14 Dicembre 2022

Quando un libro diventa immortale. “Cronache marziane” di Ray Bradbury

di Antonio Messina

C’è sempre stato un libro che nel corso degli anni, per un motivo o per un altro, non ho mai comprato pur avendolo costantemente sotto gli occhi. Come spesso accadeva – e accade a molti di noi -, entravo in una libreria, girovagavo per una mezz’ora buona e ne uscivo a mani vuote o con dei libri che non avevo considerato di comprare. Accadde così qualche settimana fa che, entrando nell’ennesimo centro commerciale, mi sia imbattuto in una ristampa di Cronache Marziane e tutto sia passato in secondo piano grazie alla copertina del libro. Precisiamo: principalmente da lettore, e poi da autore, non sono mai stato uno di quelli che giudicano un libro dalla copertina e dire che l’occhio vuole la sua parte sarebbe riduttivo, però ho un debole per ciò che il mio cervello giudica esteticamente bello.

La ristampa di Cronache Marziane, pubblicato per la prima volta nel 1950 da Ray Bradbury (l’autore di Fahrenheit 451, per intenderci), mi si presenta con l’immagine di due individui davanti all’abitacolo di una macchina, inquadrati di spalle, diretti verso Marte che campeggia sullo sfondo nero. La mia mente rimbalza ferocemente tra due elementi impressi nella memoria: il videoclip della Cometa di Halley di Irene Grandi, scritta dal frontman dei Baustelle, Francesco Bianconi, e la prima missione di SpaceX che vede Elon Musk mandare nello spazio una Tesla. 

Doveva essere mio, senza se e senza ma.

Cronache Marziane, come ci viene spiegato nell’introduzione di Veronica Raimo, inizialmente si presenta come un’accozzaglia di racconti ambientati tutti su Marte, ma privi di un nesso. Bradbury viene incoraggiato, poi, a collegarli in modo da creare una coesione e l’impresa riesce piuttosto bene. 

La raccolta di racconti diventa un libro che narra le vicende della razza umana nell’arco dei 37 anni che intercorrono tra la prima spedizione sul pianeta rosso e un evento catastrofico che porterà i più ad abbandonare il piccolo corpo celeste e tornare sulla Terra. Nel momento in cui vi accingete a leggere il libro, però, non aspettatevi un pianeta arido, “rosso” e desertico: Bradbury compie una grandiosa magia nel riuscire a immaginare un luogo dalle colline azzurre, dalle città mastodontiche, dall’aria più pulita perché più rarefatta; i fiumi e i mari sono una presenza costante nei racconti, e non mancano di certo i marziani

Ancora una volta, non aspettatevi il tipico aspetto alieno che siamo stati indotti a immaginare: non ci saranno creature alte tre metri dal corpo esile, grigio o verde, e dagli occhi come lenti nere, spesse e ricurve. Lo scrittore, infatti, prende spunto dalle diverse culture terrestri: così i marziani passano dall’avere un aspetto umanoide a quello più atipico e trascendentale di forme geometriche. Altre volte, invece, saranno totalmente assenti fisicamente, assumendo semplicemente la caratteristica di un miraggio o di una voce che riecheggia nell’aria, una presenza invisibile ma ansiogena.

Sono cattivi i marziani di Bradbury? Non del tutto, ma la loro natura gli permette di essere decisamente più abili a proteggersi dalle minacce e dalle varie specie – perché su Marte non tutti gli alieni hanno le stesse caratteristiche – reagendo in maniera differente al diffondersi della razza umana sul pianeta.

La lettura di ogni racconto è un processo di fascinazione personale sempre differente: pochi i racconti che mi sono davvero rimasti impressi, ma in tutti ho scorto la possibilità di poter esplorare un mondo nuovo, realizzato come pochi scrittori sono riusciti a fare nel tempo non solo in campo fantascientifico – il ciclo di Dune, per descrizioni, rimane ancora insuperato, intendiamoci – ma anche in altri generi letterari. La maggior parte dei racconti esplora le vulnerabilità degli uomini e delle donne sul fronte psicologico – e psichico – di fronte ai marziani e, per quanto quasi ogni racconto abbia un esito dolceamaro, gli episodi in cui terrestri e marziani si scontrano fisicamente sono appena due.

L’ultimo racconto, soprattutto, è quello che mi ha regalato delle emozioni fortissime e contrastanti. Mi è sembrato di essere lì, su quel corso d’acqua, in fuga come i protagonisti, e mi sono immedesimato così tanto da non essermi reso nemmeno conto, una volta giunto alla fine, alla rivelazione più grande di tutte, di aver pure terminato il libro.

Cronache Marziane mi ha dato l’impressione di essere un testo, come molti altri ma forse più di alcuni, incredibilmente attuale, e non solo per il nostro tempo storico. 

Se fosse possibile viaggiare nel tempo e poter far leggere questi racconti a un uomo del cinquecento, vi vedrebbe chiaramente gli stessi meccanismi tipici del colonialismo: dallo sfruttamento dei territori alle conversioni religiose, dall’importazione di massa di materiali per costruire città nuove all’idea di portare civiltà in un mondo apparentemente morto. Un uomo del primo novecento, invece, vi vedrebbe la fuga da una realtà povera e precaria come quella degli europei alla fine della Prima guerra mondiale, o la ricerca del Sogno americano che qui diventa il Sogno marziano. E non è detto che esso sia, alla fine, realmente raggiungibile una volta affrontata la realtà. 

Una persona stanca di vivere la monotonia di tutti i giorni vedrebbe la possibilità di andare in un luogo dove le leggi umane, la burocrazia, il vivere per lavorare, l’ipocrisia dei propri simili non hanno alcun valore.

Un uomo del 2022, poi, vedrebbe le conseguenze di ciò che potrebbe accadere se il proprio pianeta natale dovesse essere spolpato fino all’osso dall’avidità e dall’indifferenza nei confronti di una natura che urla pietà in preda agli sconvolgimenti climatici. Vi vedrebbe tutte queste cose, con in più una visione del futuro prossimo: mentre SpaceX lancia il primo razzo sulla luna, nella speranza di poter un giorno tornare con a bordo degli esseri umani, sulla Terra si consuma un conflitto che più volte ha rischiato di assumere le sembianze di un conflitto mondiale. Lo stesso che Bradbury immagina in un futuro lontano da noi solo di una ventina di anni.

Cronache Marziane è, dunque, un libro che andrebbe letto almeno una volta nella vita e che può essere letto da chiunque, in qualsiasi tempo e in qualsiasi momento storico, perché in ogni racconto è racchiusa la genesi, l’evoluzione e l’estinzione della razza umana.Cosa ci ho visto io? La bellezza di un universo misterioso e incredibilmente ben organizzato al punto tale da non necessitare davvero della presenza della razza umana. Ci ho visto la possibilità di NON andare su altri pianeti con la primitiva mentalità che ci induce a distruggere tutto ciò che tocchiamo. Ci ho visto un pianeta che non ci merita a meno che non siamo disposti a trascendere la nostra natura, abbandonare il nostro retaggio per diventare parte di un grande e bellissimo ecosistema che potremmo contribuire ad ampliare o restaurare. Magari, prima, provando a farlo adesso, sulla Terra.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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