26 Febbraio 2022

Amore e altri rimedi

di Antonio Messina

In questo periodo dell’anno decidere di quale film d’amore parlare non è semplice. Più per la loro molteplicità che per la loro qualità e realizzazione. Oltretutto, a causa del Covid il nostro approccio con le altre persone è molto mutato: instaurare un rapporto con una persona sconosciuta, a causa anche della mancanza di un contatto diretto, è diventato più complicato e accettare il rischio è diventato un processo intricato che corre di pari passo con una fiducia che già da prima arrancava a trovare un equilibrio. A questo punto, la scelta di parlare di Amore e altri Rimedi è stata quasi automatica.

È il 1996 e, dopo essere stato licenziato, Jamie (Jake Gyllenhaal) si ritrova a seguire un corso per l’azienda farmaceutica Pfizer (sì, proprio quella!), grazie al quale diventerà un importante venditore di medicinali. Il suo compito, principalmente, sarà quello di tentare di soppiantare l’azienda farmaceutica rivale e proporre lo Zoloft al posto del Prozac. Durante una delle lunghe trattative con il dottor Knight (Hank Azaria), il ragazzo fa la conoscenza di una giovanissima ragazza, Maggie (Anne Hathaway), affetta dal morbo di Parkinson. Tra i due comincia una relazione fatta solo di sesso occasionale e nel frattempo Jamie continua a salire di livello. Il picco del suo percorso arriva nel momento in cui la Pfizer riesce a sintetizzare il Viagra, permettendo, così, a Jamie di diventare il venditore per eccellenza della pillola blu che, nel frattempo, diventa una scoperta di livello mondiale. Ma Jamie non può ignorare i sentimenti per Maggie e si ritrova a fare i conti, contemporaneamente, con il fatto che la condizione della ragazza andrà sempre più a peggiorare.

Amore e altri rimedi (Love and other Drugs, laddove drugs sta per “medicine”) è tratto dal romanzo Hard Sell: The Evolution of a Viagra sellsman, scritto da Jamie Reidy, oltre ad essere una storia vera, è anche il precursore di molti altri moderni – senza citare tutti quelli precedenti, di gran lunga più importanti e impressionanti – film d’amore che trattano di rapporti complicati che devono fare i conti con una malattia incurabile. Qui non si scade nell’adolescenziale, come è spesso accaduto in lungometraggi più recenti. La malattia qui viene trattata per quello che è: una bestia che consuma il corpo e il cervello con il passare degli anni e che fa soffrire non solo chi ne è affetto, ma anche chi ha deciso di stargli accanto.

Le consapevolezze dei due ragazzi, ad un certo punto, saranno differenti e totalmente in antitesi tra loro: se Maggie avrà la conferma di poter comunque vivere con una malattia come quella, nonostante la sua cronicità, Jamie sarà invece quello che non accetterà questa condizione. Nel suo volerla aiutare a trovare una cura che non esiste, erroneamente, dimostrerà di non essere in grado di gestire un rapporto con “una malata”. E Maggie stessa tenterà spesso di mettersi nei panni dell’altra persona: chi vorrebbe mai stare con una persona che, nel tempo, diventerà incapace di fare qualsiasi cosa? E sono proprio i discorsi che fa Maggie a Jamie a renderla ancora più convinta di quello che pensa: per quanto ci si provi, per quanto si tenti di instaurare una relazione duratura, questa sarà sempre e comunque minata dalla malattia che porta tutti ad allontanarsi e porta chi ne è affetto ad allontanare gli altri.

Il personaggio di Maggie è stato scritto, a nostro avviso, con cognizione di causa. Ella non si rivolge semplicemente a Jamie quando gli sputa addosso la sua rabbia e le sue paure, ma anche al pubblico e parla con la voce di chi, nella vita reale, prova lo stesso terrore e ha la stessa consapevolezza di poter essere, più che un compagno di vita, un peso morto da trascinarsi lungo il percorso. Un peso che sarebbe meglio abbandonare. Ma sono le azioni di Jamie, interpretato da un attore che nel tempo ha dimostrato di potersi calare in parti totalmente differenti tra loro con una versatilità che è rara vedere oggi al cinema, a farci capire una cosa fondamentale: l’amore, per quanto i sentimenti giochino senza dubbio un ruolo fondamentale, da solo non basta. Bisogna avere anche una buona dose di coraggio per accettare l’altra persona così com’è. Non mettere in secondo piano la malattia, fare come se non esistesse, ma farla diventare una parte del tutto, accettandola come un dono capace di risvegliare dentro di noi una coscienza e di farci scoprire parti di noi che non sapevamo nemmeno che ci fossero.

In ultima analisi, il film sfata palesemente il mito della realizzazione individuale: Jamie è un grandissimo donnaiolo che acquisisce sempre più fascino grazie al suo avanzamento di carriera, ma non ha alcuna consapevolezza delle proprie qualità. Una vita votata alla carriera lo ha reso insensibile e indifferente nei confronti della propria persona, del proprio io interiore. Al punto tale da riscoprirsi perfino umano nel momento in cui il rapporto con Maggie diventa reale, un uomo capace non solo di avere rapporti occasionali con chiunque con il semplice schiocco delle dita, ma anche un uomo capace di provare dei sentimenti e amare. Senza Maggie, Jamie sarebbe semplicemente un uomo costantemente insoddisfatto interiormente, nonostante la ricchezza e la fama. Maggie, senza Jamie, sarebbe semplicemente una ragazza affetta dal Parkinson che pensa di non meritare una vita normale, che invece può avere grazie alla presenza di qualcuno che la ama per quel che è.

Il film ce lo dice chiaramente: per quanto potremo sentirci realizzati, ci sarà sempre qualcosa che non sapremo mai di noi stessi, finché non arriva qualcuno a farcela vedere con i suoi occhi. Per quanto riusciremo ad amarci e accettarci, ci sarà sempre qualche parte di noi che non ci piacerà finché non arriverà qualcuno a farci vedere quanto essa, in realtà, sia un pregio e non un difetto.

© Riproduzione riservata.

Antonio Messina

È nato a Catania il 2 gennaio del 1993. Ha frequentato il Liceo Scientifico “Leonardo” di Giarre. Dopo il diploma segue due anni di Lingue e Culture Europee e Orientali a Catania, ma lascia per dedicarsi completamente alla stesura del suo primo romanzo, Le Ere dell’Eden – Genesi, una rilettura in chiave sci-fi delle origini di Dio, pubblicato, poi, nel 2015 per la casa editrice Carthago.

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