18 Giugno 2022

La fine di un’era in agonia. Jurassic World: Il Dominio

di Antonio Messina

La maggior parte delle persone nate tra gli anni ’80 e ’90 ha passato la propria infanzia in preda alla passione per i dinosauri, grazie a film e raccolte di modellini in scala dei vari rettili. Sono stati anni fantastici, che hanno fatto viaggiare il mondo con la fantasia, tramite salti indietro nel tempo di oltre 65 milioni di anni.

Jurassic World: Il Dominio, regia di Colin Trevorrow (2022).

Il primo Jurassic Park è uscito in sala nel 1993, proponendosi come l’adattamento cinematografico dell’omonimo libro di Michael Crichton. Narra le vicende di due archeologi, Alan Grant (Sam Neill) ed Ellie Satler (Laura Dern), invitati dal magnate John Hammond a visitare un parco turistico di sua invenzione, situato su un’isola al largo della Costa Rica, Isla Nublar. Qui i dinosauri non solo sono stati ricreati e riportati in vita, ma sono liberi di vagare per il parco. Ovviamente, come ci ricorda il personaggio di Ian Malcolm (Jeff Goldblum), giocare con la genetica è molto pericoloso e le conseguenze non possono che essere negative. Dopo due sequel trascurabili, tra il 1997 e il 2001 la serie subisce un arresto a causa di un Jurassic Park 3 che non aveva niente da aggiungere. La saga riprende in pompa magna nel 2015, con il primo Jurassic World. E qui arrivano le note dolenti.
La saga di Jurassic World ci ripropone, dopo quasi trent’anni, il parco di Hammond ricostruito in chiave moderna: più sicuro, più tecnologico e, soprattutto, più ricco di attrazioni. Il gioco della genetica non si è fermato solo alla riproduzione dei dinosauri, ma ha continuato la sua strada verso la fusione tra specie, creando rettili sempre più grossi e  pericolosi. E magari, perché no, abbastanza letali da poter essere utilizzati in ambito bellico. I protagonisti di questa nuova trilogia, che continua nel 2018 con Il Regno Distrutto e si conclude quest’anno con Il Dominio, sono la  nuova responsabile del parco Claire Dearing (Bryce Dallas Howard) e Owen Grady (Chris Pratt), che veste, nientepopodimeno, i panni di un allevatore e istruttore di Velociraptor. Senza svelare le dinamiche narrative che ci hanno condotto al terzo film, possiamo semplicemente dire che il parco giurassico si è esteso a dismisura. Jurassic World non è più semplicemente il nome di un’affascinante e incredibile attrazione turistica, ma una vera e propria rappresentazione della condizione in cui dinosauri e umani si trovano a vivere .
Jurassic World: Il Dominio narra quindi le vicende della razza umana alle prese con i dinosauri, che ormai si sono estesi in tutto il globo, riequilibrando – o, per meglio dire, stravolgendo -, nel giro di quasi cinque anni la catena alimentare. Una convivenza non sempre possibile, come è facile immaginare, soprattutto quando si parla di grossi carnivori o minacciosi pterodattili che, come i gabbiani a Venezia, sono pronti ad afferrare qualsiasi cosa sia a portata di artiglio. Comprese le persone. Nel frattempo, l’ormai collaudata coppia Claire/Owen deve proteggere a tutti i costi una ragazzina di quattordici anni, Maisie Lockwood, da chi vorrebbe utilizzare i suoi geni per chissà quali misteriosi piani diabolici. Mentre, da un lato, i giovani si fanno strada, dall’altro ritroviamo la vecchia coppia Ellie/Alan alle prese con un’invasione di locuste preistoriche che sta distruggendo i campi nello Utah. Entrambi i piani narrativi vertono verso un unico luogo: la Byosin, fondata da un uomo che ci ricorda un’esilarante parodia di Bill Gates.
Come i precedenti capitoli di questa nuova trilogia, sceneggiatori e regista hanno puntato il tutto e per tutto sul cuore degli appassionati, ma solo per quanto riguarda la spettacolarità e gli effetti speciali. Intendiamoci: chi è mai andato al cinema a vedere un film sui dinosauri, se non per i dinosauri? Sarebbe come andare a vedere un Fast & Furious per qualcosa che non siano le auto da corsa. Il pubblico a cui si rivolgono saghe come queste è quello che cerca la distrazione, l’adrenalina, le botte da orbi, le fughe rocambolesche, la meraviglia nel vedere i dinosauri in tutta la loro forza, la loro cattiveria e la loro letalità. E non importa se alcune specie create ad hoc non sono mai esistite: come per Fast & Furious, in cui a un certo punto vediamo una macchina volare nello spazio. E dire che Elon Musk lo ha fatto qualche anno addietro, ma senza nessuno a bordo. Anche Jurassic World deve dimostrarsi all’altezza, mostrando al pubblico dinosauri sempre più grossi e feroci, con nomi sempre più improbabili ma più facili da ricordare.
Il problema più grosso della saga, però, e specialmente di questo terzo film, è la trama: se i due capitoli ci proponevano più o meno lo stesso meccanismo del primo cult, qui la sceneggiatura tenta di fare qualcosa di diverso, uscendo dal binario del “cattivo umano che crea un dinosauro gigantesco”. Sarebbe potuta essere una buona idea, se non fosse per la sensazione che il tutto sia stato concepito come un’operazione di fanservice talmente vasta da sfociare in saghe che non hanno nulla a che vedere con il film, come quella di Indiana Jones. La necessità di rimettere davanti alla macchina da presa i due attori protagonisti del primo Jurassic Park è giustificabile: parliamo, dopotutto, di un film che serve a chiudere un’era. Purtroppo, però, la loro presenza non basta a rendere meno dimenticabile il film, anzi: i due attori, ormai invecchiati, sono palesemente stanchi e agli spettatori più attenti non sfuggirà certamente l’enorme e incolmabile, nonché inspiegabile, buco di trama, evitabilissimo, che si genera proprio durante una loro scena.
Il film, così, si dilunga inutilmente in due ore e venti pesanti da sopportare, in cui le scene d’azione si susseguono senza soluzione di continuità. Vi è però una nota positiva: la pellicola regala allo spettatore momenti di grande impatto visivo. I dinosauri nuovi sono una gioia per gli occhi e non poco sorprendenti. Uno in particolare, l’ennesimo ibrido, è un vero e proprio colpo di genio e ci regala uno scontro finale al cardiopalma, che fa dimenticare la presenza degli umani e spinge il pubblico a fare il tifo per i lucertoloni giganti. Anche perché, tra una fuga dagli Atrociraptor (?!) e un rocambolesco volo verso le Dolomiti, i personaggi non fanno altro che dimenarsi e urlare come altrettanto urlanti e fragorosi dinosauri. Alla fine, lo spettatore esce dalla sala completamente stordito e con delle risposte poco convincenti, se non addirittura contraddittorie. Non solo: quelle che dovrebbero essere delle scene scritte per generare pathos e spavento risultano inevitabilmente buffe e ridicole, al punto tale da strappare più di una risata.
Insomma, a conti fatti, questo capitolo chiude questa seconda trilogia in maniera ambivalente, ma certamente spettacolare per i fan dei dinosauri, che potranno godere di due ore piene di rettili che bucano lo schermo come mai era successo fino ad ora. Parliamo certamente di un film d’intrattenimento, adatto ai più giovani, alle famiglie, con un’impronta vagamente ambientalista che però non riesce ad imporsi come dovrebbe. Probabilmente i più piccoli, come lo fummo noi, resteranno ammaliati, sognando un mondo in cui umani e rettili possano realmente convivere in sintonia. Quello di cui siamo certi è che la febbre per i dinosauri non passerà mai e questo potrebbe, in un futuro non molto lontano, dare modo di produrre ancora moltissimo materiale tra cinema, tv, videogiochi e merchandising, permettendo ai grossi lucertoloni, ormai estinti, di non scomparire mai del tutto. E, ammesso che Chris Pratt smetta di addestrare inutilmente Velociraptor, potremmo anche essere felici per l’eventuale uscita di un settimo film.

© Riproduzione riservata.

Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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