31 Dicembre 2022

Un Natale tinto di rosso. “Dylan Dog n.196 – Chi ha ucciso Babbo Natale?”

di Antonio Messina

Si sa che il Natale dovrebbe essere una festa piena di gioia, in cui tutti sono “più buoni”, sotto la stella di una nascita che torna a ripetersi ogni anno accompagnata dalla promessa di una vita nuova, un’opportunità per ricominciare

Alla fine dell’anno si fanno progetti, si pongono obiettivi, ci si guarda allo specchio e si tirano un po’ le somme dei mesi precedenti, chiedendosi se veramente siamo riusciti, come ci eravamo ripromessi alla fine dell’anno precedente, a mantenere tutti i buoni propositi

Ma non per tutti il Natale significa questo. Molto più spesso di quanto si possa pensare, quello del Natale è, per molti, il periodo dell’anno in cui si tende a essere più malinconici: uno studio scientifico ci dice, infatti, che anche a causa  della poca luce e dell’accorciarsi delle giornate, la mente tende a lasciarsi sopraffare dai ricordi e dalla tristezza.

Certo, non sono solo queste le uniche ragioni che possono trasformare il Natale in una festa angosciante e Dylan Dog è costretto a impararlo a sue spese in un albo dal gusto natalizio, che tuttavia non si discosta dalle tipiche atmosfere da incubo in cui il protagonista si trova spesso immerso.

Dylan e Groucho, il suo assistente, di ritorno da un caso rivelatosi un buco nell’acqua,  vengono colti da una grande nevicata che li costringe a fermarsi nei pressi della piccola cittadina di Snowmouth. Ai più attenti e colti, questo nome suonerà familiare: è facilmente ricollegabile alla città di Innsmouth, inventata da Lovecraft e teatro degli orrori partoriti dalla mente dello scrittore. Qui, Dylan e Groucho non trovano il classico tepore natalizio, anzi: man mano che la storia procede, il clima si fa sempre più tetro e il bianco della neve verrà sostituito dal rosso del sangue, versato da un misterioso assassino vestito da Babbo Natale.

Le vicende che si susseguono da qui in poi sono scandite da una di quelle macabre filastrocche che girano tra i bambini del paese, figlie probabilmente di una tradizione che gli adulti tendono a storpiare per tenere buoni i più piccoli. Perché fondamentalmente di questo si tratta: di stare buoni, di non combinare guai, di non fare i monelli, perché altrimenti Babbo Natale non viene a portarti i regali. Anzi, è probabile che te la faccia pagare.

La particolarità di questo albo, sceneggiato da Ruju Pasquale e disegnato da Giampiero Casertano, è il suo riuscire a mescolare la tradizione cristiana e la cultura norrena,  mettendo in piedi un cattivo di tutto rispetto: un killer dalla forza e dalla rabbia inaudita che non uccide a caso o per il solo piacere di farlo, ma per un motivo specifico. La cattiveria che  sprigiona — lo sanno benissimo gli abitanti di Snowmouth — deriva infatti da un passato oscuro, capace di privare chiunque di un qualunque briciolo di felicità.

Chi ha ucciso Babbo Natale? è una storia che cerca di farci guardare al Natale con gli occhi di chi, da bambino, non ha mai avuto la fortuna di vivere questo particolare giorno dell’anno circondato dall’affetto e dalla gioia che dovrebbero caratterizzarlo. È una storia che parla della cattiveria della gente, che emerge anche quando si presuppone che tutti siano più buoni: un lato malvagio che, inaspettatamente, può scaturire perfino da chi simboleggia la bontà fatta persona. 

Dylan Dog, che qui veste meglio i panni di ex-detective di Scotland Yard rispetto a quelli di Indagatore dell’Incubo, è ancora una volta costretto a fare i conti con una realtà sempre difficile da accettare: i veri mostri, il vero male, spesso non sono i demoni o i fantasmi cui egli dà spesso la caccia, ma gli uomini stessi; gli adulti così come i bambini, senza alcuna distinzione.  

Soprattutto, questa è una storia che tenta di scavare nella solitudine di un uomo che, per un crudele gioco del destino, si ritrova a non aver mai vissuto la stessa gioia assaporata da tutti gli altri, coloro che, rimasti impuniti per ciò che hanno fatto, continuano ogni anno a godere del Natale come se nulla fosse.

Da un punto di vista tecnico, potremmo dire che la sceneggiatura sembra architettata con l’intento di apparire come una spirale che porta sempre più verso l’oscurità e il cuore nero dell’assassino, fino a giungere alle ultime pagine, in cui assistiamo a una conclusione che suona come un messaggio di redenzione per tutti quanti, vittime e carnefice. 

I personaggi sono nel complesso ben costruiti, dal Groucho dalla battuta sempre pronta, anche nei momenti meno opportuni, all’immancabile co-protagonista femminile, che qui è forse la vera figura di spicco dell’albo: come altre donne già apparse in precedenza, anche se non dallo stesso impatto, Serena si rivela essere la chiave di volta per la risoluzione del mistero che avvolge il killer vestito da Babbo Natale. Un ottimo albo, quindi, da leggere in occasione del Natale in sostituzione delle letture ciclicamente proposte durante questo periodo e che, una volta concluso, potrebbe davvero farci interrogare sulla natura delle nostre azioni nel tempo. Forse non ci sarà un Babbo Natale cattivo pronto a punirci per ciò che abbiamo fatto, ma di sicuro il nostro riflesso allo specchio mostrerebbe un volto nuovo a chiunque riuscisse a fare un piccolo esame di coscienza, rendendosi conto, magari, di non essere stato davvero buono come crede.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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