poco, esattamente come sorprende gli stessi personaggi che vi si muovono all’interno. A proposito dei personaggi, Luca Tarenzi pone tutti sullo stesso piano: ognuno di loro ha sogni, desideri, necessità e risponde agli istinti umani che hanno preso il sopravvento e lo hanno condannato alla sofferenza. Virgilio, per quanto possa essere il più motivato per essere stato beffato da un volere supremo, non è il narratore principale e nessuno di essi – che siano i cinque dell’Inferno o i successivi che si aggiungono al gruppo – prende narrativamente il sopravvento: tutti hanno lo stesso spazio all’interno della vicenda. Non è certo semplice per uno scrittore riuscire a dosare le pagine cercando di dare lo stesso spazio a ogni personaggio! 

© Pieter Huys, Inferno, 1570, Museo del Prado, Madrid

Oltretutto, ognuno di loro è stato costruito e scritto in funzione del luogo in cui si trova, rendendoli tutti un’allegoria vivente di un vero e proprio percorso di vita, che comprende non solo l’accettazione della propria natura, ma anche la capacità di migliorarla. Si apprezza, soprattutto, il ruolo di due personaggi in particolare, la cui storia narrata nella Divina Commedia qui muta giungendo a una conclusione razionale.

Come trilogia sequel, a conti fatti, possiamo dire che è tra le più realistiche e plausibili. Cos’ha che non va, allora?

Se da un lato Terenzi riesce a mettere in campo personaggi notissimi ai più, dall’altro ci sono delle assenze che avrebbero meritato quanto meno una comparsa, un’interazione con il gruppo, mentre altre avrebbero dovuto essere prioritarie, soprattutto in funzione del motivo per cui Virgilio si ritrova in quella condizione. L’entità di alcune forze ultraterrene sembra essere stata in qualche modo minimizzata, dove quella di altre, senza che l’autore ne spieghi la motivazione, è stata spinta ai massimi livelli. Abbiamo poi notato che Tarenzi sembra non aver trovato modo o spazio di approfondire alcune situazioni. Se da un lato, quindi, abbiamo delle scene facilmente intuibili ma che non dispiacciono, dall’altro ci sono dei buchi narrativi che non vengono colmati. Non è molto astuto mettere in campo una situazione totalmente fine a se stessa, non necessaria ai fini della trama, lasciandola poi in sospeso. 

© Hyeronimus Bosch, Hell, State Hermitage Museum, St. Petersburg, Russia

La collocazione temporale della storia, rispetto al tempo terrestre, di fatto, non è chiara proprio a causa di ciò. Per ultimo, senza entrare nel dettaglio, si sente la mancanza di un dopo. La fine del terzo libro a nostro avviso non è, infatti, perfettamente conclusiva: se tutto si conclude, in qualche modo tutto rimane anche aperto e resta il dubbio che possa essere in cantiere un quarto capitolo, ma al contempo la saga potrebbe fermarsi lì con il rischio di lasciare più domande che risposte.

Un ultimo aspetto è quello grafico: le copertine, realizzate da Valentina Mulatero,  presentano i protagonisti in azione. Il più delle volte, tuttavia, vengono ritratti con un aspetto che non coincide con quello descritto nel libro. Quella che forse sembra essere la più fedele è nel terzo volume, in cui i protagonisti sono alle prese con il temibile Matelda. Per il resto, sembra che le illustrazioni siano state realizzate semplicemente per attirare il lettore, non rendendo giustizia alla profondità insita nella storia.

In definitiva, non siamo al cospetto della trilogia fantasy italiana che cambierà il genere, anzi: il tutto sembra essere raccontato con il freno a mano costantemente tirato.  Questo non vuol dire che Tarenzi non sia riuscito nell’intento di realizzare un progetto molto ambizioso. Soprattutto, è estremamente positivo che sembra che nessuno dei tre libri sia meglio costruito dell’altro: essendo un’opera che, come l’originale, narra un viaggio, la trama è un crescendo vertiginoso, come l’ascesa stessa che i personaggi compiono verso la libertà, e nessuno dei tre volumi può essere realmente estrapolato dalla trilogia per parlarne singolarmente. La fine del primo libro catapulta il lettore verso il secondo e il secondo verso il terzo, e così fino alla fine, grazie ai colpi di scena che ribaltano completamente la situazione.

I libri che compongono L’ora dei dannati, al di là delle sbavature che abbiamo evidenziato, possono tranquillamente trovare spazio negli scaffali dei lettori che siano o meno appassionati dell’argomento e del Sommo Poeta. Questa trilogia potrebbe essere, al contrario, un’ottima occasione per avvicinare i più all’opera originale e, per chi ha già  familiarità con il viaggio di Dante, ritornare a leggere di determinati luoghi e personaggi potrebbe essere una piacevole riscoperta; chi invece non conosce ancora l’opera originale, potrebbe provare un impulso di curiosità che potrebbe spingerlo a saperne di più e a leggere ciò che c’è stato prima. Dopotutto, questo è quello che in fondo fanno – consci o meno – gli autori e le autrici che stanno ri-narrando le storie delle divinità greche e degli eroi leggendari, inducendo i lettori a riscoprire i grandi classici, mantenendoli immortali come gli eroi di cui narrano.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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