15 Ottobre 2022

L’imprevedibile virtù dello smarrimento: “Birdman” di Alejandro Gonzalez Iñarritu

di Antonio Crispi
Birdman, regia di Alejandro Gonzalez Iñarritu (2014)

Perdersi è l’unico modo per trovare un posto che sia introvabile.

Capitan Barbossa in Pirati dei Caraibi

Così recitava una delle celebri frasi di Capitan Barbossa (Joffrey Rush) in Pirati dei Caraibi. Ebbene, lo smarrimento è parte integrante dell’uomo, è fortemente correlato alla sua esistenza fatta di paure e di incertezze verso l’ignoto, l’abisso della vita. 

Forse è questo che Alejandro Gonzales Iñarritu ha voluto regalarci con Birdman – L’imprevedibile virtù dell’ignoranza, lungometraggio che nel 2015 si è aggiudicato il premio Oscar come miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia. L’opera del regista messicano segue le vicende di Riggan Thomson (Michael Keaton), ex attore sul viale del tramonto, che dopo anni di gloria hollywoodiana in cui ha interpretato il supereroe Birdman, deve fare i conti con il fantasma di quello che era un tempo e che lo farà sprofondare inesorabilmente in una crisi artistica identitaria. 

L’unico modo per ritrovare fiducia in sé stesso e dimostrare di non essere stato solo uno squallido personaggio in calzamaglia, sembra essere quello di scrivere, produrre e interpretare uno spettacolo teatrale a Broadway. Con una di quelle che può essere considerata tra le migliori prove di Keaton in carriera, assieme a una schiera di attori di assoluto prim’ordine, Birdman non ci racconta solo la crisi artistica di un uomo di mezza età, ma scava molto più in profondità, sondando l’animo e la coscienza dell’essere umano. 

Operazione che Iñarritu riesce a mettere insieme come una sorta di puzzle che si incastra perfettamente al centro di altri due lavori: Biutiful con Javier Bardem e Revenant, film che riesce a far ottenere a Leonardo Di Caprio il suo primo Oscar . Questi tre  film segnano una sorta di “trilogia del confine”, in cui i protagonisti, uomini in lotta per la loro sopravvivenza mentale, cercano di superare la soglia dei loro limiti, di andare oltre a una prigionia fisica e psicologica.

È proprio questo che Riggan prova a fare all’interno di Birdman: superare sé stesso, riuscire a schiacciare quella sagoma vestita da uomo-uccello simbolo della sua alienazione. Un percorso complesso, tortuoso, fatto di problemi con l’alcol e di un matrimonio che non ha funzionato, da cui è conseguito il difficilissimo rapporto con la figlia. Un percorso che alla fine dovrà chiudersi con lo spettacolo teatrale da lui ideato, volto a convincere pubblico e critica che dietro Birdman non si celava un semplice stuntman, ma un attore vero che troppo velocemente è stato fatto fuori dal sistema hollywoodiano. 

Anche e soprattutto per questo Iñarritu ha scelto Michael Keaton, che, con la sua carriera basata sulla critica pungente al mondo dello spettacolo, rappresenta l’archetipo perfetto da cui trarre ispirazione. Va ricordato, infatti, che Keaton ebbe un grande successo per l’interpretazione di Batman, film che allo stesso tempo rappresentò quasi l’eclisse della sua recitazione, andata a finire inesorabilmente nel dimenticatoio nel corso degli anni. Birdman, quindi, non ha solo il compito di riscattare Riggan, ma anche di riportare alla ribalta  l’attore che lo interpreta, e questo elemento deve essere preso in considerazione come uno dei più importanti di quest’opera. 

Personaggi perfettamente instabili

Uno degli aspetti che risaltano all’interno del film è un fitto cast di attori dalla grande presenza scenica che creano un amalgama perfetto di caratteri irrequieti e complessi. Un comparto di artisti che riescono quasi fisicamente a portarci all’interno del controverso mondo dello spettacolo, elemento con cui il regista riesce a giocare in maniera sublime, contaminando i piani sequenza e il sottofondo musicale jazz, che sembra scandire l’intensità delle scene e lo stato d’animo dei personaggi. 

Personaggi che vedono alternarsi attori del calibro di Edward Norton, che andrà a interpretare l’incontenibile personaggio di Mike Shiner, attore irrequieto e fuori dagli schemi, anch’esso costruito su misura per quella che è la vera carriera dell’attore statunitense; la già citata Emma Stone, bellissima e disincanta figlia del protagonista, che riesce a costruire una recitazione quasi urlata interiormente, dando un tono di ambivalenza giovanile tra disillusione e speranza. 

A questi due possiamo aggiungere una Naomi Watts in grande spolvero, la cui interpretazione nervosa e ansiosa ci riporta a quella splendida prova che sfoggiò in 21 grammi – il peso dell’anima, sempre di Iñarritu. Questi caratteri danzano in un valzer di perfetta instabilità, che si sposa in maniera più o meno perfetta col caos interiore del protagonista e con la caotica vita da set, presentata in maniera sublime.

Iñarritu ci ipnotizza tra piani sequenza e meta-cinema

A rendere Birdman un film davvero speciale è senza dubbio lo stile e la tecnica di ripresa. I continui piani sequenza intervallati da pochissimi stacchi sembrano farci toccare con mano lo stato d’animo del protagonista, che viene continuamente perseguitato dalla macchina da presa, quasi a volerci dare il punto di vista della sua coscienza parlante sotto forma di uomo-uccello. 

Una impertinenza delle immagini che sono perfettamente contaminate da una colonna sonora jazz, riuscendo così a misurare l’intensità sia delle scene che dello stato emotivo dei personaggi. Inquadrature e musica si fondono, creando un vero e proprio termometro delle emozioni, la cui asticella viene rappresentata dalla prorompenza del suono, ora veloce e violento, ora calmo e pacifico.

Iñarritu ci trascina dentro una giostra di emozioni, ancor più incentivata dalla tecnica del meta-cinema, che per larghi tratti del film ci porterà sul set di uno spettacolo teatrale, ci farà assaporare il gusto ammaliante della recitazione, delle ansie e delle paure degli attori, degli imprevisti, delle gioie e dei dolori. Un caos interiore trasposto all’interno dello spettacolo. La contraddizione umana rappresentata su un palco di Broadway. Una giostra di emozioni, per l’appunto, da cui non si riesce a scendere per oltre 2 ore.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Crispi

Nasce a Biancavilla il 26 Novembre del 1998. Nel 2016 si diploma all’Istituto Tecnico Pietro Branchina di Adrano, per poi intraprendere un percorso di studi orientato verso le Scienze Umanistiche.


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