21 Maggio 2022

Doctor Strange nel Multiverso della Follia. I Supereroi incontrano l’Horror

di Antonio Messina

Di Doctor Strange: nel Multiverso della Follia ci ricorderemo per diverso tempo e non ci sentiamo affatto di esagerare quando diciamo che le possibilità che possa vincere qualche premio sono davvero alte e per diversi motivi. Per gli effetti visivi e per una trama ben costruita, certamente, ma soprattutto per una regia che rinfresca completamente l’intero progetto del Marvel Cinematic Universe, messo in piedi da Kevin Feige nel 2008 e in procinto di ampliarsi per i prossimi dieci anni a venire. Ma procediamo con ordine, senza farci troppo sopraffare dalla foga.

Doctor Strange nel Multiverso della Follia, diretto da Sam Raimi (2022).


Il secondo capitolo dedicato allo stregone Marvel inizia, dopo i consueti trailer (uno di questi, una sorpresa visivamente incredibile) e il logo dei Marvel Studios che ci ricordano i momenti salienti dedicati al personaggio, nel pieno dell’azione senza darci nemmeno il tempo di tirare il respiro, facendocelo, anzi, trattenere fino alla fine della scena. Fin dai primi secondi veniamo introdotti al personaggio di America Chavez (Xochitl Gomez), una ragazzina capace di viaggiare nel Multiverso, che tenta di fuggire dalle grinfie di un enorme demone nel tentativo di raggiungere il Libro dei Vishanti. Insieme a lei, anche Stephen Strange (Benedict Cumberbatch) tenta di salvarsi la pelle, tranne poi scoprire che si trattava solo di un sogno. Ma America Chavez è reale e il nostro Strange dovrà fare i conti con il suo potere, tanto desiderato da Wanda che lo vuole tutto per sé. Non è una sorpresa che Wanda desideri per sé i poteri della ragazzina: come abbiamo detto nell’approfondimento su WandaVision, la serie tv ci aveva lasciato con un cliffhanger di tutto rispetto che faceva presagire eventi nefasti all’interno di un futuro progetto che non si sarebbe certo fatto attendere a lungo. Ma, ovviamente, quando parliamo di magia e Multiverso, soprattutto qui, le cose non sono mai così semplici da gestire.Il film vede dietro la macchina da presa un regista di tutto rispetto di cui non possiamo non parlare: Sam Raimi. I più giovani, forse, lo conoscono principalmente per la trilogia di Spider-Man con Tobey Maguire (riapparso nelle stesse vesti, in Spider-Man: No Way Home), ma ovviamente non ci sono solo questi tre film. Raimi è il regista di un importantissimo film horror, La Casa (The Evil Dead, 1981), e di tutti i sequel che sono stati in seguito prodotti sulla scia di un successo incontestabile. Senza nulla togliere a tutti gli altri registi di genere, Raimi è un maestro dell’horror: le sue pellicole sono visionarie e grottesche, mettono un senso di inquietudine che “si taglia con il coltello” e fanno saltare lo spettatore dalla sedia, mettendo in mostra scenari e situazioni completamente fuori di testa. Cosa ci fa un regista horror al timone di un film su Doctor Strange? A pensarci con attenzione, in realtà la scelta calza a pennello: lo stregone ha sempre avuto a che fare con demoni, mostri e incarnazioni delle fobie degli esseri umani. Quindi, quale regista migliore per un film sul Multiverso, se non un regista di film horror?
In questo film, il tocco di Sam Raimi è evidentissimo e si sposa in maniera sorprendente con il modello Marvel: se è vero che la pellicola deve comunque seguire una storia legata a filo rosso con altri progetti, imponendo al regista, quindi, una direzione da prendere, ciò non impedisce a Raimi di affondare le mani nella torbida e pericolosa figura di Wanda, dandole modo di portare le proprie azioni a livelli mai visti e regalandoci momenti che potremmo definire davvero estremi e carichi di un male inaspettato. Lo stesso aspetto della villain, la cattiveria che traspare dalle espressioni della donna, ad un certo punto, è quanto di più tremendo si sia mai visto fino ad ora in un film Marvel. Un momento in particolare, che tiene lo spettatore con il fiato letteralmente sospeso, conscio che stia per succedere qualcosa di tremendo, ci ha fatto dire: «questo, questo è Sam Raimi!». I riferimenti ai suoi film sono sparsi ovunque, in particolare quelli a La Casa: le modalità di ripresa, i momenti apparentemente vuoti, la gestione degli spazi e l’identità degli ambienti, le situazioni che fanno presagire il peggio… Tutto rimanda al film del 1981 e Raimi sembra aver voluto riscrivere certe scene per inserirle in Doctor Strange 2 in modo tale che potessero funzionare all’interno del meccanismo Marvel. Ciò è indice di una cosa molto importante: finalmente la Marvel si sta aprendo – anche se lo aveva fatto già con Taika Waititi, alla regia di Thor: Ragnarok – a registi sempre più indipendenti, che sono capaci di creare un prodotto d’eccellenza. Basta solo lasciargli il giusto spazio di azione all’interno di un vastissimo progetto che, sì, continua ad ampliarsi sempre più, ma può anche accogliere nuovi metodi senza rimanere impantanato nello stesso meccanismo.
Se Doctor Strange: nel Multiverso della Follia da un lato, però, si rivela essere l’apertura ad un tipo di cinema differente che speriamo di vedere sempre più spesso sul grande schermo, dall’altro lato mostra di avere quello che potrebbe essere considerato sia un pregio che un difetto. Questo è il primo film, infatti, in cui in sala si è potuta respirare per la prima volta la sensazione che lo spettatore non stesse capendo quello che stava accadendo: per la prima volta, la percezione di trovarsi tagliati fuori dalla trama, se non si è visto tutto ciò che viene prima o comunque i film e le serie tv adatte per capire nel dettaglio le motivazioni del villain, è stata talmente palpabile da divenire quasi un disturbo per chi, invece, fino ad ora è riuscito a stare al passo. Per comprendere appieno la figura di Wanda e le vicende di Doctor Strange 2, infatti, è necessaria la visione di cinque film e tre serie tv. Senza, lo spettatore dell’ultima ora o quello che non ha seguito tutto per filo e per segno si ritrova tagliato dalla dinamica della trama per un buon 50% del film.
Che sia questo, con quello che potremmo considerare un vero e proprio film d’autore, il vero punto in cui la Marvel comincia a dare vita a progetti sempre più di nicchia, rischiando di ridurre il proprio pubblico, in favore di quello che si propone sempre più come un modello serializzato e non solo una sequela di film sui supereroi? Non lo possiamo ancora sapere, ma ciò di cui siamo sicuri è che Doctor Strange: nel Multiverso della Follia rappresenta un momento fondamentale per i progetti che verranno, introducendo non solo una supereroina dal potenziale sconfinato, ma anche – seppur brevemente – dei camei che faranno sognare i fan più accaniti e ci indicano quella che potrebbe essere la strada intrapresa da Kevin Feige.
Doctor Strange: nel Multiverso della Follia è il primo film horror prodotto dai Marvel Studios e quello che chiude una trama che aveva bisogno di arrivare, finalmente, a una conclusione. Una gioia per gli occhi dello spettatore che, finalmente, ha modo di vedere davvero cosa c’è dall’altro lato dei sogni e degli incubi che ci tormentano quotidianamente.

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Il nostro giudizio

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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